Scommettere al lotto della fede (XXI TO Anno A)

Agli italiani piacciono le scommesse, al punto che il bilancio dello stato si regge sul gioco del lotto, che è come una tassa ulteriore che non restituisce nulla in termini di servizi.
Alcuni perdono la vita e la propria felicità dietro al gioco, perchè c’è una sicurezza matematica: alla lunga il gioco delle probabilità di porta a perdere. Inizialmente sembra che vinci ma in realtà perdi.

Ma c’è un altra scommessa che invece da una sicurezza matematica di segno opposto, è quella su Gesù. Se si punta tutto su di lui, inizialmente sembra di perdere, ma in realtà vinci tutto.

Gesù invita Pietro a fare il discepolo e non il maestro, a porsi dietro di lui e non davanti. “Va dietro a me, Satana”. Egli deve puntare tutto sul maestro, anche se sta andando a perdere perchè sarà rifiutato dai capi del popolo. Con quale forza Pietro potrà portare a compimento questo cammino, lui che insieme agli altri discepoli abbandonerà il maestro proprio nel momento della difficoltà e giungerà perfino a tradirlo?

È la forza di un amore che Gesù dona, di un fascino che promana dalla sua persona, di un irresistibile attrazione che tiene Pietro legato a Gesù, che lo spinge a seguirlo anche se non capisce la “necessità” della passione e morte. È questa attrazione del cuore il segreto di una scommessa, che come dice Pascal, può essere per il si o per il no, ma che sempre porta i tratti di un prendere o rifiutare l’amore di Dio.Tu mi hai sedotto e io mi sono lasciato sedurre, dice il profeta Geremia. La forza della Parola di Dio accende un fuoco così grande che non può essere contenuto e questo motiva adeguatamente il nostro essere discepoli e seguirlo.

Quindi questa scommessa per Gesù è ragionevole, perchè Gesù riempie il mio cuore ed ha una forza infinita, che motiva un affidamento totale, un dono totale, un perdere la propria vita a causa sua.
Questo significa essere discepoli. Nell’epoca in cui va di moda temere i valori assoluti, come fossero portatori di dogmatismo e violenza, il discepolo mostra di avere un solo valore assoluto, che non è nè un idea nè un concetto, nè una rivelazione verbale o scritta, ma è Gesù, il messia/Cristo. Per lui è lecito e anzi ragionevole lasciare ogni cosa, perdere la propria vita.

La scommessa di seguire Gesù si fa particolarmente scottante, quando c’è qualcosa di difficile o particolarmente gravoso da accettare nella mia vita, quando magari sono tentato di prendere la strada della prova di forza, della reazione dura, del muro contro muro. Se io decido di seguire Gesù, questo significa a volte accettare di perdere, o di non vincere a tutti i costi, e di perdonare. Lascio che la forza di Gesù risorto operi nella mia vita e così lo seguo senza riserve, mettendo nelle sue mani il mio risentimento, che può covare e tormentare per tanti anni…perchè egli mi liberi da me stesso e mi renda più leggero e felice.

La novità della fede (Omelia XXI TO Anno A)

Le chiavi sono immagine del potere, perchè aprire e chiudere il palazzo dell’amministrazione regale implica ogni giorno inaugurare e concludere l’attività politica del Regno, che rende possibile l’esecuzione delle decisioni del Re. Nella prima lettura queste chiavi vengono date da Dio ad Eliakim, che le conserva fino al tempo dell’invasione Assira nel 701 a.C.. Anche a Pietro nel Vangelo vengono date da Dio le chiavi del Regno dei cieli: egli ha un potere effettivo, che è quello di mettere in collegamento cielo e terra, perchè le decisioni che sono prese in cielo possano compiersi sulla terra. Legare e sciogliere rimanda non a caso , nel linguaggio rabbinico, alle interpretazioni della legge mosaica, donata da Dio sul monte Sinai, necessarie perchè essa aderisca sempre più profondamente alla vita del popolo e al mutare dei tempi.
Pietro rappresenta tutto il popolo di Dio- lo stesso potere è infatti dato a tutto il popolo di Dio (cfr. Mt 18, 18)-, nel dono della fede, che lo rende capace di interpretare e compiere la volontà di Dio nella sua vita, mettendo in comunicazione cielo e terra: questo è il potere delle chiavi. Ed è per questo che Pietro è “roccia”, perchè non si limita ad ascoltare, ma mette in pratica la parola di Dio, costruendo la sua casa sulla “roccia”.

Questa fede nasce per rivelazione, per dono, non è il frutto di una sapienza umana: “né la carne né il sangue te l’hanno rivelato”dice Gesù a Pietro. Il Padre lo ha rivelato per dono a Pietro, come rappresentante di quei piccoli e semplici, che sono contrapposti ai sapienti e agli intelligenti nel Vangelo di Matteo.
Molti di noi hanno ricevuto la fede dai loro genitori o dai loro nonni. L’hanno assorbita dall’ambiente cristiano che hanno vissuto in famiglia e nel contesto parrocchiale. Ma dobbiamo essere sempre più consapevoli che la fede è un dono dall’alto, che viene direttamente da Dio, dal Padre, nel nostro cuore. Naturalmente essa può essere favorita dal contesto culturale, ma mai determinata. Si tratta sempre del misterioso unico rapporto tra Dio e la sua creatura che si compie con il dono della fede!

