Fare deserto per ascoltare la vita come Parola di Dio

 

 

I luoghi del potere sono luoghi di una parola gridata, che però spesso non dura, perché viene superata da un’altra parola contraria che grida più forte.

In contrasto con questa parola gridata c’è la parola di Dio che viene su Giovanni nel deserto, nel silenzio del deserto. Il deserto è il luogo dove si cammina, per arrivare all’acqua; è il luogo dove bisogna trovare la strada giusta e l’unico modo per orientarsi è guardare le stelle in cielo e trovare la direzione.

Il deserto è il luogo in cui per camminare bisogna utilizzare il discernimento, e nel silenzio dalle tante parole, la Parola risuona nel cuore. Per vivere l’esperienza del deserto è necessario un po’ di digiuno, soprattutto dalle parole inutili.

Digiuno dai luoghi di comunicazione: telegiornali, applicazioni che danno notizie in tempo reale, per essere sempre aggiornati e discutere sull’ultima notizia con gli altri.

Digiuno dai luoghi di comunicazione in cui dobbiamo dire la nostra: o perché riteniamo necessario gridare la nostra opinione o il nostro scandalo, o perché ci sentiamo costretti ad esprimerci perché qualcuno non se la prenda. Sono comunque tutte parole che passano.

Digiuno dalla nostra curiosità per le immagini, degli altri o di noi stessi, che nascono dalla nostra fame di emozioni, che sembrano nutrirci, ma in realtà ci tolgono quello che promettono.

Questo digiuno ci toglie quello che non ci serve per aiutarci a capire che ciò che ci sazia viene non dalle immagini o dalle parole gridate, ma dall’ascolto: dall’ascolto del Vangelo, dall’ ascolto della vita.

A contatto con il volto dei poveri, dei bambini di chi non ha nulla e per questo ha tutto, ritroviamo la Parola che risuona nel cuore, e fa sorgere in noi i desideri più veri. Quelli che nessuno e nulla ci potrà mai togliere, perché vengono da Dio e appartengono a Lui: sono una Parola di Dio per noi.

Desideri di comunione, desideri di verità, desideri di autenticità, desideri di vita.

Per questo motivo abbiamo scelto con i ragazzi di San Lorenzo di vivere un’esperienza, a contatto con il Vangelo e con i bambini in Africa, anche per questo Natala, a Nairobi in Kenia, in un luogo dove ci sono molte meno certezze e garanzie materiali, ma dove la vita pulsa di continuo e scorre, in un affidamento totale a Dio e alla Sua Provvidenza.

 

 

 

Lettura popolare II Avvento Anno C

 

 

 

 Lettura popolare II Avvento Lc 3, 1-6

Lc 3,1-6

La Parola accade

Il messaggio nel contesto

 

IMPORTANTE: questa breve contestualizzazione e spiegazione del brano evangelico serve da preparazione remota per l’accompagnatore, prima dell’incontro. Si tratta di mettersi in preghiera personalmente, leggere il brano evangelico e poi approfondirlo con attenzione. Le considerazioni svolte sotto non sono da “ripetere” ai partecipanti, ma da tenere presente durante l’incontro.

 

 

Nell’incipit del testo lucano sono elencati i romani Tiberio e Ponzio Pilato , imperatore e governatore, i figli di Erode il Grande, ossia Erode Antipa e Filippo (Iturea e Traconitide sono a est del Giordano, odierna Giordania), il tetrarca dell’Abilene Lisania (attuale Libano a nord della Galilea) e infine c’è il potere sommosacerdotale ebraico di Anna e Caifa. Perché questo elenco di nazioni? Non è certo per precisare l’esatta collocazione spazio-temporale, infatti questo lungo elenco semmai può solo complicare notevolmente i calcoli. L’unica notizia precisa è il XV anno di impero di Tiberio, che si colloca tra l’autunno del 27 e il settembre del 28 (secondo il calendario siriano in uso in Palestina).  Il significato in realtà è teologico, infatti Luca vuole sottolineare il fatto che Dio interviene in un tempo preciso e in un luogo specifico della storia e non in modo generico. Come i profeti hanno parlato la parola di Dio in un tempo preciso della storia, così anche la parola di Dio accade qui nella storia. Dio ci parla nella nostra storia e nella nostra vita, nelle concrete situazioni in cui viviamo. Infine questo lungo elenco di tutte le autorità del mondo allora conosciuto ci vuole suggerire che ciò che si sta per compiere in questo tempo e in questo luogo preciso ha un valore universale per tutta la storia umana, non solo per gli ebrei e nemmeno solo per i pagani, ma per il popolo di Israele e insieme per tutte le nazioni di tutti i luoghi e di tutti i tempi.

“Avvenne la parola di Dio su Giovanni”: è una espressione propriamente lucana, che egli deriva dalla traduzione greca dell’Antico Testamento. Nell’ebraico il termine dbr indica sia la parola che la cosa e l’evento. Quando Luca usa questa espressione: “accadde la parola di Dio”, intende una parola che è insieme anche un evento della storia della salvezza. In Lc 1,38 Maria dice, rispondendo all’angelo “accada in me secondo la tua parola”. Non si tratta qui solo della parola verbale dell’angelo, ma della stessa Parola di Dio che accade nel seno della Vergine. E quando i pastori, dopo l’annuncio dell’angelo prendono una decisione, dicono tra loro: “andiamo a vedere questa parola accaduta, che il signore ci ha fatto conoscere.” (Lc 2, 15). Il Vangelo è una parola accaduta, ossia è una parola ed insieme un evento di salvezza che accade nella storia.

Questa parola avviene nel deserto, lungo il Giordano. Il contrasto con ciò che precede non potrebbe essere più forte. La parola di Dio non si realizza nei centri di potere politico/religioso, a Roma o a Gerusalemme, ma nel deserto che è un luogo teologico. Indica il luogo/tempo del fidanzamento della sposa Israele (cf. Ger 2,2; Os 2,16), ossia l’esodo dall’Egitto, in cui questo popolo di nomadi scampati dal pericolo della morte vengono educati alla fede nel Dio di Israele, quel Dio che si era preso cura di loro, come un’aquila veglia sopra i suoi piccoli.

Giovanni il Battista proclama un battesimo di conversione in vista della remissione dei peccati, per preparare tutto il popolo ad avere fede nel messia che viene (cf. At 13,24; 19,4). Nella teologia di Luca, chi passa attraverso tale battesimo riconoscendo il suo peccato e il suo bisogno di conversione, rende giustizia a Dio per credere in colui che viene (cf. Lc 7,29-30). Non sono i farisei che si ritengono giusti ma la peccatrice (Lc 7,36-50), che sa di avere peccato, a riconoscere il messia ed entrare nel compimento della Parola di Dio. Ella da prostituta assume i caratteri della vera sposa che bacia i piedi di Gesù e li lava con le sue lacrime. Giovanni il Battista sta preparando una strada per la salvezza di ogni uomo e non solo del popolo di Israele.

 

 

 

 

 

 

Come realizzare concretamente l’incontro?

