Invoco lo Spirito Santo. Fa o Signore che ogni mia intenzione, azione e attività abbia da te il suo inizio e in te e per te il suo compimento, per la potenza dello Spirito Santo. Aiutami a fare memoria del mio cammino nella Chiesa e a riconoscere la presenza dello Spirito nell’esperienza concreta del popolo di Dio. Conducimi al cuore delle diversità nella Chiesa, per apprezzare i carismi come doni di Dio. Svuotami di tutti i miei preconcetti e ideologie, per riempirmi dei tuoi desideri per la Chiesa di oggi.
At 2,1-12: la Pentecoste
Nei vv. 1-4 è narrata la discesa dello Spirito. Invece dal v. 5 lo scenario cambia improvvisamente per aprirsi ad una immagine mondiale con Gerusalemme sullo sfondo. Entrano infatti in scena Giudei di ogni nazione del mondo. Scompare il contesto spaziale della casa in cui erano radunati gli apostoli ed emerge un nuovo contesto simbolico che ha per sfondo Gerusalemme e in primo piano la folla immensa dei Giudei.
Le due parti sono tra loro collegate grazie al riferimento del “parlare in lingue” (2, 4. 6), la folla infatti li ascolta parlare ciascuno nella sua lingua. Non si tratta di glossolalia, come la derisione di alcuni spingerebbe a pensare (“si sono ubriacati di mosto”) ma precisamente di un parlare in modo comprensibile ad uomini di lingue diverse. Infatti Luca modifica la locuzione paolina “parlare in lingue”, indicante l’espressione inarticolata di suoni conosciuta come glossolalia, tramite un aggettivo: “altre”. Essi non stanno, secondo Luca, semplicemente parlando in lingue, ma in “altre lingue”, ossia stavano parlando “delle grandi opere di Dio” in lingue comprensibili a ciascun uditore.
Le immagini del fragore e del vento, descritti da Luca come una “voce” (v. 6), e l’immagine del fuoco possono avere come sfondo la teofania (manifestazione di Dio) sul monte Sinai (Es 19,16-19).

- Radunati nello stesso luogo
ll fatto che i presenti siano riuniti tutti insieme nello stesso luogo rafforza l’idea di unità e comunione della prima Chiesa, non solo esteriore, ma anche intima e spirituale. Essi infatti sono seduti, in una posizione abituale alla preghiera sinagogale. Potrebbero essere solo i dodici apostoli (cfr. 2,14) ma più probabilmente qui si allude ai 120 che già erano riuniti nello stesso luogo, per la scelta del sostituto di Giuda (cfr. 1,15).
Erano radunati tutti insieme nello stesso luogo. Si può notare qui l’accentuata importanza del con-venire. Esso è il primo passo della sin-odalità, ossia del mettersi in cammino tutti insieme. C’è un convenire fisico ma c’è anche un convenire spirituale. È l’attesa del battesimo in Spirito Santo e fuoco, di cui ha parlato Gesù in At 1,4-5. I discepoli sono formati all’attesa di questo dono e questa è anche la motivazione del loro convenire, del loro stare insieme a Gerusalemme. Mi posso chiedere in che misura il mio con-venire fisico nei luoghi e tempi del cammino sinodale sia anche spiritualmente preparato. Possono infatti esserci in noi tentazioni di scoraggiamento, di sfiducia, di stanchezza, che minano l’apertura del cuore al dono dello Spirito. Prima di iniziare qualche percorso posso chiedermi: che frutti mi attendo dal cammino ecclesiale e sinodale? Gal 5,13-26 ci fa un elenco dei frutti della carne e di quelli dello Spirito. Posso discernere su quali versanti della carne e dello Spirito mi sento implicato.
- Riempimento di uno spazio “vuoto”
Come nel battesimo di Gesù, anche qui l’evento della Pentecoste scaturisce dal cielo come un rumore di vento impetuoso, che riempie tutta la casa. Se il vento può essere un’immagine collegabile allo Spirito (cfr. Gv 20,22) in realtà l’accento di questa descrizione cade sulla totalità, ossia sul fatto che la presenza di Dio riempie tutto di se stessa, secondo una modalità cara all’Antico Testamento (cfr. Is 6,3). Le lingue di fuoco si dividono e cadono ciascuna su ogni persona presente. L’immagine mostra chiaramente un unico fuoco e vuole significare la capacità dello Spirito di entrare, nella sua unità e totalità, in ciascun individuo singolarmente.
C’è un compiersi del tempo che si collega ad una pienezza della casa e ad una pienezza delle persone. Lo Spirito invade spazi e tempi di attesa, di per sé vuoti, per entrare nelle persone, nel loro cuore. Posso anche chiedermi quali spazi e tempi del vivere ecclesiale siano così “vuoti” da costituire una buona opportunità per il lavoro dello Spirito in noi. Forse il cammino sinodale può essere avvertito, invece che come un impegno in più tra tanti altri, come un’occasione di svuotamento per lasciar agire lo Spirito.
- Lo Spirito, una potenza comunicativa che integra le diversità
La metafora della fiamma come lingua di fuoco, anticipa il dono della parola, il potere di parlare in “altre” lingue. Questa pienezza dello Spirito Santo si riversa su ognuno e lo riempie di una potenza comunicativa, in grado di trasferire la testimonianza degli apostoli in “altre lingue”. Il contenuto di questa comunicazione sono le grandi opere di Dio, ossia il Vangelo che viene annunziato a tutti i popoli. Quando la scena cambia di colpo, con l’immagine dei Giudei di tutti i popoli (v. 5), essa era già stata preparata dal riferimento alle lingue parlate dagli apostoli.