Questo porta con se due conseguenze.
1. la fede ci dona anche un’inaudito potere sulla realtà, ossia di mettere in comunicazione cielo e terra, di attuare nella nostra vita la volontà di Dio. Sentiamo che Dio è sempre presente e nello stesso tempo ci orientiamo sempre più verso di lui, nelle decisioni e nelle azioni. In tal modo ogni giorno la fede ci conduce ad una novità, ad un progresso, ad un cambiamento. Nella fede non c’è mai un giorno uguale all’altro, ma c’è sempre la possibilità di crescere e approfondire.
Molti mi portano dei dubbi in confessione, come se fossero dei peccati. I dubbi possono essere un alleato importante di questa crescita, se vengono affrontati nella certezza di trovare una risposta, grazie al dono della sapienza rivelata che Dio ci fa. A volte i dubbi sono un dono che Dio ci fa per smuoverci dalle nostre convinzioni abitudinarie ed incamminarci finalmente nella strada della fede.

2.la fede ci spinge a godere del dono del Padre e ringraziarLo, lodarlo, così che la lode accresca la fede. Sarebbe bello farlo ogni mattina: abituarsi a lodare il Padre, per tutti i suoi doni, la vita, la salute, la fede, la famiglia, gli amici: sono tutti segni di cui lodare il Signore, per educarci a vedere in essi la sua presenza e il suo dono. Ecco allora che la lode alimenta e accresce la fede.

Oggi possiamo farlo con le parole del Salmo responsoriale, offriamo la nostra lode al Signore, perchè essere divenga eucarestia, rendimento di grazie, per il dono dello Spirito che egli ci farà in questa messa:
“Rendo grazie al tuo nome per il tuo amore e la tua fedeltà:
hai reso la tua promessa più grande del tuo nome.
Nel giorno in cui ti ho invocato, mi hai risposto,
hai accresciuto in me la forza.” Sal 137.

Lettura e preghiera XXI TO Anno A

Lettura Mt 16, 13 – 20
Cesarea di Filippo, città ricostruita dal tetrarca Filippo, figlio di Erode il grande, è il contesto geografico che Gesù sceglie per dialogare con i suoi a riguardo della sua identità. Li dove il potere imperiale mostra le sue insegne per mezzo dei re ad esso sottomessi, Gesù rivela un potere del tutto alternativo, simile a quello dei profeti.
Fin dalle origini della monarchia in Israele c’era un potere che ne ha permesso la nascita e ne ha siglato la fine, i profeti. Elia ha profetizzato la fine del re Acab, nel regno del Nord, Geremia ha profetizzato la fine della dinastia di Giuda e la deportazione di Gerusalemme. Anche Giovanni Battista si è posto in atteggiamento critico nei confronti del re Erode. Sulla medesima scia viene inserito anche Gesù che, dopo la morte del Battista, con i suoi miracoli e la sua parola autorevole aveva radunato attorno a se molte persone. Infatti nonostante Gesù abbia dato anche alle folle alcune informazioni importanti sull’identità del “figlio dell’uomo” (cfr. 11, 19; 12, 40) esse non comprendono la vera identità e da questo momento in poi Gesù non parlerà più del figlio dell’uomo fino alla sua passione (cfr. 26, 64).
Quando i discepoli sono invitati da Gesù a fornire una risposta personale alla questione è Pietro a prendere la parola e a proclamare la fede in Gesù messia, che anche gli altri discepoli avevano iniziato ad intuire, dopo la tempesta sedata (cfr. Mt 14, 33): egli non è semplicemente un profeta, ma è il messia, il Figlio del Dio vivente (cfr. 1, 17; 2,4; 11, 2). Non è il frutto di una sapienza umana, ma l’umile adesione di Pietro ad una rivelazione rivolta ai piccoli (cfr. Mt 11, 25 – 26) che lo conduce a diventare “roccia”. Ora egli è Pietro, come gà era stato presentato (cfr. 4, 18; 10, 2), perchè la sua casa è fondata sulla roccia del Padre (cfr. 7, 24 – 27) ed egli può legare e sciogliere, ossia può interpretare la volontà di Dio così come l’ha rivelata e attuata Gesù. Si tratta della giustizia sovrabbondante (cfr. 5, 20), dell’amore gratuito del Padre (cfr. 5, 43 – 48) che compie la legge e i profeti, ossia tutta l’antica Alleanza (7, 12). Guardando a Gesù, Pietro, modello e rappresentante di ogni discepolo e della Chiesa intera, può legare e sciogliere (cfr. 18, 18), ossia può comprendere e attuare la volontà di Dio nella sua vita. Questa Chiesa, fondata sulla roccia di Pietro, è superiore alle porte dell’Ade, metafora che indica la morte; essa, cioè conosce una durata senza limiti, fino alla fine del mondo (28, 20).
Appena rivelata l’identità di Gesù, egli chiede il silenzio ai suoi discepoli, perchè tale rivelazione accadrà in modo del tutto inaspettato nella croce (v. 21). Il figlio dell’uomo, come i profeti prima di lui e ancor più radicalmente dei profeti, ha un potere totalmente alternativo a quello della violenza, il potere di Dio che si consegna nelle mani degli uomini per amore loro.
Questo richiederà da parte di Pietro e di ogni discepolo il totale abbandono a Lui e la conversione dalle logiche dell’autodifesa e della conquista. (v. 22). Essere di scandalo a Gesù vuol dire metterglisi davanti con i propri interessi e pretendere che lui ti segua. Seguirlo realmente significa tornare dietro a lui e perdere la vita per causa sua. Questa è l’unica strada per entrare nel Regno del Padre, che Gesù sta per instaurare col potere della sua croce (vv. 27 – 28).