 

Collocazione spaziale: è bene curare particolarmente la collocazione spaziale dei partecipanti all’incontro. È opportuno scegliere configurazioni geometriche che favoriscano la percezione dei partecipanti di trovarsi coinvolti allo stesso livello e senza distinzioni gerarchiche con gli accompagnatori (meglio un cerchio di sedie che un tavolo “da relatore” con le file di sedie davanti)

 

durata: 1h (tutte le indicazioni temporali sono puramente indicative dei rapporti che dovrebbero stabilirsi tra le fasi dell’incontro, ma non sono da prendere alla lettera)

 

  1. Ricordiamo la vita.  Colgo la misericordia di Dio nella mia vita? (15 minuti)

 

Questa domanda ha l’obiettivo di coinvolgere i partecipanti al Cenacolo a partire dalla loro vita. Deve essere posta in modo molto informale e quasi naturale, come se l’incontro non fosse ancora iniziato realmente. L’accompagnatore sa invece che con questa domanda i partecipanti iniziano a condividere le loro esperienze dentro al contesto interpretativo del racconto evangelico. La domanda contribuisce a mettere il partecipante nella posizione dei servi della parabola.

 

  1. Leggere con attenzione il brano del Vangelo (almeno due volte) e soffermarsi su una parola che colpisce: Lc 3,1-6 (10 minuti)

 

La lettura può essere condivisa, un versetto a testa, perchè il tesoro della parola sia concretamente partecipato da tutti, allo stesso livello. Poi si danno cinque minuti per scegliere una parola che colpisce l’attenzione e la curiosità di ciascuna persona e per condividerla, uno dopo l’altro.

 

 

 

  1. Iniziare un dialogo un pò più approfondito a partire dalla lettura (30 min)

Partendo dalla condivisione della parola si può invitare qualcuno, che sembra un pò più estroverso e a suo agio nel gruppo, ad esplicitare il “perchè” ha scelto quella parola. A questo punto si aiutano anche gli altri, ponendo delle domande, a condividere le loro impressioni e valutazioni.

Alcune domande possono essere poste, senza pretendere di seguire un ordine logico preciso, ma seguendo le intuzioni condivise dai partecipanti.

Può essere utile partire da domande riguardanti luoghi, personaggi, verbi. Si tratta non solo di aiutarli a comprendere il testo, ma anche a condividere la loro vita, identificandosi nei personaggi.

Ecco uno schema possibile di domande:

 

  •  Qual è il contesto geografico e narrativo del racconto evangelico? L’ampia introduzione cronologica, con le indicazioni dei potenti dell’epoca serve a collocare precisamente nella storia l’intervento della Parola di Dio attraverso la predicazione di Giovanni. Sono consapevole che anche in questa storia del mondo in cui vivo adesso, nel contesto politico e sociale religioso, la Parola di Dio accade?
  • Quale azione si compie?

La parola della Scrittura, in questo caso il profeta Isaia, si compie nella storia, non tanto nelle stanze del potere quanto nel deserto. Essa è la Parola di Dio che accade attraverso l’annuncio del Battista. Qual è il deserto nel quale incontro il Signore, mi affido a Lui e prendo decisioni secondo la sua volontà? Mi fido di più delle stanze del potere e di persone influenti ai miei occhi?

  • Quale rivelazione è contenuta qui?

Il Battista annuncia un battesimo di conversione, per la remissione dei peccati. L’espressione “battesimo di conversione”, indica un cambiamento di mentalità, in attesa della venuta del tempo messianico, che comporta il riconoscimento della misericordia del Signore (1,78) e l’accoglienza di essa con gesti e segni di pentimento. Cosa intendo per misericordia di Dio? Quali segni e scelte di conversione, per entrare sempre più dentro la misericordia del Signore?

 

 

 

  1. Condivisione della vita nella preghiera (5/10 min). L’ultimo passo, dopo la condivisione della vita, è invitare ad una breve preghiera, magari formulata inizialmente dall’accompagnatore. Qualche minuto di silenzio può autare a far risuonare la vita e la Parola condivise e raccogliere alcuni elementi che possono essere stimoli per una preghiera. Il partecipante che non intende pregare sentirà comunque che la propria condivisione è stata ascoltata e che la sua vita è stata messa davanti a Dio nella preghiera di altre persone.

 

 

 

 

 

 

Omelia I Avvento Anno C

 

Vegliate e pregate in ogni momento

Hands closed in prayer on an open bible

 

Con una macchina che va in salita, carica di bagagli, dobbiamo mettere la prima e il motore va su di giri. Spesso anche noi ci sentiamo pesanti come questa macchina, perché tante cose ci affannano, siamo sovraccarichi e la strada è in salita; non c’è la prospettiva della discesa e questo raddoppia la fatica e la pesantezza. Inoltre la realtà intorno a noi ci comunica paura: tutto, a partire dalle notizie sulla politica, sul mondo, lascia presagire qualcosa di peggio.

Allora cerchiamo un’evasione: può essere una agognata vacanza, può essere invece qualche ora della giornata nella quale distrarsi e non pensare a niente, con il rischio però che proprio quelle cose con cui ci distraiamo possano diventare dipendenze: gioco, sigarette, alcool, in qualche caso, specialmente i giovani, anche le droghe, per non parlare dei nostri smartphone e computer. Per alcuni anche il lavoro diventa qualcosa a cui votare l’intera esistenza, per evadere le contraddizioni. Evasione disordinata e affanni del cuore sono due facce della stessa medaglia, che nascono da una radice comune, che risiede non al di fuori di noi, ma dentro a noi, nel più profondo del nostro cuore, che si affatica ed arranca dietro a tante cose e poi non potendo tenerle tutte insieme, tende ad evadere e ad addormentarsi.

Ma se vogliamo rimanere vivi, invece il cuore ha bisogno di rimanere sveglio. Ce lo dice Gesù: vegliate in ogni momento…non significa non dormire o stare continuamente in preghiera, ma un vivere la nostra vita costantemente orientati al fine ultimo che è Dio e sapendo collocare al giusto posto tutto il resto. Allora il cuore impara a riposare, non nelle evasioni artificiali ed esteriori, ma dentro sé stesso, nella presenza di Dio. Questo riposo, questa pace, può accadere in noi perfino in mezzo alle tempeste della vita: perché è un dono che riceviamo quando abbiamo il cuore aperto ad ospitarlo.

Vegliate in ogni momento, perché abbiate la forza di stare in piedi davanti al figlio dell’uomo. Se ci orientiamo a questa vigilanza evangelica, la nostra vita sarà uno stare in piedi, non un procedere ripiegati su noi stessi, a guardarci continuamente l’ombelico con complicate autoanalisi che non risolvono nulla. Stare in piedi significa infatti due cose. La prima è essere davanti a Dio con le braccia alzate, nella figura dell’orante, di colui che supplica, loda e ringrazia, cioè che vive la vita dentro alla corrente amorosa e alternata della supplica e della lode, che sa dunque affidare a Dio ogni cosa e lodarlo per i suoi doni. La seconda è avere la dignità di un uomo che non si piega a ciò che lo fa chiudere in sé stesso e morire, ma che vive della relazione, del servizio, continuamente esposto agli altri e alla vita.

Bello! Mi direte voi…ma non è un po’ ideale? Non è un rischio eccessivo in una vita sempre così esposta e quasi senza difese? La nostra sicurezza viene dal figlio dell’uomo, che verrà alla fine dei tempi con grande potenza e gloria sulle nubi del cielo: cosa vogliono dire queste immagini? Che egli ha già vinto la storia e dunque è come un germoglio in grado di trasformarla dal di dentro, fino alla manifestazione finale. Il nostro cuore può essere così libero e vigilante, perché nel Cuore di Cristo si trova il principio della trasformazione del mondo: l’amore.

