Si parla spesso di Gesù come Figlio di Dio, oppure anche come messia/Cristo, o anche come re o come profeta. O anche come sacerdote.
Parliamo poco di Gesù come sapiente. Anzi, più che sapiente, come la sapienza stessa, che abita l’uomo al punto da trasformarlo in sé stessa. Gesù non è solo un saggio, è la sapienza stessa di Dio nell’umanità. Ci fa capire a cosa è chiamato l’uomo, come può vivere se abitato dalla Sapienza e trasformato in Dio stesso.

Le frasi che Gesù pronuncia in questo discorso, nel suo stile parabolico, con degli esempi e degli aforismi, ci raccontano di una sapienza che non si esprime in modo tecnico, logico, arido, come farebbe l’intelligenza artificiale, ma con lampi di intuizioni profonde, capaci di esprimere qualcosa della loro potenza solo grazie a degli esempi e delle immagini.
La Sapienza di Gesù, quindi si esprime attraverso degli esempi, che dicono molto di più di quel che apparentemente significano. E che vogliono aiutarci a vivere bene, hanno quindi un obiettivo pratico. Costituiscono una sorta di coaching di Gesù.
Si tratta di quattro piccole parabole. Anzitutto quella dei due ciechi, che cadono entrambi nel fosso. Gesù sta dicendo che la sapienza ci conduce ad essere ciascuno maestro, per imparare, con i giusti strumenti, ad arrivare alla pace del cuore, alla piena realizzazione di noi stessi. La sapienza ha a che fare, quindi, con la nostra autoformazione: attraverso maestri e modelli buoni che il Signore ci ha dato nella vita, noi riceviamo esempi e strumenti per capire come orientare la nostra vita al bene e all’amore, come compiere desideri profondi che sono nel nostro cuore, come muoverci verso la vera pienezza di noi stessi. Nessuno però si può sostituire a noi in questo discernimento. Ognuno, ben preparato, con i giusti strumenti, sarà quindi maestro di sé stesso.
E quali sono questi strumenti?
Gesù ce li consegna con le restanti tre piccole parabole. Nella prima, la famosissima parabola della trave nell’occhio, Gesù ci fa capire che spesso i nostri giudizi sugli altri e sulla realtà sono condizionati dalle nostre distorsioni cognitive, che si radicano nelle nostre difese e nelle nostre ferite. È questa la trave. Per correggere il nostro sguardo, quindi, serve un percorso di guarigione del cuore, che ci aiuti a prendere consapevolezza delle nostre ferite, anche profonde, per impregnarle dell’amore, della tenerezza, della stima che provengono da Dio. Questo significa togliere la trave. Solo allora saremo liberi nello sguardo e capaci di seguire la via dell’amore nel guardare e togliere la pagliuzza dall’occhio del fratello. Guariti diventiamo guaritori. O forse, più esattamente, potremmo dire, visto che il processo di guarigione non finisce mai nella vita, mentre veniamo guariti da Lui, aprendoci alla sua grazia, permettiamo agli altri di entrare in questo processo di guarigione.
Se questo sta davvero accadendo nella nostra vita, allora si apre un nuovo scenario, descritto dalla terza e dalla quarta parabola. Come capire dove orientarci? Come comprendere ciò che fa male e distinguerlo da ciò che fa bene? Dai frutti, ci dice Gesù. Se siamo orientati verso il bene, possiamo comprendere dal nostro cuore, a partire dai nostri pensieri, ciò che porta un frutto buono, di pace, consolazione, desiderio di bene, crescita nella speranza e nell’amore e ciò che porta un frutto cattivo, di aridità, desolazione, rigidità, ansia, agitazione, oscurità ecc. Se evitiamo di prendere una strada dove sentiamo desolazione, ci risparmieremo l’80 per cento dei nostri errori.
Il buon tesoro è allora qualcosa che proviene dal cuore, è ciò che dal cuore sovrabbonda che dobbiamo seguire, dalla parte più vera e profonda di noi. Ed ecco la quarta parabola. Da lì scaturisce un di più, una pienezza, che trova riscontro nella vita, anche attraverso la fatica e il dolore che sono come l’inevitabile scalpello capace di purificare e perfezionare il nostro desiderio buono e bello.
Gesù, maestro di sapienza e sapienza lui stesso, ci mostra che siamo fatti per un desiderio che trova la sua pienezza solo dentro ad un continuo lavoro, una continua ascesi, salita, che solo il suo Amore rende possibile.
È come una scala mobile, noi possiamo e dobbiamo salire con le nostre forze, per tenerci in piedi e collaborare col nostro passo, ma la forza principale, che ci trascina su, quella del desiderio profondo, che viene dal Suo amore, quella proviene da Lui.