Suggerimenti di preghiera
1. Hai letto con attenzione il brano di Vangelo e la scheda di commento (ascolto – rifletto). Ora disponiti davanti a Dio in preghiera con il corpo. Stai nella posizione che preferisci (seduto o in ginocchio…), per entrare in colloquio con il Signore.
2. Chiedi al Signore la grazia: qui è il dono di conoscere Gesù intimamente, per seguirlo e fare la sua volontà.
3. Per aiutarti nella contemplazione:
a. Vedi cosa fanno i personaggi e ricava un frutto. Per es: osservo Gesù che cammina insieme con i discepoli e sento la bellezza di far parte di questo gruppo di persone che stanno con lui.
b. Ascolta le parole dei personaggi e ricava un frutto. Per es. ascolto Gesù che mi chiede: “Voi, chi dite che io sia?”
c. Entra in colloquio con Gesù chiedendogli ciò che vuoi.
4. Concludi con la preghiera del Padre Nostro.

La fede della Cananea, antidoto contro i fondamentalismi (Omelia XX TO Anno A)

Fin dai tempi di Gesù il Libano è stato un territorio molto ricco di differenze. La cultura greca, con la sua capacità inclusiva, aveva ellenizzato un mondo religioso pagano ricco di culti…un po’ come oggi dove cristiani di varie confessioni, musulmani sciiti e sunniti convivono pacificamente in una cultura che ha forti tratti occidentali.
In questo contesto di differenze religiose e culturali dove Gesù si trova, la donna riconosce in lui il messia di Israele, figlio di Davide e lo prega per la sua figlia, intuendo la possibilità che questo messia possa estendere la sua azione anche al di fuori dei confini di Israele.
Gesù afferma che la sua missione storica è ricondurre all’ovile le pecore disperse della casa di Israele. Egli annuncia la regola della salvezza. Dio salva eleggendo un popolo e un messia all’interno di quel popolo. Da una parte ci sono i figli, eletti da Dio come destinatari del cibo della rivelazione, il pane, e dall’altra ci sono i cagnolini.

La donna tuttavia sfrutta abilmente l’immagine domestica dei cagnolini a suo vantaggio: anch’essi condividono il cibo dei loro padroni, che cade dalla loro tavola. Ella ha capito che l’elezione di Dio non è esclusiva, ma è foriera di beni per tutti i popoli dell’umanità, perchè Dio, quando elegge uno, lo fa per tutti. Dio ha scelto il popolo di Israele, Dio ha scelto il messia Gesù all’interno di questo popolo, in vista di un bene che sovrabbonda per tutti i popoli della terra. La donna lo ha capito per fede e Gesù lo riconosce: “Donna, davvero grande è la tua fede!”.

La donna ha compreso che Dio non abolisce le differenze, perchè Israele sarà sempre diverso, in quanto destinatario di una scelta particolare da parte di Dio. Ma tutte le differenze sono chiamate ad essere salvate insieme, a condividere insieme l’amore del Padre rivelato dal messia Gesù.

Il Vangelo ci educa così a non avere paura delle differenze anche tra le religioni! Oggi in particolare sentiamo di crimini orrendi perpetrati a danno dei cristiani e di altre minoranze religiose in Iraq. Non è così lontano da noi l’Iraq. Pur senza essere ingenui, non è l’Islam che dobbiamo temere, che tra l’altro è un coacervo di differenze enormi al suo interno, ma l’ideologia islamica dei fondamentalismi, che intendono cancellare tutte le differenze. Il mondo occidentale e l’Europa in particolare, nel suo orgoglio di voler esportare i suoi valori, sembra essere oggi molto più debole e incapace di affrontare questa recrudescenza del fondamentalismo.

Dobbiamo ritrovare l’umiltà e la fede della cananea, che da “diversa” e ai margini ha saputo cogliere il centro, il cuore della rivelazione: l’amore sovrabbondantedel Padre, che in Cristo unisce tutte le differenze in un corpo solo.