“Fratelli, il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.”

 

 

 

Lettura popolare I Avvento Anno C

 

 

Lettura popolare I Avvento Lc 21, 25 – 31. 32 – 36

 

Lc 21,25-28.34-36

Il ritorno di Gesù

 

Il messaggio nel contesto

 

IMPORTANTE: questa breve contestualizzazione e spiegazione del brano evangelico serve da preparazione remota per l’accompagnatore, prima dell’incontro. Si tratta di mettersi in preghiera personalmente, leggere il brano evangelico e poi approfondirlo con attenzione. Le considerazioni svolte sotto non sono da “ripetere” ai partecipanti, ma da tenere presente durante l’incontro.

 

 

L’evangelista Luca ci presenta qui una grande visione teologica della storia, modellata sull’annuncio profetico di Isaia e sulla sapienza apocalittica del libro di Daniele. Dopo la distruzione del tempio di Israele, segno di un castigo divino orientato alla purificazione e alla salvezza del suo popolo, vi sarà il tempo delle nazioni, quello in cui ci troviamo anche noi. Al termine di questo tempo la devastazione, così come ha attraversato Gerusalemme, coglierà anche queste nazioni, come castigo e prova generale dell’umanità. Infatti se Dio ha usato le nazioni per punire il popolo eletto del suo orgoglio, così non potrà alla fine della storia non punire anche le nazioni a causa del loro orgoglio, per la salvezza definitiva dell’intera umanità (cf. Is 10,5-34; in particolare il v. 10 che riguarda la punizione del re di Assiria).  Solo a questo punto viene il figlio dell’uomo, che non solo Israele, ma tutti i popoli vedranno venire con grande potenza e gloria (cf. Dn 7,13-14).

È un quadro universale, che ci presenta la venuta di Gesù alla fine della storia come l’unica vera ancora di salvezza per il mondo, devastato da quelle logiche di violenza che lo portano all’autodistruzione. Si, perché la punizione di Dio per la salvezza del mondo non è altro che una manifestazione dell’effetto distruttivo del male che l’uomo stesso compie su di se. Dio educa l’uomo a comprendere che il male proveniente dall’orgoglio, dalla pretesa di totale autonomia e controllo sulla vita e sulla storia porta con se la propria autodistruzione. Da dove vengono le spirali di violenza tra Israele e Palestina e le guerre civili in paesi come la Siria se non dall’orgoglio del cuore umano? Da dove la crisi economica e le devastazioni ambientali se non dall’orgogliosa pretesa umana di un funzionamento sociale e tecnico perfetto, che taglia fuori il cuore dell’uomo e la sua immagine divina?

Ma, come dice Gesù nel vangelo di Luca, con una parola presa in prestito dal vocabolario di Paolo, alzate la testa, perché il vostro riscatto è vicino. Siamo come schiavi del peccato e del male, ma possiamo alzare la testa e stare ritti in piedi (v. 36), perché sappiamo che siamo già stati riscattati e redenti da Gesù Cristo, e la sua venuta è qui nella nostra storia. Dice infatti Gesù che non passerà questa generazione, finchè tutto sia avvenuto. Infatti ogni generazione, e quindi anche noi, si trova davanti alla decisione definitiva di abbandonare la nave alla deriva del mondo e delle sue tempeste o aprire il cuore a colui che salva e dona la vita. Alzare le mani al cielo, supplicare, pregare senza stancarsi, vuol dire vegliare ed essere attenti, tenere il cuore libero per Dio e per attendere la definitiva manifestazione del Suo Regno nella nostra vita.

Sant’Agostino dice: “Il mio cuore è inquieto, finchè non riposa in te”. Solo lui è il nostro vero Bene, tutto il resto acquista senso e vita nella misura in cui ci conduce a Lui, vera vita. Lui è la roccia su cui costruiamo una casa che non crolla, nonostante la violenza dei venti e delle tempeste.

 

 

 

 

 

 

 

 

Come realizzare concretamente l’incontro?

 

Collocazione spaziale: è bene curare particolarmente la collocazione spaziale dei partecipanti all’incontro. È opportuno scegliere configurazioni geometriche che favoriscano la percezione dei partecipanti di trovarsi coinvolti allo stesso livello e senza distinzioni gerarchiche con gli accompagnatori (meglio un cerchio di sedie che un tavolo “da relatore” con le file di sedie davanti)

 

durata: 1h (tutte le indicazioni temporali sono puramente indicative dei rapporti che dovrebbero stabilirsi tra le fasi dell’incontro, ma non sono da prendere alla lettera)

 

  1. Ricordiamo la vita.  Come guardo al futuro? (15 minuti)

 

Questa domanda ha l’obiettivo di coinvolgere i partecipanti al Cenacolo a partire dalla loro vita. Deve essere posta in modo molto informale e quasi naturale, come se l’incontro non fosse ancora iniziato realmente. L’accompagnatore sa invece che con questa domanda i partecipanti iniziano a condividere le loro esperienze dentro al contesto interpretativo del racconto evangelico. La domanda contribuisce a mettere il partecipante nella posizione dei servi della parabola.

 

  1. Leggere con attenzione il brano del Vangelo (almeno due volte) e soffermarsi su una parola che colpisce:  Lc 21,25-28.34-36 (10 minuti)

 

La lettura può essere condivisa, un versetto a testa, perchè il tesoro della parola sia concretamente partecipato da tutti, allo stesso livello. Poi si danno cinque minuti per scegliere una parola che colpisce l’attenzione e la curiosità di ciascuna persona e per condividerla, uno dopo l’altro.

 

 

 

  1. Iniziare un dialogo un pò più approfondito a partire dalla lettura (30 min)

Partendo dalla condivisione della parola si può invitare qualcuno, che sembra un pò più estroverso e a suo agio nel gruppo, ad esplicitare il “perchè” ha scelto quella parola. A questo punto si aiutano anche gli altri, ponendo delle domande, a condividere le loro impressioni e valutazioni.

Alcune domande possono essere poste, senza pretendere di seguire un ordine logico preciso, ma seguendo le intuzioni condivise dai partecipanti.

Può essere utile partire da domande riguardanti luoghi, personaggi, verbi. Si tratta non solo di aiutarli a comprendere il testo, ma anche a condividere la loro vita, identificandosi nei personaggi.

Ecco uno schema possibile di domande:

 

  •  Qual è il contesto geografico e narrativo dove avviene il discorso di Gesù? Siamo ancora sul luogo del tempio, di cui Gesù annuncia la distruzione (21,5-6). Questa distruzione è inserita in questo contesto escatologico di distruzione del mondo e di fine della storia e va letta in controluce con l’evento imminente della passione, morte e resurrezione di Gesù a Gerusalemme.
  •  Che significato hanno i segni cosmici?

Si tratta di uno sconvolgimento che è frutto del peccato dell’uomo, che ha effetti storici e cosmici di distruzione del progetto creatore di Dio. Tuttavia, per i discepoli di Gesù, questi segni di distruzione non devono sconvolgere al punto di far morire dalla paura. Tali segni, infatti, anticipano la venuta del figlio dell’uomo. Quale atteggiamento di fondo di fronte al male e al peccato nel mondo? Rabbia, disperazione, pessimismo…oppure speranza?

