Lo scriba che fa questa domanda a Gesù ha sentito un profondo fascino nei confronti della sua persona. Ha capito che Gesù pratica una lettura molto singolare della Parola di Dio, della Bibbia, ossia non la legge a partire da qualche commentario di scribi a lui precedenti, accodandosi magari ad una scuola prevalente, ma a partire dalla sua vita e dal suo rapporto con Dio. Gesù è affascinante perché il suo modo di leggere la Bibbia, o meglio quello che per noi è l’Antico Testamento, è vivo, vitale e nasce dalla sua stessa esistenza aperta a Dio e ai fratelli. Gesù è il miglior lettore della bibbia, al punto che il libro stesso non differisce dalla sua vita, anzi la sua stessa vita, il suo stesso corpo è il libro stesso, aperto e compiuto. Gesù maestro non può non affascinare, perché vive ciò che insegna.
Tutta la legge, composta di 613 precetti, è contenuta in due precetti gerarchicamente sovraordinati a tutti gli altri, ossia: “Ascolta Israele! Il Signore è il nostro Dio egli è l’unico. Ama il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua vita, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza.” E ancora: “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Il primato di Dio è una risposta al suo amore, con un amore che attraversa tutto i sentimenti, tutta l’esistenza, tutte le energie intellettuali e morali. Questa risposta d’amore coinvolge anche tutte le relazioni che intessono la nostra esistenza e quindi l’amore di Dio non può che comportare in se stesso anche l’amore del prossimo. Per Gesù questi due precetti sono in realtà un solo comandamento.
Tutta la vita di Gesù è stata un incarnazione perfetta di questi due precetti, ossia un’obbedienza radicale all’amore del Padre, e un dono misericordioso verso il prossimo, manifestato attraverso i miracoli e gli insegnamenti. Al culmine poi della sua vita, la sua morte in croce manifesta il dono e l’amore totale di Gesù verso il Padre ( braccio verticale) e il dono e l’amore totale verso gli uomini (braccio orizzontale). La croce è realmente l’icona vivente del compimento di tutta la legge in Gesù, parola fatta carne.
Sulla croce Gesù è anche il vero e unico sacerdote, come afferma la seconda lettura, tratta dalla lettera agli Ebrei. Se i sacerdoti della legge mosaica dovevano offrire molte vittime animali, Cristo invece ha offerto se stesso, in modo unico e perfetto; egli come uomo si è offerto a Dio e come Dio si offerto agli uomini, riconciliando Dio e l’uomo nella sua carne. L’amore di Dio e l’amore del prossimo sono talmente uniti nella vita di Gesù da fondersi in un’unica offerta, quella che Gesù fa di se stesso sulla croce, come sacerdote in grado di unire in se Dio e gli uomini.
Gesù ci ha anche affidato il memoriale di questa offerta, tramite cui anche noi siamo inseriti dentro questo vortice d’amore che unisce Dio e l’uomo, pronunciando queste parole eterne: questo è il mio calice, che è dato per voi, fate questo in memoria di me. Grazie all’eucarestia siamo innestati dentro la risposta d’amore di Gesù a Dio e ai fratelli e in questo amore siamo resi capaci anche noi di offrire tutto noi stessi agli altri.
Quindi la messa non può essere qualcosa di formale, un culto sganciato dalla vita. Lo scriba, confermando l’interpretazione di Gesù, afferma che amare Dio e il prossimo vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici, ossia gli atti di culto esterno. C’è il rischio che anche per noi la messa divenga un atto di culto esterno, formale? Sarebbe in contraddizione con il suo significato profondo, che è quello di unire in un solo atto i due comandamenti. Infatti la messa è per noi, li siamo messi in grado di offrire a Dio tutta la nostra vita, il lavoro, la famiglia, i figli, le fatiche quotidiane, le ansie per il futuro; li siamo nello stesso tempo resi capaci di portare l’amore di Dio all’interno del lavoro, della famiglia, nel rapporto con i figli, e dentro le fatiche quotidiane e le ansie per il futuro. È bello viverla ogni domenica, lasciando che essa conferisca tutta la sua carica di gioia e di forza alle nostre famiglie, in un contesto di riposo e di condivisione con i propri cari. Certamente oggi la vita lavorativa, con i suo turni spietati, per molte professione ci mette sotto pressione e, particolarmente d’estate, sembra mettere in discussione questa modalità bella e profonda di vivere la domenica. Non ci lasciamo scoraggiare, cerchiamo di dare un tono e un colore diverso al lavoro, se proprie non è possibile lasciarlo di domenica. Cerchiamo di vivere li l’amore di Dio e l’amore del prossimo, amando ogni collega e cliente, specialmente quelli più importuni, e avremo compiuto il significato della messa domenicale