Solo la fede cristiana saprà darci una chiave non ideologica ma spirituale, per non soccombere alla deriva violenta di fondamentalismi di ogni tipo, per dialogare senza essere deboli, per incontrare l’altro senza rinunciare alla propria identità, anzi approfondendola. Per ritornare ad essere umilmente orgogliosi del Vangelo, che è stato provvidenzialmente seminato nella storia dell’Europa e nelle nostre storie personali e che sarà la chiave per costruire un futuro di pace e di libertà per i nostri figli e nipoti.

Allo stesso modo non dobbiamo avere paura delle persone che vengono da noi come immigrati, la maggior parte dei quali sono di tradizione islamica. Annunciare il vangelo di Gesù, con dolcezza e rispetto, è possibile anche nei loro confronti, soprattutto nella forma della carità. Allo stesso tempo dobbiamo difendere come un valore irrinunciabile della nostra cultura la libertà religiosa e di coscienza e aiutarli ad apprezzarla, anche come garanzia per loro.
Intanto preghiamo perchè cessino le tremende violenze a danno dei cristiani e di tutte le minoranze religiose nel mondo. Preghiamo perchè non prevalgano le divisioni e le violenze e perchè anche il medio oriente possa essere un luogo dove la gente semplice ritorni a vivere in pace e prosperità.

Omelia per l’Assunta

L’apocalisse sembra parlare il linguaggio misterioso della fine del mondo, in realtà i suoi simboli sono talmente potenti da attraversare tutta la storia dell’umanità. Da un lato troviamo la sagoma enorme e spaventosa del drago rosso, che rappresenta la forza del male in opera nella storia. Dall’altro troviamo una donna che vive nel dolore e nelle doglie del parto, vestita di sole, con una corona di dodici stelle e la luna sotto i suoi piedi. Questa donna è la Chiesa, che è avvolta dal sole dello Spirito Santo, della resurrezione di Gesù, e che ha una corona di dodici stelle che sono le dodici tribù di Israele e i dodici apostoli. La luna sotto i suoi piedi rappresenta il tempo su cui la Chiesa ormai regna sovrana, come realtà che gode del Regno inaugurato con la resurrezione di Gesù. Ma nello stesso tempo vive nella storia e dunque soffre le doglie del parto, il dolore della nascita dei figli di Dio. Il bambino che viene salvato dal tentativo omicida del drago è la discendenza dei figli di Dio, insieme con il Figlio per eccellenza, il Messia Gesù Cristo.
Questi simboli contrappongono in modo netto l’umile potenza di Dio, che si manifesta nella generazione e nella fecondità, con la superba potenza del male, che si manifesta in forme grottesche e mostruose. Alla fine la vittoria spetta alla Parola di Dio,che opera come seme deposto nel seno della donna, e che ha bisogno di un femminile che l’accolga, di uno spazio vuoto, di uno cuore aperto e disponibile, come quello di Maria, beata perchè ha creduto nella potenza di questa parola.
Non vi è salvezza se non attraverso il seno e il cuore della donna. Il seno di colei che accoglie la vita e il cuore di colei che ama fin dai primi momenti della gravidanza. Il seno di colei che partorisce con dolore e il cuore di colei che di nuovo partorisce il proprio figlio ad ogni passaggio della sua vita.
La fede di Maria incoraggia la fede di ogni donna nella vita che è dono di Dio, di fronte alle la drago di un’economia fondata esclusivamente sul principio maschile, che punta a fagocitare le speranze del mondo. Siamo in una società che vuole la donna in carriera fino a 40 anni e che la invita a non avere figli nell’età più fertile. Si chiede alle famiglie di dare ai figli una serie di beni che in realtà sono secondari e per questi motivi si limitano le nascite ad un figlio, due sono già troppi, così abbiamo creato una società di anziani. È necessaria una fede nella vita, la fede di Maria, per vincere questi modelli! La fede di Maria può aiutare anche quelle mamme che non sanno più come comportarsi coi loro figli adolescenti e soffrono per i sensi di colpa, non sapendo dove hanno sbagliato. Ma per forza gli errori di un figlio adolescente sono da attribuire a sbagli dei loro genitori? Si tratta di ripartorire nuovamente il proprio figlio, come ha fatto Maria. Penso anche alle sofferenze di tante donne in cerca di lavoro, sottopagate e stressate. La sensibilità femminile ha bisogno di esprimersi nel mondo, con la sua empatia, la sua capacità di sentire la sofferenza e di proteggere le vittime, di creare un mondo più umano, più affettuoso, più in grado di interessarsi e di curare chi sta peggio. La fede di Maria può aiutare le donne di oggi a non lasciarsi derubare della speranza, a lottare per l’espressione della propria dignità nel lavoro. In ogni professione c’è bisogno oggi della cura, dell’attenzione, della fantasia, del genio della donna, con la forza della fede con la quale una donna, Maria, ha già defininitivamente ottenuto la vittoria della vita e dell’amore.

