
Nella nostra vita abbiamo bisogno, ogni giorno di nutrimento. Un cibo fisico, che alimenti il nostro organismo; un cibo psicologico, di amicizia, stima, affetto, amore che possa saziare un po’ i nostri bisogni umani; un cibo spirituale che ci doni la forza di superare noi stessi, di andare oltre, di attraversare le tempeste della vita, per rinascere più liberi.
Così Elia, rimasto solo tra i profeti fedeli al Signore, si nutre di pane e di acqua, che gli vengono somministrati da Dio, proprio nel momento di maggior bisogno e, potremmo dire, di disperazione. Gli manca ormai ogni appoggio umano, ogni amicizia, ogni riconoscimento personale e sociale, perché la sua scelta di coerenza per Dio lo ha portato a vivere da solo, perseguitato e oggetto di odio da parte della corte del re e della regina Gezabele.
Dio non fa mai mancare il suo sostegno, nei momenti di solitudine e di fatica personale e, anzi, se attraversati con lui, questi momenti sono l’occasione per fare l’esperienza dell’esodo, e cioè di come Dio nutre, con pane e acqua, come ha fatto con Elia nel deserto dell’esistenza, quel tanto che basta per arrivare fino al monte di Dio. Elia ha rivissuto l’Esodo del popolo di Israele nella sua persona e in sé stesso ha ristabilito l’alleanza di Dio con il popolo, come passaggio attraverso il deserto per giungere all’incontro sul monte di Dio. In quel momento, sul monte, Elia non avrà più dubbi su ciò che è chiamato a fare, dopo aver sperimentato il nutrimento continuo e quotidiano del Signore. Anche noi abbiamo bisogno di vivere di questo nutrimento profondo, per salire fino al monte di Dio, dove troviamo la chiamata potente dello Spirito Santo, da parte del Signore. Ma quale nutrimento è per noi quell’orcio di acqua e quella focaccia che permette ad Elia di avere le forze necessarie per salire sul monte?
Nel vangelo Gesù si presenta come il pane disceso dal cielo e i giudei si scandalizzano, perché non credono che una persona umana possa provenire da Dio e portare Dio nella sua carne. Non hanno ancora sperimentato la forza di un amore che esce da sé stesso, per entrare con dolcezza nell’altro, per farsi piccolo e servo, per ritessere le relazioni proprio lì dove c’è distanza e ostilità. Solo l’innalzamento della croce avrà in sé quell’onnipotenza d’amore in grado di attirare a sé ogni uomo: “questo pane”, dice Gesù in questo discorso, “è la mia carne per la vita del mondo”. Questo significa che Cristo ci ha amato e ha dato sé stesso per noi, con un amore spinto fino all’estremo.
È proprio questo amore e questa carne a costituire il nutrimento in grado di farmi arrivare al monte di Dio, proprio dentro ai deserti della mia esistenza. Sappiamo che le relazioni umane, anche quelle più care ed importanti, sono limitate e non possono eliminare del tutto quella solitudine che caratterizza la mia identità e autonomia davanti a Dio e che solo Dio stesso, con il suo amore, può riempire, quando e come vuole. Tutti i nostri cari, anche il nostro coniuge, non potrà mai riempire quella solitudine di fondo dove solo il Signore può giungere. Solo Lui ci ha rivelato, con il suo sacrificio d’amore, la potenza di relazione che connette tutti con lui e attraversa ogni cuore per unirlo a sé. Il sacrificio allora non è qualcosa che facciamo noi per lui, noi riceviamo soltanto da lui la vita e l’amore. Il sacrificio è quel dono d’amore, che Lui fa per ciascuno di noi, personalmente, per nutrirci, sostenerci, accompagnarci, farci crescere nella libertà.
Un esempio concreto potrebbe aiutarci a capire. Serena è una donna che nella vita si è fatta in quattro per gli altri, perché ha imparato dai suoi genitori il valore del lavoro e dell’impegno e ha sempre dato il massimo, per la famiglia, per lo sposo Mario, per i figli, per l’azienda in cui lavora. Ogni tanto però si affaccia nel suo cuore la domanda, che cerca di cacciare via ma ritorna molesta: la vita è tutta qui? O c’è dell’altro che dovrei fare? Ad una certa età della vita ci sono domande scomode, che rimettono un po’ in movimento. Insieme a queste domande c’è anche un dubbio sul proprio valore, sulla propria capacità, che gli è stato instillato fin da bambina, perché ogni cosa che faceva non andava mai bene per i suoi genitori. È in questo periodo che Serena, ha ricominciato ad interrogarsi sulla fede: poi un incontro è stato decisivo, con una coppia di amici che ha invitato lei e Mario ad un gruppo di confronto sul vangelo. Li ha riscoperto in modo nuovo la persona di Gesù e il suo dono d’amore per lei: aveva sempre pensato che la vita cristiana fosse un “impegnarsi” e un “sacrificarsi”, per confermare il proprio valore ora inizia a comprendere che il suo valore è quello di essere amata e che sono altri due i verbi più importanti: “ricevere” e “attraversare”. Ossia ricevere il Suo amore insieme agli altri e attraversare con Lui ogni passaggio per salire sul monte di Dio.