Comunione e alterità si rafforzano l’una con l’altra in questa immagine dello Spirito che offre a ciascun apostolo il potere di esprimersi in “altre” lingue. Ciascuno in una lingua diversa, ma il vangelo è unico, come abbiamo già osservato. Possiamo chiederci come nei contesti ecclesiali che viviamo siamo in grado di far parlare e integrare la “diversità”. C’è ad esempio una diversità generazionale, una culturale e una di stili spirituali. La diversità generazionale comporta una difficoltà di intendersi tra anziani e giovani, per i linguaggi e le esperienze di vita. La diversità culturale emerge soprattutto tra zone rurali e città, tra contesti di vita aperti all’apprendimento dei nuovi linguaggi e contesti più tradizionali, tra zone di recente immigrazione e zone ancora piuttosto omogenee a livello sociale. La diversità degli stili spirituali emerge nella divaricazione tra una religiosità più tradizionale e legata a certe devozioni e una sperimentazione di linguaggi e forme diverse, di meditazione e approccio spirituale. Nello Spirito questa diversità può essere perfino, in certo modo, accentuata, per esprimere però l’unico Vangelo. Essa si ritrova in una comunione più profonda, che è di natura ecclesiale. (Rm 12,1-8)
- La storia del popolo di Dio e il suo compimento nello Spirito
Chi sono questi personaggi che godono dell’annuncio evangelico? Si tratta di Giudei, residenti a Gerusalemme e provenienti da tutte le nazioni del mondo. Tale presenza di giudei della diaspora a Gerusalemme è storicamente attestata ma ha anche un significato profondamente simbolico per Luca. La salvezza viene dai Giudei e nella prima parte del libro degli atti il Vangelo è annunciato solo ad essi. Essi sono residenti a Gerusalemme, come luogo del mistero pasquale di Cristo, da cui il Vangelo si irradia fino ai confini del mondo. Essi provengono da tutti i popoli del mondo, per indicare l’universalità dell’annuncio che parte da Gerusalemme. Ciò che qui sta accadendo, contiene in sintesi tutto il libro degli Atti.
Le domande retoriche di questa folla (vv. 7-8), intendono sottolineare il carattere miracoloso di questo accadimento, per il lettore. Se dei poveri Galilei, gente dalla provenienza non così illustre, acquistano il potere di parlare in tante lingue diverse e portare un annuncio di questo tipo fino ai confini del mondo, ciò non può che provenire da Dio. L’elenco delle nazioni (vv. 9-11) intende moltiplicare la meraviglia del lettore attraverso lo stupore degli astanti, per una così grande varietà di popolazioni raggiunte. Si tratta probabilmente di una lista di regioni della diaspora giudaica, a cui Luca aggiunge la specifica “Giudei e proseliti” (v. 11), che indica la presenza sia dei circoncisi già appartenenti al giudaismo, sia di quei pagani che si erano avvicinati al giudaismo e avevano iniziato a frequentare il culto sinagogale. Il carattere missionario del giudaismo ellenistico di epoca romana diviene ora proprio della comunità cristiana, che utilizzando come punto di partenza le comunità giudaiche sparse lungo il Mediterraneo e il medio oriente, arriverà ben presto a raggiungere tutti i confini del mondo conosciuto.
In una visione unitaria e sintetica viene riassunto il progetto salvifico ed insieme ecclesiologico degli Atti degli Apostoli, ossia generare, attraverso l’annuncio apostolico, un’unica Chiesa universale in ciascuna delle Chiese che nasceranno nei diversi luoghi e culture del mondo. Come le fiamme di un unico fuoco si dividono su ciascun apostolo, senza diminuire la loro potenza e pienezza, così il messaggio di un unico Vangelo si rende presente in ogni uditore, rendendo possibile la nascita dell’unica Chiesa, nelle tante Chiese fondate dalla predicazione degli Apostoli.
I presenti al momento della Pentecoste non sono pagani, ma Giudei e proseliti. Lo Spirito non bypassa la storia fin qui maturata nella comunità ebraica in tutto il mondo, ma la compie. Ci si può domandare se le nostre riflessioni ecclesiali non siano spesso venate di eccessiva astrazione e intellettualismo rispetto ad un cammino dello Spirito, che è già presente nella Chiesa e nel popolo di Dio. In questo senso si potrebbe avvertire un rischio se il cammino sinodale avvenisse in modo “disincarnato” da ciò che già il Signore ha compiuto nella sua Chiesa. (Rm 9,1-6)
[1] Ad esempio secondo Filone di Alessandria questa voce e questo fuoco del Sinai sono in realtà un’unica manifestazione di un “rumore” che agita l’aria e la trasforma in un “fuoco a forma di fiamme”. Una conferma ulteriore viene dal fatto che la tradizione rabbinica ha messo in relazione anche la festa di Pentecoste con il dono della Legge (cfr. Giub 1, 1). Dunque la Pentecoste è il tempo in cui viene sancita la nuova alleanza, con la voce di Dio e il fuoco, che sono simboli del dono dello Spirito, che compie la legge (Ez 36, 26). Non a caso infine coloro che godranno di questo fenomeno spirituale narrato da Luca sono giudei pii, ossia osservanti della legge, provenienti da ogni nazione.
