Gesù e il pensiero della fine

 

 

Omelia Giovedì Santo

In questi giorni il conto dei defunti per il coronavirus ci sta portando al pensiero della fine, a volte con angoscia e paura, altre volte semplicemente come una possibilità da contemplare. In una cultura in cui la morte è tabù, non è detto che ciò non possa diventare un’opportunità di maturazione e di maggiore saggezza. Anche Gesù è attraversato dal pensiero della fine. Lo vediamo nel vangelo di Giovanni, che si esprime con questi termini: “avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine”. Amare fino alla fine non significa per Gesù solo l’imminenza della sua morte fisica. Significa invece, molto di più, quello che si potrebbe intendere in italiano se traducessimo così: “fino al fine”. Gesù intende amare fino al fine, alla finalità verso cui è orientata tutta la sua vita, che è il Padre da cui proviene e il suo amore sovrabbondante. Questo fine è allora anche compimento, pienezza, totalità, gloria che, fin d’ora, ha vinto la morte.

Il segno della lavanda dei piedi va quindi compreso all’interno di questo “pensiero del fine”, che motiva un duplice gesto. Il primo è quello di “deporre le vesti”, ossia dare la vita, consegnare sé stesso e l’amore del Padre, lo Spirito, per ricevere tutto da Lui. Il secondo è il gesto rivoluzionario di un’autorità, un potere d’amore, che si piega all’umile servizio del lavare i piedi, che nel mondo antico spetta allo schiavo. Si tratta di un amore che non può rimanere chiuso in un rapporto gratificante con il Padre, ma che è da sempre aperto alla creazione, alla partecipazione, e che è in grado di racchiudersi nelle cose e nei gesti più semplici, umili, quotidiani. Lasciamoci smascherare da questo gesto di Gesù, perché esso porti con sé un triplice, salutare cambiamento!

  1. Accettare di essere fragili e bisognosi, contro ogni vanagloria, orgoglio. Se le nostre insicurezze e fragilità ci portano ad essere aggressivi con gli altri, specie con chi ci è più vicino, abbiamo l’opportunità, se lasciamo che Gesù ci lavi i piedi, di accettare il fatto che i nostri piedi sono sporchi. È il primo passo!
  2. Accettare poi di consegnargli i nostri piedi sporchi, ossia di lasciare che Lui, la persona che più stimiamo e amiamo e davanti alla quale vorremmo mostrarci perfetti, prenda nelle sue mani questi piedi e tutto ciò che nel nostro cammino ci ha infangato, sporcato, appesantito. Di fronte a Lui possiamo mettere da parte ogni paura e atteggiamento di difesa e possiamo accettare che lui si pieghi su di noi e ci pulisca e alleggerisca.
  3. Il terzo passo è vivere, così liberati, la logica del servizio e dell’amore fino al fine. Si tratta di chinarsi sulle fragilità dell’altro, facendo i conti con le mie e le sue fragilità, proteggendoci a vicenda e curando con segni di tenerezza. Sono per lo più segni piccoli e quotidiani: un servizio, una telefonata, un sorriso, un chiedere “come và?”, un manifestare interesse e partecipazione per la condizione dell’altro, un abbandonare le pretese di giustizia, i conflitti, riposizionandosi con realismo ma anche con fiducia davanti all’altro. Anche la preghiera, gli uni per gli altri, che scaturisce dalla Parola di ogni giorno, è una fonte inesauribile di consolazione e di forza. La stiamo riscoprendo in questi giorni, anche pregando per don Alessio e per tutti i nostri cari ammalati. Continuiamo con perseveranza!

Se arriviamo a questo punto, possiamo dire che stiamo celebrando l’eucarestia. Non quella sacramentale, ma quella vissuta, ossia quella liturgia della vita, quel culto vivente, che è precisamente ciò che oggi Gesù ha istituito con il gesto della lavanda dei piedi. Così diventeremo piccole comunità familiari, domestiche, nelle quali si impara a vivere l’amore e si mette il Signore al centro della propria tavola, come nell’ultima cena, lasciandosi lavare i piedi da lui e imparando a farlo gli uni per gli altri. Certamente verrà il momento in cui queste piccole comunità si ritroveranno nella grande comunità eucaristica, dove la liturgia della Parola e della vita si compie nella celebrazione eucaristica domenicale. Allora la riscopriremo non come un precetto, ma come una necessità interna al nostro modo di vivere, al nostro essere, un alimento verso cui cresce ogni giorno il nostro desiderio e che ci riempie di consolazione e forza per vivere fino al fine, che è il Suo amore.

Viviamo fino al fine e anche la nostra fine sarà semplicemente un nuovo inizio!

 

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

Lascia un commento