  • Quale rivelazione è contenuta qui?

La rivelazione del figlio dell’uomo, che ha già vinto sul male e sulla morte con la potenza della croce. Il suo ritorno alla fine dei tempi trasforma il giudizio finale in una manifestazione di gloria dell’amore di Dio.  Questo comporta stare saldi e non appesantire il cuore con gli affanni, le ansie, e la ricerca di distrazioni che in realtà dissipano le energie.

  • Mi lascio dominare dall’ansia, paura, insicurezza?
  • Dissipo le mie energie in ciò che alla fine non mi aiuta e mi svuota?
  • Vivo l’ascolto quotidiano della Parola come una forza che mi sostiene nel cammino e mi rende lucido di fronte alle sfide della vita?

 

  1. Condivisione della vita nella preghiera (5/10 min). L’ultimo passo, dopo la condivisione della vita, è invitare ad una breve preghiera, magari formulata inizialmente dall’accompagnatore. Qualche minuto di silenzio può autare a far risuonare la vita e la Parola condivise e raccogliere alcuni elementi che possono essere stimoli per una preghiera. Il partecipante che non intende pregare sentirà comunque che la propria condivisione è stata ascoltata e che la sua vita è stata messa davanti a Dio nella preghiera di altre persone.

 

 

 

 

 

Risplenderemo come le stelle (Omelia XXXIII TO Anno B)

 

 

Corriamo, corriamo, corriamo tutto il giorno per mettere a posto le cose, per lavorare, andare a prendere i figli o i nipoti, portarli agli impegni pomeridiani. Oppure ci sono i genitori anziani, che hanno bisogno di visita e di sostegno e ci si divide tra una cosa e l’altra, tra un impegno e l’altro, correndo sempre per riordinare le cose e le persone di casa.

L’ansia con cui tendiamo a vivere così le nostre giornate, sempre proiettati in avanti, nasce anche da uno sguardo volto all’esterno. Siamo sempre proiettati a sistemare le cose fuori di noi, esteriormente, e a volte ci perdiamo un po’ nei dettagli e nelle piccolezze che ci sembrano forse più importanti di quel che realmente sono. Ce ne rendiamo conto quando viene a mancarci qualcosa o qualcuno di realmente importante, per cui diventa necessario resettare tutto e trovare un nuovo equilibrio, non basato su qualcosa di esterno, ma su qualcuno di interno al nostro cuore, più di quanto lo siamo noi stessi. Basato sulla Sua Parola

Infatti dice Gesù nel Vangelo che la nostra vita è caratterizzata dalla precarietà di una serie di cose in cui ogni giorno confidiamo, e che caratterizzano le nostre sicurezze materiali ed economiche, ma che in realtà sono di passaggio, perché tutto passa, perfino il sole, la luna e le stelle, la terra e il cielo. C’è un’unica cosa che non passa e che rimane stabile in eterno, ed è la Sua Parola!

Ciò significa che l’equilibrio e la serenità con cui affrontare e riordinare le cose della vita non dipendono dalle sicurezze che ci siamo creati né da una qualche abilità organizzativa acquisita, ma anzitutto dalla nostra interiorità, in ascolto della Sua Parola.

Dove la si trova questa Parola? Essa risuona nel cuore e richiede un po’ di silenzio quotidiano e di ascolto del nostro cuore davanti a Lui, in un contesto riservato, personale, intimo. C’è chi lo crea in casa, c’è chi lo vive in Chiesa. L’importante è avere questi tempi e momenti intimi, per dialogare con Dio nel nostro cuore. Ricordiamoci sempre: chi non si occupa delle cose del cuore, difficilmente potrà giungere al cuore delle cose. Chi non ha tempo per ascoltare sé stesso, difficilmente potrà trovarlo per ascoltare gli altri. Solo l’ascolto di quella Parola che risuona nel cuore, che può farci giungere alla dolcezza di cui parla il Salmo:

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

Come concretamente farla risuonare in noi? Ci sono due ambiti irrinunciabili di ascolto:

  1. La Parola del Vangelo, specialmente quello domenicale, da preparare in un momento di preghiera settimanale.
  2. La Parola che viene dall’ascolto della vita, non solo della nostra ma anche di quella dei poveri che ci circondano, che magari ci danno fastidio: povertà materiale, accattonaggio e immigrazione, povertà degli adolescenti, povertà culturale e spirituale. Si tratta di aiutare le persone a crescere, con uno sguardo di simpatia e di stimolo a migliorare e soprattutto si tratta di mettere queste persone davanti a Dio nel nostro cuore, chiedendo a Lui di farci capire come aiutarle.

Allora saremo anche noi tra coloro che avranno indotto molti alla giustizia e risplenderemo come le stelle per sempre.

Lettura popolare XXXIII TO Anno B

 

 

Lettura popolare XXXIII TO Anno B Mc 13, 24-32 

Mc 13,24-32

Realismo cristiano e fine della storia

 

Il messaggio nel contesto

 

IMPORTANTE: questa breve contestualizzazione e spiegazione del brano evangelico serve da preparazione remota per l’accompagnatore, prima dell’incontro. Si tratta di mettersi in preghiera personalmente, leggere il brano evangelico e poi approfondirlo con attenzione. Le considerazioni svolte sotto non sono da “ripetere” ai partecipanti, ma da tenere presente durante l’incontro.

 

 

Il passo del vangelo di Marco proposto dalla liturgia domenicale si colloca nel contesto dell’ampio discorso escatologico di Gesù, ossia il discorso sulle cose ultime, che indicano la fine della storia. Gesù si trova sul monte degli Ulivi con i suoi discepoli (13,3), contemplando il tempio di Gerusalemme, profetizzandone la fine e fornendo anche ai suoi discepoli dei criteri di discernimento per comprendere la portata di tale profezia e i segni che l’accompagnano. Gesù cita nell’ordine falsi profeti e falsi cristi (vv. 5.21-23) che cercheranno di confondere gli eletti, e poi guerre, terremoti e carestie (v. 8). Questi segni sono descritti come dolori del parto, come doglie della storia. Ma per i discepoli il segno più importante della fine della storia è l’annuncio del vangelo e le persecuzioni (9-13).

La distruzione del tempio di Gerusalemme viene profetizzata da Gesù come simbolo della fine della storia e del cosmo, secondo modelli teologici propri della predicazione profetica, che vedono nel giorno del Signore un evento cosmico di giudizio e di salvezza (cf. Am 8,9-12; Is 13,9-11). Gli uomini non potranno più confidare sul potere politico come motore della storia (v. 8) o su una religione deviata dal potere (vv. 5-6). E nemmeno potranno affidarsi al cosmo come punto di riferimento stabile (vv. 24-25; cf. Is 34,4). Tutti questi elementi, privati del loro riferimento a Dio, sono idoli vuoti, che non possono proteggere coloro che in essi confidano e la loro consunzione già avviata testimonia che l’unica roccia su cui gli uomini possano basarsi è Dio e il suo regno, che il figlio dell’uomo veniente sulle nubi, ossia Gesù stesso, con potenza e gloria instaurerà alla fine dei tempi (vv. 26; cf. Dn 7,13).