Lettura e preghiera XX TO Anno A (Mt 15, 21-28)

Lettura di Mt 15,21-28
Gesù si reca in territorio pagano, allontandosi dal luogo in cui aveva discusso con i farisei (v. 21, cfr. 15, 1). Si tratta di un’eccezione e quasi di un anticipo della diffusione del Vangelo dopo la morte e resurrezione di Gesù (Mt 28, 19). Qui avviene l’incontro con la donna Cananea (termine per indicare l’appartenenza alle località e culture fenicie), che proveniva da quei monti. La donna si rivolge a Gesù con termini piuttosto familiari a chi prega nella comunità cristiana fondata da Gesù risorto. Essa supplica di avere pietà, come fa il Salmista (Sal 6, 3; 9, 14; 26, 7) e identifica Gesù con l’appellativo di “Signore”, che indica una fede nella sua divinità e insieme il riconoscimento della sua appartenenza alla casa di Davide (figlio di Davide). Ella è consapevole di rivolgersi al messia di Israele, che ha già guarito i ciechi del suo popolo (cfr. 9, 27).

Gesù rifiuta in modo più radicale di quanto viene riportato in Mc, tanto che la donna deve ripete due volte la sua richiesta, al v. 22 e al v. 25. Anche la seconda volta a donna si rivolge a Gesù con le parole dei Salmi (cfr. Sal 43, 27). Al v. 24, Gesù risponde ai discepoli, che appoggiano indirettamente la richiesta della donna, con un argomentazione sulla sua missione, che troviamo riportata senza modifiche in 10, 6, quando Gesù invia i suoi discepoli. Gesù è stato inviato (sottinteso da Dio) per il popolo di Israele, perchè Dio è fedele alle promesse fatte da Dio al popolo eletto. La risposta di Gesù alla donna al v. 26 chiarisce ulteriormente la prospettiva di Gesù ma fornisce anche alla donna la chiave per poter rispondere, ribaltando il punto di vista. I cani di cui parla Gesù, in contrapposizione ai figli, sono gli animali domestici. Proprio questa immagine viene sfruttata dalla donna per sottolineare la medesima intimità del luogo di casa: anche i cagnolini, che vivono in casa dei loro padroni possono nutrirsi delle briciole di pane che cadono dalla tavola dei loro padroni. La differenza tra giudei e pagani rimane, ma la fede della donna le permette di entrare anche a lei dentro alla sovrabbondanza della rivelazione e rende possibile la guarigione della figlia. Ella anticipa ciò che accadrà al termine del Vangelo, quando Gesù risorto, invierà i suoi discepoli a tutti i popoli pagani (Mt 28, 19).
Infatti anche se una persona non appartiene al popolo eletto per stirpe, la sua fede nel messia Gesù le permette di godere dei beni della salvezza e di entrare nella rivelazione che si compie con il Vangelo.
Suggerimenti di preghiera
1. Hai letto con attenzione il brano di Vangelo Ora disponiti davanti a Dio in preghiera con il corpo. Stai nella posizione che preferisci (seduto o in ginocchio…), per entrare in colloquio con il Signore.
2. Chiedi al Signore la grazia: qui è il dono di conoscere Gesù messia, per seguirlo e credere sempre più in lui
3. Per aiutarti nella contemplazione:
a. Vedi cosa fanno i personaggi e ricava un frutto. Per es: osservo Gesù che si trasferisce a Tiro e Sidone. Egli si reca anche nelle zone più lontane da Dio della mia coscienza, per guarirmi con il dono della fede.
b. Ascolta le parole dei personaggi e ricava un frutto. Per es. Ascolto la donna che dice: anche i cagnolini mangiano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni. Chiedo il dono dell’umiltà che attira la grazia di Dio e rende potente la fede.
c. Entra in colloquio con Gesù chiedendogli ciò che vuoi.
4. Concludi con la preghiera del Padre Nostro

L’sms di Dio (XIX TO Anno A)

Avete mai sentito il rumore della tempesta nel mare? Il sibilo del vento e il suono delle onde che si frangono e spumano? È difficile, in questi casi, anche solo percepire la parola di una persona vicina che grida qualcosa.

Eppure Gesù grida: “Coraggio, sono io” e i discepoli possono udirlo. Egli è in grado di dominare gli elementi disordinati, rimane a galla e la sua Parola può vincere i rumori della tempesta e arrivare al cuore dei discepoli, sciogliendo la loro paura. Potremmo tradurre anche: “Coraggio, io sono”, che allude ad un nome misterioso, quello del Dio di Israele che si rivela sul monte a Mosè e che libera il suo popolo dalle acque del mare. Gesù porta in mezzo ai rumori del male, dell’insicurezza e della fragilità, la potenza stessa della voce di Dio.

Pietro comprende questa allusione al nome di Dio da parte di Gesù e la utilizza nella sua domanda:”Se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acque”. La parola di Gesù “vieni” che risuona in mezzo al rumore degli elementi, è la parola di un uomo, eppure Pietro vi si può abbandonare totalmente, fidandosi che essa sola lo reggerà sulla superficie delle acque. Ma Pietro ha paura, perchè finisce per soffermarsi più sulla violenza del vento che sulla forza della Parola. È la paura che lo rende uomo di poca fede, come ogni discepolo.

