Miriam di Nazareth, la madre di Dio

Miriam era già il nome della sorella di Mosè, colei che aveva sfidato il potere del faraone per salvare il suo fratellino più piccolo.

Così Miriam, Maria, è diventato il nome della sfida più grande lanciata contro l’arroganza del potere e la superbia che umilia per meglio controllare.

Non è uno scherzo purtroppo, ancora oggi, questa pretesa di circoscrivere e utilizzare il femminile, rendendolo schiavo di un potere autoreferenziale e incapace di empatia. Non è solo l’Afghanistan, paese in cui si scoraggiano ormai le donne a frequentare le università e a uscire di casa; ma anche nella nostra civilizzata Europa ancora oggi si costruisce un’immagine falsa della donna, per minimizzare la portata destabilizzante di un femminile adulto e sicuro di sé. Basta vedere come talvolta si giustificano violenze e apprezzamenti pesanti ai danni delle donne, trasformando le vittime in seduttive carnefici.

Così si costruisce l’immagine di colei che seduce, con la presenza e con le parole. Contro questa immagine Maria sfida ogni potere che sminuisce l’immagine della donna, perché ella non seduce con le parole, ma piuttosto “custodisce le parole”. La sua comunicazione non è fatta per catturare e manipolare, ma per accogliere e conservare, ed anche proteggere, quanto c’è di più bello e insieme fragile nell’uomo. Ella non è tentata dal rispondere alla forza materiale con la sottile forza dell’inganno, ma si fa spazio rispettoso, hortus conclusus, di relazioni tessute sul filo di sentimenti profondi e di attese radicali.

Ancora, il potere costruisce della donna l’immagine di colei che può comandare “dividendo” gli uomini, una seduzione che mette i “fratelli” gli uni in competizione con gli altri. Si veda ad esempio come è costruita la narrazione omerica sulla povera Elena, la nobildonna che fece scatenare la terribile guerra di Troia, dividendo uomini e dei. Contro questa immagine così tradizionale da essersi profondamente depositata nel nostro inconscio, Maria si presenta non come colei che divide, ma come colei che unisce, l’uomo e Dio.

La sua bellezza attiva un circuito di relazioni che riconcilia e non genera invidia. Non è lo specchio delle brame della regina cattiva di Biancaneve, ma lo sguardo con cui Dio ama e crea, e insieme contempla la sua creatura. Questo sguardo gratuito dona identità a colei che così non si può far altro che definire come “amata”: la piena di grazia, la traboccante di questo amore circolare che da Dio passa alla creatura e poi di nuovo a Dio, in un vortice di bellezza sempre crescente in cui ella si può specchiare.

È la bellezza di una madre, che restaura il volto di tutte le madri piegate dal dolore della perdita, della sofferenza, del lutto. È la bellezza di una figlia, che riscatta la passione di tutte le figlie dimenticate, sfruttate, abusate.

Nel suo volto ogni donna trova riscatto, dall’umiliazione di una femminilità sfigurata rispetto all’originario disegno di vita.

Se Eva aveva concepito con Dio, lei concepisce Dio.

Un di più che non emerge come un grido di superbia e vittoria, come quello di Eva, ma come un cantico interiore, umile e sereno, forte ed armonico, in cui le Parole di Dio e le lodi degli uomini si fondono ormai senza più separazione.

La sfida è ormai lanciata, con Miriam di Nazareth, all’arroganza del potere.

Sapremo coglierla? Dove la nostra vita cristiana può offrire al mondo ancora oggi questo appello e questa testimonianza?

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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