Se l’orgoglio dell’uomo pensa alla storia come un progresso e un miglioramento continuo ed è tentato di vedere in questo il Regno di Dio, Gesù afferma invece che il Regno non è il prodotto di uno sforzo umano, ma è un dono che viene dall’alto, anticipato qui sulla terra dalla presenza degli eletti, ossia i discepoli di Gesù che annunciano il Vangelo e soffrono per esso e che saranno radunati da quattro venti (v. 27, cf. Zc 2,10). Infatti ciò che rimane alla fine della storia non sono i cieli e la terra, ma la parola di Gesù (v. 31; cf. Is 55,9-11).

Gesù aggiunge al v. 30 che tutte queste cose accadranno già in questa generazione. Certamente egli si riferisce alla generazione apostolica, che è stata testimone della distruzione del Tempio di Gerusalemme nell’anno 70 d.C. e che ha vissuto la persecuzione sia da parte ebraica che romana. Ma attraverso il vangelo di Marco questa parola è rivolta a noi lettori di ogni epoca storica, che possiamo ben identificarci con la generazione degli apostoli e vedere anche nella nostra storia i segni della fine dei tempi e della venuta del Regno di Dio. Lungi dall’essere spaventati da una simile visione, siamo consolati e invitati alla perseveranza, perché sappiamo che la sorte del Regno di Dio non è in mano agli uomini o alle potenze del cosmo, ma al figlio dell’uomo che dai cieli ci attira e raduna nel seno del Padre suo.

Questa visione evangelica è il segreto del realismo cristiano che, nonostante l’impegno profuso per la politica e le realtà temporali, affida totalmente alla grazia di Dio la salvezza dell’umanità.

 

 

Come realizzare concretamente l’incontro?

 

Collocazione spaziale: è bene curare particolarmente la collocazione spaziale dei partecipanti all’incontro. È opportuno scegliere configurazioni geometriche che favoriscano la percezione dei partecipanti di trovarsi coinvolti allo stesso livello e senza distinzioni gerarchiche con gli accompagnatori (meglio un cerchio di sedie che un tavolo “da relatore” con le file di sedie davanti)

 

durata: 1h (tutte le indicazioni temporali sono puramente indicative dei rapporti che dovrebbero stabilirsi tra le fasi dell’incontro, ma non sono da prendere alla lettera)

 

  1. Ricordiamo la vita. (15 minuti)

Le mie speranze più radicali e definitive

 

Questo invito ha l’obiettivo di coinvolgere i partecipanti al Cenacolo a partire dalla loro vita. Deve essere posta in modo molto informale e quasi naturale, come se l’incontro non fosse ancora iniziato realmente. L’accompagnatore sa invece che con questa domanda i partecipanti iniziano a condividere le loro esperienze dentro al contesto interpretativo del racconto evangelico. Un Gesù che “risolve” le situazioni fa parte di una fede ancora ingenua, come quella di Pietro, che rifiuta la logica della croce.

 Questo collegamento non deve essere esplicitato dall’accompagnatore, perchè saranno gli stessi partecipanti a scoprirlo nell’approfondire la lettura.

 

 

  1. Leggere con attenzione il brano del Vangelo (almeno due volte) e soffermarsi su una parola che colpisce: Mc 13,24-32

 

La lettura può essere condivisa, un versetto a testa, perchè il tesoro della parola sia concretamente partecipato da tutti, allo stesso livello. Poi si danno cinque minuti per scegliere una parola che colpisce l’attenzione e la curiosità di ciascuna persona e per condividerla, uno dopo l’altro.

 

 

 

  1. Iniziare un dialogo un pò più approfondito a partire dalla lettura (30 min)

Partendo dalla condivisione della parola si può invitare qualcuno, che sembra un pò più estroverso e a suo agio nel gruppo, ad esplicitare il “perchè” ha scelto quella parola. A questo punto si aiutano anche gli altri, ponendo delle domande, a condividere le loro impressioni e valutazioni.

Alcune domande che possono essere poste, senza pretendere di seguire un ordine logico preciso, ma seguendo le intuzioni condivise dai partecipanti.

Può essere utile partire da domande riguardanti luoghi, tempi, personaggi, verbi di azione. Si tratta non solo di aiutarli a comprendere il testo, ma anche a condividere la loro vita, idenificandosi nei personaggi e nelle loro reazioni davanti a Gesù.

Ecco uno schema possibile di domande:

 

  • Quando e dove si svolge il discorso di Gesù

Siamo in Gerusalemme, davanti al tempio. Il tempio è il cuore spirituale di Israele, nel suo rapporto con Dio. Ma non sarà eterno. C’è qualcosa debba essere eterno e indistruttibile, come realtà religiosa? La mia parrocchia, il mio movimento, la Chiesa cattolica, una certa ideologia? Il mio lavoro, la mia famiglia, certe persone a cui sono più affezionato?

 

Chi sono i personaggi, cosa fanno e cosa dicono?

C’è il figlio dell’uomo, le folle degli uomini, gli angeli e gli eletti.

-Il teatro del mondo crolla e non c’è più nulla che possa essere definito stabile, né il sole, né la luna né le stelle. Finisce la creazione, ma in realtà inizia qualcosa di radicalmente nuovo. Morte e resurrezione caratterizzano il passaggio ad una nuova creazione. Penso a tutto ciò in cui ho creduto finora –uomini, idee, natura- con una fiducia spesso ingenua, come le folle degli uomini. Il figlio dell’uomo, il Signore Gesù, mi invita a confidare solo in lui, che nella sua morte e resurrezione ha fatto entrare tutto il mondo e la storia dentro al mistero d’amore tra il Figlio e il Padre e dall’alto della sua croce giudica e salva gli uomini e la storia.

– Gli eletti sono coloro che, chiamati per la loro fede, mantengono fede alla parola di Gesù, che non passa. Essi sono consapevoli che la realtà non si riduce a ciò che è visibile, ma è il frutto di una comprensione più profonda e di un giudizio di valore, che si può esercitare grazie all’esperienza della Parola di Dio. Come giudico il mondo e la storia?

 

Condivisione della vita nella preghiera (5/10 min). L’ultimo passo, dopo la condivisione della vita, è invitare ad una breve preghiera, magari formulata inizialmente dall’accompagnatore. Qualche minuto di silenzio può autare a far risuonare la vita e la Parola condivise e raccogliere alcuni elementi che possono essere stimoli per una preghiera. Il partecipante che non intende pregare sentirà comunque che la propria condivisione è stata ascoltata e che la sua vita è stata messa davanti a Dio nella preghiera di altre persone.

 

 

 

 

La spiritualità della vedova (Omelia XXXII TO Anno B)

 

Spirito d’amore, aiutaci a non avere paura del Padre: lui non ci chiederà mai qualcosa di male, né vuole metterci alla prova, ma vuole solo la nostra felicità. Fà che ci abbandoniamo a Lui, dandogli tutto, senza riserve. Sperimenteremo un amore senza riserve, quello di colui che dà la sua vita per noi!

 

Come un miraggio inganna il viandante e lo porta ancor più fuori strada, in mezzo al deserto, così questi uomini ricchi che andavano al tempio erano deviati nel loro cammino di fede dall’illusione di essere salvati per il solo fatto che gli affari andavano bene e quindi potevano fare offerte cospicue nel tesoro del tempio.