Come Pietro anche noi siamo spaventati dalle difficoltà della vita, dal futuro, e costruiamo la nostra vita sulla paura. Intere civiltà, come quella occidentale, sono costruite sulle fragili fondamenta della paura, dell’immigrato, del nemico terrorista, della crisi economica. Sono i “rumors” che popolano oggi tutti i nostri telegiornali, e che contribuiranno ad affondarci… Anche noi personalmente viviamo spesso nella paura per il futuro nostro, dei nostri figli e nipoti. Ci saranno ancora le pensioni tra 20 anni? Com’è il mondo che lascio ai miei figli e nipoti? Siamo la prima generazione ad avere il sospetto che il mondo che lascerà sarà peggiore di come l’ha trovato.

Ancora la paura incide sulle relazioni familiari e affettive e porta con se la pretesa di una comunicazione perenne con tutti, attraverso i cellulari e i social network. Una volta se un figlio faceva un viaggio un po’ lontano bastava una telefonata all’arrivo…oggi dobbiamo mandarci messaggi ogni giorno. E se non arriva, magari per dimenticanza, ecco l’ansa e la paura… Una volta tra fidanzatini ci si vedeva all’uscita da scuola, ora ci si parla costantemente attraverso FB o Whatsapp. E se l’altro non mi risponde subito, nasce la paura che non mi voglia più bene…
Il diffondersi di questa “paura comunicativa” che genera bisogni sempre nuovi nasce dalla solitudine dell’uomo moderno, che ha smesso di ascoltare la voce dell’unico che può far sentire l’uomo meno solo.

È la voce di Gesù, che incoraggia i discepoli e Pietro, e che lo invita a fidarsi, dicendo “vieni”. È la voce di Dio stesso, che sussurra nel silenzio come una brezza leggera. Potremmo tradurre meglio in “voce di un silenzio sottile”. La Parola di Dio risuona come voce delicata e soave dentro un silenzio, che è quello del cuore umano quando è liberato dalle sue ansie e paure. Potremmo dire che la Parola è voce di silenzio, perchè è fatta di silenzio. Non un silenzio vuoto, ma pieno della presenza, pieno di una “comunicazione” reale nel nostro cuore. Abbiamo perso l’importanza del silenzio in famiglia… dobbiamo sempre riempire ogni momento con chiacchere e rumori di fondo.

Qualche suggerimento per vivere il silenzio pieno di Dio:
-ogni giorno sostituire almeno un sms “inutile” ad una persona con una preghiera per lei/lui.
-a pranzo e cena in famiglia spegnere, almeno una volta al giorno, la televisione.
– trovare cinque minuti al giorno per ascoltare la parola del Vangelo, come voce di silenzio, e aggrapparsi ad essa, senza lasciarsi spaventare dalle difficoltà di ogni giorno.

Lettura e preghiera XIX TO Anno A (Mt 14, 22-33)

Lettura di Mt 14,22-33

Questo brano segue immediatamente quello della moltiplicazione dei pani. Congedata la folla, Gesù si ritira sul monte, solo, a pregare, come fa spesso (v. 23 cfr. Luca 6,12; 9,28). Sul lago si scatena un forte vento e la barca è sbattuta tra i flutti. Gesù viene incontro ai discepoli, camminando sul mare, ma essi, credendolo un fantasma, si mettono a gridare dalla paura (vv. 24 – 26).
Il momento iniziale dell’itinerario di fede dei discepoli è la separazione da Gesù: essi si trovano nella barca della Chiesa, agitata dalle onde e incapaci di andare avanti a causa del vento contrario. Non sanno riconoscere la presenza di Gesù che viene loro incontro, camminando sul mare, ossia dominando la realtà e la storia, come Dio quando si librava sulle acque primordiali o quando ha salvato il suo popolo soffiando sulle acqua del mar Rosso (cfr. Is 43, 16). Gesù è colui che controlla le forze del male, il vento e le onde, e colui che salva la sua comunità in mezzo alle prove. Non a caso Gesù subito rassicura i suoi: “coraggio!” (v. 27). Questa parola in tutto il NT si legge sempre e solo sulle labbra di Gesù: la dice al paralitico (Mt 9,2); all’emorroissa (Mt 9,22); ai discepoli (Gv 16,33); a Paolo (Atti 23,11). Poi aggiunge: “Sono io!” (cfr. Is 43, 10): non è solo un’autoidentificazione; è l’attestazione di una presenza, di una vicinanza amica e potente. Vuol dire: “Io sono con voi”, non vi ho lasciati soli. A parlare così è il Dio che si rivela a Mosè e cammina col suo popolo (Es 3, 14) è il Dio-con-noi, l’Emmanuele (cfr. Is 7, 14).
Pietro si appella a questa dichiarazione di Gesù: “io sono”, e chiede “Se sei tu” per seguirlo camminando sulle acque (v. 28). Pietro mette alla prova Gesù, ma manifesta anche l’intimo desiderio di seguirlo, di stare con lui in ogni circostanza, anche le più difficili. Per questo Gesù accetta la prova e gli dà il segno. Ma Pietro si lascia ipnotizzare dalla violenza del vento; infatti – nota letteralmente l’evangelista – egli vide il vento contrario e prese paura (v. 29). Questo è stato l’errore di Pietro: anziché guardare fisso Gesù, ha guardato la forza del vento e ha cominciato ad affondare. È la sua poca fede(oligopistìa v. 31), ossia una fede continuamente minacciata dal dubbio e dalla paura, che caratterizza i discepoli, come risulta da Mt 8,23-27; 14,31, 16,8; 17,20. Il contrasto è con la “fede grande”, come quella del centurione (Mt 8,5-13) o della Cananea (Mt 15,21-28). Come si vede, non sono degli ebrei, ma dei pagani a nutrire nei confronti di Gesù una fede vera e totale.
Tuttavia la presenza di Gesù col suo gesto e con il suo dominio sugli elementi – il vento improvvisamente cessa – fa uscire i discepoli dalla “oligopistìa” ed essi professano una fede piena nel Signore e nella sua parola potente: gli si prostrano davanti e lo riconoscono coralmente come il Figlio di Dio (v. 32). Da notare che il verbo “prostrarsi” appartiene a un contesto liturgico: indica l’inchino profondo che si fa con tutto il corpo e che è riservato nel culto solo al Signore. Inoltre il riconoscimento di Gesù come “il Figlio di Dio” avviene molto prima della confessione di Pietro (cfr. Mt 16,16). L’evangelista vuole così sottolineare che la reazione vera di fronte ai segni potenti di Gesù non è l’ammirazione della sua potenza: è la fede nella sua presenza proprio in mezzo alle difficoltà e alle contrarietà della vita.

