Sperare un 2025 migliore?

Quando ci scambiamo gli auguri di buon Anno, in tutto il mondo siamo soliti augurare un buon anno che sopraggiunge, quest’anno il 2025, e aggiungiamo che sia migliore del precedente, il 2024. Questa modalità è tanto comune quanto, purtroppo, formale e logorata dall’uso. La verità è, purtroppo, che questo augurio nasconde invece la paura che l’anno che viene sia peggio del precedente. A ben guardare, anche il 2024 non è stato affatto migliore del 2023: le guerre non sono finite o attenuate, anzi, semmai, sembrano peggiorate e intorno a noi risuonano le sinistre grancasse del riarmo.  Tutte queste spese militari sono poi fatte a discapito – certamente senza dirlo esplicitamente – della spesa sociale, con un aggravarsi delle diseguaglianze e delle povertà, in Italia, in Europa, ma anche nel sud come nel nord del mondo. Certo, c’è stato anche tanto bene, poco visto e mal comunicato, nel 2023 e nel 2024, ma di sicuro non è possibile quantificare davvero in quale dei due anni il bene sia stato maggiore.

L’augurio allora forse non regge, non tanto perché le cose vadano di male in peggio – anche questo pessimismo infatti è ideologico – quanto piuttosto perché la nostra speranza, come cristiani, è molto più radicale e (e molto più reale) di quella contenuta in auguri preconfezionati. Essa infatti non si basa su un auspicio immaginario, ma su una realtà che possiamo sperimentare ogni giorno e che è al cuore della speranza cristiana: il bene cresce e si manifesta proprio lì dove si è manifestato il male, nelle pieghe più tortuose e difficili della vita, personale e sociale. Sì, perché il male vuole nascondere e mistificare un bene che è precedente e che ha fin dall’inizio già vinto la grande battaglia: esso non può quindi che riavvolgere il male e trasformandolo da dentro.

Lo vediamo anche nelle vicende della nostra cara famiglia di Nazareth. Non chiamiamola Santa Famiglia se questo aggettivo ce la rende lontana e inaccessibile…è una famiglia normale, che ci è vicina proprio nella sua problematicità. Anche Maria è certamente Madre di Gesù e Madre di Dio, ma questo non ce la deve rendere più lontana: lei ha sperimentato come noi la difficoltà, la fatica, il dolore, la tentazione, proprio lì dove più voleva rivelarsi il mistero di Dio.

Possiamo soltanto immaginare il travaglio di questa maternità, vissuta nell’intimità con Giuseppe, un uomo che, pur nella sua rettitudine, non poteva non provare dubbi, delusioni, reticenze. Aggravate dal peso di un clan – peso che possiamo solo immaginare – capace di avvolgere Maria nella rete delle parole mezze dette, dei silenzi allusivi, degli imbarazzi malcelati.

Ebbene tutto questo male che ha cercato di inquinare, offuscare, indebolire il bene di una Parola che fin dall’origine era in procinto di entrare del mondo e che finalmente aveva trovato un cuore libero e disponibile nel rispondere di sì, viene poi radicalmente trasformato e ribaltato. Il bambino viene concepito e nasce, secondo la Parola pronunciata dall’angelo a Maria, e i pastori possono fare esperienza proprio di quel segno – il bambino adagiato in una mangiatoia – che la Parola di Dio aveva loro annunciato. Lontani da Nazareth e dalle logiche opache del clan, a Betlemme, nella città di Davide, i pastori – gli ultimi della terra – sono la nuova famiglia che avvolge, non più di dubbi e ombre, ma di tenerezza e lodi, il bambino appena nato.

La gioia più grande di Maria, la madre, è vedere che le Parole di Dio corrispondono ad una vita che scorre profonda, nella carne, e che germoglia nella lode. E che i desideri che Dio ha messo nel cuore fioriscono non solo per sé, ma anche per gli altri, in modo inaspettato, proprio dentro alla vita, attraversandone le parti più oscure e contraddittorie.

Come? Questo è un mistero, come lo è stato per Maria diventare mamma. È qualcosa che non si può dimostrare, ma solo descrivere se lo si è, almeno un po’, vissuto. È il mistero di un pianto serale, che si trasforma nella gioia mattutina. È  lo scambio che avviene nel Bambino: il pianto dell’uomo diviene quello del Dio bambino e il sorriso di Dio diventa quello dell’uomo che contempla.

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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