Gesù smaschera questa illusione: non è l’entità dell’offerta a permettere la salvezza. Non è forse un Dio venale, interessato, corrotto e corruttore quello che hanno in mente questi uomini ricchi? Un Dio che concede loro fortuna nel business per poi farsi ripagare con una mancetta? No, Dio non è così e Gesù svela l’inganno, che accade con l’illusione: ossia quando proprio ciò su cui cerchiamo la salvezza diventa ciò che ci allontana maggiormente dalla vera salvezza. Quante illusioni ci allontanano dalla vera salvezza.

L’illusione dei soldi: noi italiani siamo tra le popolazioni al mondo che spendono più nel gioco d’azzardo, al punto che lo stesso nostro stato sostiene i suoi bilanci sulle macchinette, generando un vizio che colpisce proprio i più poveri. Da dove nasce? Dall’illusione del denaro, che promette potere e felicità e poi non mantiene le sue promesse. Anche laddove c’è, il denaro, non garantisce felicità, ma genera spesso preoccupazioni, egoismi, amicizie interessate.

L’altra illusione è quella della bellezza fisica. La cerchiamo nel raggiungere modelli fisici del tutto sproporzionati, oggi non solo nelle ragazze ma anche nei ragazzi. Se gli adolescenti di oggi passassero a leggere qualche buon libro tutto il tempo che trascorrono in palestra…diventerebbero degli uomini di cultura in pochi anni. Ma anche negli adulti i modelli sono del tutto irreali, basta guardare le pubblicità, dove donne mature (non anziane, perché questo termine si deve abolire…) sono presentate come ragazze.

L’altra illusione è quella del potere e delle sue scorciatoie. Cercare di diventare persone importanti, attraverso contatti e protezioni, attraverso carriere sociali o politiche basate sulla cura della propria immagine, ma senza una solidità nella formazione, nella professione, è come costruire un castello di carte. Quanto poco oggi vale la competenza, la professionalità, frutto di fatica e di lungo apprendimento, in un mondo in cui le opinioni sono messe tutte sullo stesso piano! Alla fine chi ci guadagna? Nessuno, perché costruiamo un futuro senza fondamenta.

Infine l’ultima illusione è quella di cercare un Dio di comodo, a cui diamo del nostro superfluo per avere in cambio una protezione. Il Dio tappabuchi, che ci toglie un po’ del nostro senso di colpa e anche un po’ delle nostre responsabilità e che alla fine ci tranquillizza, perché è facilmente manipolabile. È un Dio con cui facciamo dei compromessi, perché in fondo ne abbiamo paura. Meglio non avvicinarsi troppo e dargli qualcosa per accontentarlo. Ma anche questa è un’illusione, perché Dio non è così!!

Dio è relazione, amicizia, passione, amore: sono tutte esperienze che richiedono di mettersi in gioco, senza calcolare prima il proprio vantaggio, ma solo per un impulso di bene che ci spinge ad uscire da noi stessi e a donarci. Quindi l’unico atteggiamento vero con Dio è quello della vedova: lei che non aveva la pensione di reversibilità del marito (al tempo di Gesù non esisteva), ha dato tutta la sua vita in quei due spiccioli. Dare tutto a Lui, senza tenersi niente, senza alcuna riserva, abbandonandosi alla potenza della Sua provvidenza e del Suo Spirito, anche quando le circostanze, interiori od esteriori, sembrano essere avverse: questo è il vero culto.

Spirito d’amore, aiutaci a non avere paura del Padre: lui non ci chiederà mai qualcosa di male, né vuole metterci alla prova, ma vuole solo la nostra felicità. Fà che ci abbandoniamo a Lui, dandogli tutto, senza riserve. Sperimenteremo un amore senza riserve, quello di colui che dà la sua vita per noi!

Lettura popolare XXXII TO Anno B

 

 

Lettura popolare XXXII TO Anno B Mc 12, 38-44

 

Mc 12,38-44

La vedova povera

 

Il messaggio nel contesto

 

IMPORTANTE: questa breve contestualizzazione e spiegazione del brano evangelico serve da preparazione remota per l’accompagnatore, prima dell’incontro. Si tratta di mettersi in preghiera personalmente, leggere il brano evangelico e poi approfondirlo con attenzione. Le considerazioni svolte sotto non sono da “ripetere” ai partecipanti, ma da tenere presente durante l’incontro.

 

 

Gesù sta per lasciare il tempio definitivamente e mette a confronto il culto ipocrita e autocentrato con il vero culto dei poveri di JHWH. L’accusa contro gli scribi che fanno della preghiera un pretesto per ostentare se stessi e invece di nutrire i più deboli (le vedove) ne divorano le case, riprende modelli di accusa propri dei profeti di Israele (cf. Is 1,10-17). Oltre alla vanità e al narcisismo di chi si serve del proprio ruolo di rappresentante del sacro per circondarsi di prestigio sociale, Gesù aggiunge anche il gravissimo peccato dell’ingiustizia nei confronti di coloro che maggiormente andrebbero difesi, come le vedove. Una vedova in Israele, a differenza di oggi, non aveva la “reversibilità” della pensione del marito. Si trattava di persone poverissime, a cui era negata l’eredità del marito (cf. Nm 27,9 -11), e del tutto prive di legami sociali che potessero sostenerle. Assieme agli orfani, dunque, le vedove erano le categorie più povere di Israele. Si può allora capire quanto derubare una vedova da parte di chi ha soldi e prestigio potesse costituire un peccato veramente infamante, che grida vendetta agli orecchi di Dio (cfr. Es 22,21- 23).

Infine Gesù aggiunge il peccato di una preghiera falsa, fatta unicamente per farsi notare dagli altri. In apparenza nessuno avrebbe potuto giudicare male la condotta rigorosa di questi uomini, molto ammirati per la loro disciplina e il loro zelo, ma Gesù sapeva guardare al loro cuore e osservava che la loro preghiera al tempio non li portava ad un contatto vero e profondo con Dio ma, semmai, a rinforzare e confermare la loro immagine di se stessi. Se il culto arriva ad essere ribaltato fino a questo punto nelle sue finalità, se l’uomo si allontana da Dio proprio lì dove dovrebbe essere salvato, ossia nella sua preghiera e nel suo rapporto con Dio, come potrà salvarsi? C’è bisogno di qualche profeta che gridi il pericolo gravissimo che il popolo corre di allontanarsi sempre più da Dio proprio a causa del suo culto (cfr. Is 29,13).

In questo contesto Gesù non si limita a giudicare ma indica anche il modello positivo da seguire. Si tratta ancora una volta di una vedova che, trovandosi nella sala del tesoro del tempio – in tale sala si trovavano tredici cassette a forma di tromboni, una delle quali era destinata alle offerte volontarie-  nella sua povertà dona due spiccioli, ossia un quadrante (con cui si potevano comprare al massimo 100g di pane). Di fronte a offerte ricchissime di persone abbienti, lei ha donato molto più, perché ha dato tutta la sua vita! La vedova rappresenta Gerusalemme dopo la distruzione del tempio, comunità povera che purifica la sua fede nei confronti di JHWH e si vede restituire i suoi figli e la sua fecondità da Dio (cf. Is 49,21) grazie all’inaspettato editto del re Ciro che ordina il ritorno degli Israeliti nella terra santa (538 a.C.). Si tratta della comunità dei poveri di JHWH (cf. Sof 3,11-13)  e insieme anche della comunità cristiana, che ha perso il suo sposo Gesù ed è in attesa di ritrovarlo (cf. Mc 2,20).