Suggerimenti di preghiera
1. Hai letto con attenzione il brano di Vangelo e la scheda di commento (ascolto – rifletto), interiorizzando le frasi per la meditazione e lasciandoti interrogare dai punti per la riflessione. Ora disponiti davanti a Dio in preghiera con il corpo. Stai nella posizione che preferisci (seduto o in ginocchio…), per entrare in colloquio con il Signore.
2. Chiedi al Signore la grazia: qui è il dono di conoscere Gesù intimamente, per seguirlo e credere sempre più in lui.
3. Per aiutarti nella contemplazione:
a. Vedi cosa fanno i personaggi e ricava un frutto. Per es: osservo Gesù che cammina sulle acque e sento l’entusiasmo di Pietro, che desidera condividere col suo maestro il potere di rimanere “a galla” nella vita.
b. Ascolta le parole dei personaggi e ricava un frutto. Per es. ascolto Gesù che mi chiede: “Perché hai dubitato?” Ripenso a tutte le volte che sono sicuro di affondare e non ho più fiducia che il Signore mi porga la sua mano
c. Entra in colloquio con Gesù chiedendogli ciò che vuoi.
4. Concludi con la preghiera del Padre Nostro

La Chiesa come una “zdora” (Omelia XVIII TO Anno A)

Il deserto dal tempo di Israele è il luogo della crisi. Anche i discepoli vivono questa crisi, che in fondo è una prova di fede. Tanta gente c’è intorno a Gesù, che ha guarito molti che erano ammalati. Il problema è che hanno fame e i discepoli non sanno come fare a dargli da mangiare e questo problema li assilla, fino al punto che pensano di mandarli via, perchè ognuno lo affronti per conto suo. Essi sono totalmente concentrati sull’aspetto economico e non vedono via d’uscita, per la scarsità delle loro risorse.

Essi sono chiamati a dare ascolto ad una parola: “Date loro voi stessi da mangiare.” Per uscire dalla crisi il primo passo è mettersi in ascolto di una parola, che invita i discepoli a mobilitare tutte le energie migliori e che viene loro offerta gratuitamente. “Comprate e mangiate, senza denaro,vino e latte”: recita il profeta Isaia, riferendosi alla Parola di Dio, cibo donato gratuitamente, che accende la fame di Dio e permette di vedere una via di uscita a tutti i nostri problemi, spostando le nostre domande e i nostri bisogni.

Anche noi come i discepoli siamo chiamati a questo ascolto che ci fa uscire dalla crisi. Ascoltare con attenzione e rileggere durante la settimana il Vangelo domenicale è un atto che, nella sua semplicità, può cambiare la nostra vita, perchè basta a riaccendere in noi la fame della parola e a farci uscire dal corto circuito dei problemi irrisolvibili. Chi ha fatto questa esperienza, sa poi anche suscitare negli altri questa stessa fame.

I discepoli comprendono infatti che Gesù vuol suscitare nella gente una fame più grande, la fame della parola di Dio, anche rispondendo gratuitamente ai loro bisogni materiali e così si offrono di portare a Gesù i loro cinque pani e due pesci. Il problemi concreti si risolvono partendo dal dono più grande, quello della fede, attraverso l’umile offerta dei propri talenti a Gesù, perchè lui li moltiplichi.
Si tratta di dare da mangiare il cibo della fede a chi è intorno a noi, attraverso i gesti del proprio servizio quotidiano.

