Profeti e profetesse (Candelora)

Spesso di fronte alle notizie cattive che circolano nel mondo e alle difficoltà che possiamo vivere nella nostra vita familiare e personale, ci chiediamo che cosa stiamo attendendo o sperando. Abbiamo infatti l’impressione che le nostre attese possano essere continuamente smentite dalla realtà intorno a noi.

Simeone ci mostra quanto questa impressione, un po’ depressiva, possa essere smentita dalla presenza di Dio nel nostro cuore e dalla realtà vera intorno a noi.

Egli è descritto come un uomo giusto e pio, che ha quindi una caratteristica di relazione buona e intensa con gli altri (giustizia) e di connessione profonda con Dio (pio). Tutto questo è generato in lui dall’azione dello Spirito Santo, che lo riempie e lo consegna ad un’attesa reale e non immaginaria. Egli non si rassegna ad abbassare l’asticella delle aspettative del Regno di Dio e crede ancora nella consolazione di Israele. Cioè crede nel fatto che il Signore sa mantenere le sue promesse di vita, anche in modo apparentemente inaspettati ed inusuali e questa sua fede lo mantiene agganciato alla realtà, gli impedisce di chiudersi nelle sue dinamiche egocentriche, nei suoi risentimenti, nelle sue disillusioni.

Lo Spirito Santo gli offre insomma gli occhiali giusti per leggere la realtà e lo spinge al momento giusto, ad incontrare Gesù, il messia. Ci saranno state centinaia di famiglie quel giorno al Tempio di Gerusalemme, con altrettanti bambini, e famiglie ben più appariscenti e con offerte molto più generose di quella fatta dalla povera famiglia di Nazareth, per acquistare una coppia di tortore o di giovani colombi. Eppure lo Spirito gli offre le lenti giuste per riconoscere il messia, in quel piccolo segno, in quel bambino, in quella famiglia non particolarmente “riconoscibile” tra le tante altre. Così accade nella nostra vita, se ci esercitiamo a riconoscere con lo Spirito: segni semplici e ordinari, di vita quotidiana, diventeranno per noi presenze messianiche, segnali e frecce che lo Spirito traccia per noi ogni giorno. Quella persona, quel dialogo, quel sorriso, quell’incontro, al lavoro, a scuola, con gli amici: ogni conversazione, se abbiamo le antenne ben orientate, può essere occasione per cogliere questa presenza, questa freccia, questo segno, che punta sempre oltre e apre il cuore al presente e al futuro, con speranza.

L’altro personaggio, non meno importante, in questo contesto messianico, è Anna, profetessa. Luca è molto attento al ruolo della donna e offre ad Anna il titolo, un po’ altisonante, di profetessa, che indica la capacità di “riconoscimento” nello Spirito, nella rilettura della Parola alla luce della vita e del presente. Lei ha questo ruolo di indicare il compimento, la pienezza, agli altri, che attendono il “riscatto” di Gerusalemme. Se nel profeta Isaia Gerusalemme è la vedova schiava, che viene riscattata e sposata finalmente da Dio, Anna ha il compito di ridestare questa vocazione della città, questa sua speranza di riscatto e di liberazione, indicandone i segni presenti. A me pare che questo ruolo della donna sia oggi molto attuale: rendere presenti, manifestare tutti i segni di liberazione, di crescita umana, di riscatto da situazioni di chiusura, marginalità, violenza, in vista di una società più capace di cura e di accoglienza. Abbiamo bisogna di una nuova profezia al femminile, nella Chiesa e nella società, che parta dal disagio e dalle difficoltà, per ricucire fili di speranza e riscatto. Penso soprattutto alla situazione delle famiglie e dei bambini e preadolescenti di oggi. In parrocchia siamo a contatto, un po’ drammaticamente, con il disagio, la fragilità, le dinamiche oppositive e le difficoltà di ascolto degli adolescenti di oggi.

Abbiamo bisogno di una nuova profezia al femminile, e di una nuova paternità al maschile, per ritessere relazioni feconde e creare insieme reti e contesti di cura e accompagnamento.

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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