La povera vedova è il modello della comunità perfetta dei discepoli, non ricca, non influente, non in grado di manovrare le leve del potere, ma capace di donare quei pochi spiccioli che ha, con tutto il suo cuore a quel maestro e sposo che ha dato tutto se stesso per lei. È anche il modello di ciascuno di noi, chiamato a ritrovare nell’umiltà del suo cuore il senso della propria vita come donazione di sé a Dio e ai fratelli.

 

 

Come realizzare concretamente l’incontro?

 

Collocazione spaziale: è bene curare particolarmente la collocazione spaziale dei partecipanti all’incontro. È opportuno scegliere configurazioni geometriche che favoriscano la percezione dei partecipanti di trovarsi coinvolti allo stesso livello e senza distinzioni gerarchiche con gli accompagnatori (meglio un cerchio di sedie che un tavolo “da relatore” con le file di sedie davanti)

 

durata: 1h (tutte le indicazioni temporali sono puramente indicative dei rapporti che dovrebbero stabilirsi tra le fasi dell’incontro, ma non sono da prendere alla lettera)

 

  1. Ricordiamo la vita. (15 minuti)

Le mie offerte a Dio.

 

Questo invito  ha l’obiettivo di coinvolgere i partecipanti  a partire dalla loro vita. Deve essere posta in modo molto informale e quasi naturale, come se l’incontro non fosse ancora iniziato realmente. L’accompagnatore sa invece che con questa domanda i partecipanti iniziano a condividere le loro esperienze dentro al contesto interpretativo del racconto evangelico.

 

 

  1. Leggere con attenzione il brano del Vangelo (almeno due volte) e soffermarsi su una parola che colpisce: Mc 12,38-44

 

La lettura può essere condivisa, un versetto a testa, perchè il tesoro della parola sia concretamente partecipato da tutti, allo stesso livello. Poi si danno cinque minuti per scegliere una parola che colpisce l’attenzione e la curiosità di ciascuna persona e per condividerla, uno dopo l’altro.

 

 

 

  1. Iniziare un dialogo un pò più approfondito a partire dalla lettura (30 min)

Partendo dalla condivisione della parola si può invitare qualcuno, che sembra un pò più estroverso e a suo agio nel gruppo, ad esplicitare il “perchè” ha scelto quella parola. A questo punto si aiutano anche gli altri, ponendo delle domande, a condividere le loro impressioni e valutazioni.

Alcune domande che possono essere poste, senza pretendere di seguire un ordine logico preciso, ma seguendo le intuzioni condivise dai partecipanti.

Può essere utile partire da domande riguardanti luoghi, tempi, personaggi, verbi di azione. Si tratta non solo di aiutarli a comprendere il testo, ma anche a condividere la loro vita, idenificandosi nei personaggi e nelle loro reazioni davanti a Gesù.

Ecco uno schema possibile di domande:

 

  • Quando e dove si svolge l’azione?

Siamo in Gerusalemme, davanti al tesoro del tempio. Il tempio è il cuore spirituale di Israele, nel suo rapporto con Dio. Qual è il mio tesoro, ciò che ritengo più prezioso e assolutamente irrinunciabile, nel rapporto con Dio?

 

  • Chi sono i personaggi, cosa fanno e cosa dicono?

-Gesù parla ai suoi discepoli e insegna, con una tonalità fortemente profetica, per smascherare gli inganni che si celano nel popolo di Dio. Quale reazione davanti all’insegnamento di Gesù, così capace di smascherare le intenzioni e vedere al di là delle apparenze? So anch’io esercitare uno sguardo che va al di là delle apparenze?

-Gesù rivela l’inganno di una religione utilizzata per soddisfare il proprio narcisismo, che poi diviene fortemente ingiusta nei confronti dei più poveri. Come la mia comunità e la Chiesa oggi vive il rapporto con i poveri?

– Gesù vede la vedova e i ricchi. Quale sguardo spirituale sulla realtà della Chiesa e del mondo? Cosa ha più valore per me, la potenza degli strumenti, materiali e il numero delle persone o l’offerta interiore di un cuore umile e semplice?

  • Quale rivelazione?

Il vero culto, in risposta al dono che Gesù messia sta per fare sulla croce, è il dono di sé totale e senza condizione, al Signore della vita. Questo caratterizza il discepolo e la Chiesa, come umile sposa del messia Gesù.

 

Condivisione della vita nella preghiera (5/10 min). L’ultimo passo, dopo la condivisione della vita, è invitare ad una breve preghiera, magari formulata inizialmente dall’accompagnatore. Qualche minuto di silenzio può autare a far risuonare la vita e la Parola condivise e raccogliere alcuni elementi che possono essere stimoli per una preghiera. Il partecipante che non intende pregare sentirà comunque che la propria condivisione è stata ascoltata e che la sua vita è stata messa davanti a Dio nella preghiera di altre persone.

 

 

 

Lettura popolare XXXI TO Anno B (Mc 12,28-34)

 

Lettura popolare XXXI TO Anno B

 

Mc 12,28-34

Il primo comandamento

 

Il messaggio nel contesto

IMPORTANTE: questa breve contestualizzazione e spiegazione del brano evangelico serve da preparazione remota per l’accompagnatore, prima dell’incontro. Si tratta di mettersi in preghiera personalmente, leggere il brano evangelico e poi approfondirlo con attenzione. Le considerazioni svolte sotto non sono da “ripetere” ai partecipanti, ma da tenere presente durante l’incontro.

 

Un dottore della legge è rimasto affascinato da come Gesù ha risposto ai sadducei affermando, sulla base delle Scritture, la resurrezione dai morti. La sua domanda non è posta per trarlo in inganno, ma con autentico desiderio: qual è il più grande dei comandamenti? Per un ebreo osservante della legge, allora come oggi, i precetti sono 613, di cui 365 negativi e 248 positivi ma non sono tutti sullo stesso piano. È necessario un atto interpretativo globale di tutta la legge che ne identifichi il cuore, ciò che unifica tutto il resto. Questa riflessione è presente già nei profeti (cf. Mic 6,8).

Il primo comandamento citato da Gesù risale a Dt 6,4-5. Solo la versione di Marco lo cita per intero, premettendo l’invitatorio alla preghiera, che esorta ad ascoltare colui che è il nostro Dio, che è il Signore ed è uno solo. Questo invito conduce a ruminare il primo comandamento del decalogo: “io sono il Signore tuo Dio… non avrai altri dei all’infuori di me” (Es 20,2-3).

Segue poi l’esortazione ad amare Dio con tutto il cuore, con tutta la vita, con tutta l’intelligenza con tutta la forza. Il cuore designa il centro della personalità, la vita designa l’esistenza concreta, l’intelligenza identifica la capacità intellettuale e la forza riguarda la volontà e l’impegno di tutto se stessi. Al primo comandamento Gesù ne aggiunge un altro, preso da un altro codice legale (Lv 19, 18) che riguarda l’amore del prossimo come sé stesso.