Dare da mangiare ai propri figli, ai nipoti e in particolare a chi è solo, malato e disperato. Offrire collaborazione e speranza ai giovani che non trovano lavoro e seguire con amore i ragazzi in difficoltà: forse non abbiamo saputo dargli ciò che sazia, se vanno in giro a saziarsi di nulla. Mi riferisco in particolare a quel gruppo di ragazzini che va in giro a suonare i campanelli per le case, bestemmiare dietro alla gente e tirare le pigne alle macchine. Sono dei segnali che ci stanno mandando che come adulti siamo chiamati non solo a reprimere ma anche ad interpretare. Cosa ci chiedono? Cosa dovremmo dare loro che fino ad ora non hanno ricevuto? Sono domande che esigono un confronto serio, tra genitori, educatori e adulti del quartiere. Ma una certezza l’abbiamo già: quello che loro senza saperlo chiedono, noi l’abbiamo già, solo che a volte non sappiamo come cucinarlo.

Dobbiamo imparare dalle “zdore” romagnole, che da pochi ingredienti sanno cucinare bene e abbondante per tutti, figli e nipoti. 

Lettura e preghiera XVIII TO Anno A (Mt 14, 13 – 21)

 

Lettura di Mt 14, 13 – 21

La folla segue Gesù dovunque egli vada (8, 1; 12, 15), anche nei luoghi deserti dove egli si ritira dopo aver saputo della morte di Giovanni il Battista.

Gesù ha misericordia della folla e guarisce i malati. La compassione di Gesù è un motivo ricorrente nel vangelo di Matteo (cfr. 9, 36): Egli è il pastore misericordioso, che fascia le pecore ferite e le pasce con giustizia (cfr. Ez 34, 15 – 16).

Il primo gesto della guarigione dei malati porta con se l’ulteriore sviluppo dell’azione pastorale di Gesù nei confronti della folla. Infatti l’arrivo della sera sorprende oramai la folla e i discepoli (v. 15) ed essi si preoccupano del suo nutrimento. Scaturisce da qui un dialogo con Gesù, nel quale i discepoli fanno presente al maestro la scarsità delle loro risorse: hanno solo cinque pani e due pesci.

La discreta resistenza dei discepoli alla proposta di Gesù di nutrire loro stessi la folla è una prova di fede nei confronti del loro maestro e ricorda la resistenza del popolo di Israele nel credere che Dio possa davvero sfamarlo nel deserto (cfr. Es 16, 3 – 4). Anche il discepolo di Eliseo fa presente al suo maestro la pochezza di venti pani d’orzo per cento persone (cfr. 2 Re 4, 42 – 43). Gesù è davvero il profeta degli ultimi tempi che come Mosè ed Eliseo rende presente la misericordiosa provvidenza di Dio per il Suo popolo, Israele.

Ma più di Mosè ed Eliseo Gesù è protagonista attivo di questa moltiplicazione dei pani, attraverso una serie di azioni e di gesti che pongono questa scena in una significativa relazione con l’istituzione dell’eucarestia. Siamo alla sera come nell’ultima cena (cfr. 26, 20) e Gesù, presi i pani e i due pesci, pronunziata la benedizione, spezza i pani (v. 19) – scompare qui il riferimento ai due pesci – e li consegna ai discepoli. Prendere, benedire, spezzare e consegnare sono i quattro verbi dell’istituzione dell’eucarestia (cfr. 26, 26): il pane moltiplicato qui da Gesù è chiaramente un’anticipazione del pane che Gesù identificherà con il suo corpo, nell’ultima cena.

Gesù è il profeta degli ultimi tempi che rende presente la misericordia e l’amore di Dio, ma ancor più è egli stesso che si fa nutrimento, identificandosi con il pane che distribuisce al popolo. Siamo ormai giunti al compimento di tutte le attese del popolo di Israele e la sovrabbondanza del nutrimento, che non solo nutre a sazietà ma anche rimane in dodici ceste, indica la totalità del dono che Gesù compie, dono destinato a saziare tutto il popolo, tutte le sue “dodici tribù”.

I dodici discepoli collaborano con Gesù a saziare i 5000 uomini, segno di quel resto di Israele, destinato a camminare nella storia, nutrito dal suo messia e guidato dai 12 apostoli da lui scelti. è il primo seme della Chiesa.

 

Suggerimenti di preghiera

1. Mi dispongo a pregare con il corpo, nella posizione in cui mi sento più a mio agio.

2. Leggo il brano di Vangelo di Mt 14, 13 – 21

3. Chiedo al Signore la grazia: qui è il dono di conoscere sempre più l’amore sovrabbondante del cuore di Cristo, per servirlo nella Chiesa.

4. Per aiutarmi nella contemplazione:

a. Vedo cosa fanno i personaggi e ricavo un frutto. Per es.: osservo Gesù e sento la sua compassione per le folle. Rifletto su quanto quel sentimento non è rivolto genericamente a tutti, ma singolarmente a ciascuna persona di quella folla.

b. Ascolto le parole dei personaggi e ricavo un frutto. Per es.: ascolto Gesù che mi dice: “date voi stessi da mangiare”. Mi sento interpellato dalla sua parola per il mio servizio alla Chiesa e alla società.

c. Entro in colloquio con Gesù chiedendogli ciò che voglio.

5. Concludiamo insieme con la preghiera del Padre nostro.