Gesù unisce questi due comandamenti posti in due luoghi «lontani» della Bibbia, facendone un unico comandamento e lo scriba risponde confermando Gesù attraverso i profeti, che affermano che l’amore vale più dei sacrifici cultuali, perché non vi può essere separazione tra culto religioso e vita (cf. Os 6,6).

La novità di Gesù non consiste allora nell’unire questi due comandamenti, perché già gli scribi lo facevano (cfr. Tes. Neftali 8,9-10 o Filone di Alessandria in De specialibus legibus 2,63), ma nell’averli vissuti e incarnati nella sua persona.

Gesù sta per salire a Gerusalemme dove subirà la morte in croce. Proprio la croce, come amore totale verso il Padre (braccio verticale) e amore totale verso gli uomini (braccio orizzontale) è la rappresentazione iconica del compimento di tutta la legge in Gesù, parola fatta carne. La lettera di Giovanni, riflettendo su Gesù, parola di Dio fatta carne, afferma: “Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché Dio è amore… in questo sta l’amore, non nel fatto che noi abbiamo amato Dio, ma nel fatto che lui ha amato noi e ha mandato il suo figlio in espiazione dei nostri peccati… se uno dice, amo Dio e odia suo fratello è un mentitore (1Gv 4,7.10.20).”

 

Suggerimenti per la preghiera

  1. Mi dispongo davanti a Dio in preghiera. Sto in ginocchio o seduto, per entrare in colloquio con il Signore, o meditare su ciò che leggo, a seconda di ciò che voglio.
  2. Leggo con attenzione il brano di Vangelo.
  3. Chiedo al Signore di poterlo conoscere interiormente come maestro divino, per amarlo e seguirlo sempre più.
  4. Vedo le persone che agiscono, osservo come si comportano e si relazionano. Rifletto sul fascino che lo scriba ha avvertito davanti a Gesù maestro. Tutta la Bibbia è per Gesù attestazione dell’amore del Padre suo e della sua potenza creatrice e vitale. Mi accosto allora alla parola di Dio domenicale, sapendo che li trovo il mistero di un Dio vivente, che mi ama e mi dona una vita senza fine.
  5. Ascolto ciò che Gesù dice e lo scriba conferma. Come la mia vita è guidata dall’amore di Dio e del prossimo? Il mio rapporto con i sacramenti e con i servizi che svolgo in Chiesa è guidato dall’amore o dal dovere?
  6. Entro in colloquio con Gesù che in croce offre tutto se stesso al Padre e ai fratelli.
  7. Concludo con un Padre Nostro

 

 

Come realizzare concretamente l’incontro?

 

Collocazione spaziale: è bene curare particolarmente la collocazione spaziale dei partecipanti all’incontro. È opportuno scegliere configurazioni geometriche che favoriscano la percezione dei partecipanti di trovarsi coinvolti allo stesso livello e senza distinzioni gerarchiche con gli accompagnatori (meglio un cerchio di sedie che un tavolo “da relatore” con le file di sedie davanti)

 

durata: 1h (tutte le indicazioni temporali sono puramente indicative dei rapporti che dovrebbero stabilirsi tra le fasi dell’incontro, ma non sono da prendere alla lettera)

 

  1. Ricordiamo la vita. (15 minuti)

 

 

Questo invito  ha l’obiettivo di coinvolgere i partecipanti al Cenacolo a partire dalla loro vita. Deve essere posta in modo molto informale e quasi naturale, come se l’incontro non fosse ancora iniziato realmente. L’accompagnatore sa invece che con questa domanda i partecipanti iniziano a condividere le loro esperienze dentro al contesto interpretativo del racconto evangelico. Un Gesù che “risolve” le situazioni fa parte di una fede ancora ingenua, come quella di Pietro, che rifiuta la logica della croce.

 Questo collegamento non deve essere esplicitato dall’accompagnatore, perchè saranno gli stessi partecipanti a scoprirlo nell’approfondire la lettura.

 

 

  1. Leggere con attenzione il brano del Vangelo (almeno due volte) e soffermarsi su una parola che colpisce: Mc 12,28-34

 

La lettura può essere condivisa, un versetto a testa, perchè il tesoro della parola sia concretamente partecipato da tutti, allo stesso livello. Poi si danno cinque minuti per scegliere una parola che colpisce l’attenzione e la curiosità di ciascuna persona e per condividerla, uno dopo l’altro.

 

 

 

  1. Iniziare un dialogo un pò più approfondito a partire dalla lettura (30 min)

Partendo dalla condivisione della parola si può invitare qualcuno, che sembra un pò più estroverso e a suo agio nel gruppo, ad esplicitare il “perchè” ha scelto quella parola. A questo punto si aiutano anche gli altri, ponendo delle domande, a condividere le loro impressioni e valutazioni.

Alcune domande che possono essere poste, senza pretendere di seguire un ordine logico preciso, ma seguendo le intuzioni condivise dai partecipanti.

Può essere utile partire da domande riguardanti luoghi, tempi, personaggi, verbi di azione. Si tratta non solo di aiutarli a comprendere il testo, ma anche a condividere la loro vita, idenificandosi nei personaggi e nelle loro reazioni davanti a Gesù.

Ecco uno schema possibile di domande:

 

Quando e dove si svolge l’azione?

Gesù è a Gerusalemme, dove sta insegnando nel tempio (cf. 11,27), in dialogo con le autorità giudaiche. Dopo tre dispute con loro, si avvicina uno scriba,  che aveva visto come Gesù avesse ben  risposto ai sadducei. Sono anch’io affascinato dalla parola di Gesù? Dalla qualità originale del suo insegnamento? Che domande gli rivolgo?

 

Chi sono i personaggi, cosa fanno e cosa dicono?

Gesù si trova con lo scriba.

– La domanda dello scriba è qual è il primo dei comandamenti. Sento anch’io come lo scriba la necessità di fare sintesi, di trovare un aspetto unificante tra tante esigenze spirituali?

– La risposta di Gesù cita Dt: “Ascolta Israele”. Anzitutto c’è l’ascolto della Parola di Dio. Come vivo questo ascolto quotidianamente e settimanalmente?

– Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore. Dove si trova il mio cuore? Quali distrazioni vi sono?

– Amerai il prossimo come te stesso. Come vivo il rapporto tra amore i me e amore del prossimo?

Vale di più di tutti gli olocausti e i sacrifici. Cosa vale di più nella mia prospettiva spirituale?

 

Quale rivelazione?

Amore di Dio e amore del prossimo sono la risposta umana all’ascolto della Parola di Dio. Esse costituiscono dunque la sintesi di tutte le esigenze della Legge e si compiono nel dono che Cristo ha fatto sulla croce, offrendosi per amore di Dio e di ogni uomo.

 

Condivisione della vita nella preghiera (5/10 min). L’ultimo passo, dopo la condivisione della vita, è invitare ad una breve preghiera, magari formulata inizialmente dall’accompagnatore. Qualche minuto di silenzio può autare a far risuonare la vita e la Parola condivise e raccogliere alcuni elementi che possono essere stimoli per una preghiera. Il partecipante che non intende pregare sentirà comunque che la propria condivisione è stata ascoltata e che la sua vita è stata messa davanti a Dio nella preghiera di altre persone.