Con l’intelligenza artificiale noi uomini vorremmo controllare tante cose, dall’efficienza dei servizi agli eventi naturali, dal nostro corpo fisico, al corpo sociale, alla politica, per muovere le cose secondo i nostri disegni, o i disegni di qualcuno che ha più potere degli altri.

Dietro ci può essere l’idea che, al di là dei grandi benefici oggettivi dell’intelligenza artificiale, io pretenda di mettere in sicurezza tutto, anche la mia vita e la paura può portarmi a cedere ampie fette della mia libertà a questa idea. Ne abbiamo avuto un assaggio nei mesi del Covid.
A questa pretesa la Scrittura oggi contrappone una sana povertà, la povertà vista come la condizione di chi sa di non possedere la vita, ma che essa è un dono ricevuto ogni giorno.
Lo vediamo nelle figure bibliche che oggi la liturgia ci offre, Abramo e la Sacra Famiglia.
Abramo che pure era ricco, aveva tanto bestiame, in realtà era povero perché, oltre ad essere un nomade e a non possedere una terra sua, in realtà non aveva ancora un figlio suo, suo e di Sara,…solo in tarda età l’ha avuto… secondo tempi che lui non aveva assolutamente programmato.
Sperimentando questa povertà Abramo ha progressivamente maturato la capacità di affidarsi a Dio in ogni momento. Anche quando questo figlio sembrava che Dio, contraddicendosi, lo richiedesse a sé, anche in quel momento, Abramo ha confidato nella promessa di vita che viene da Dio. Ha saputo credere contro ogni evidenza nel Dio della vita, anche dentro alla prova della morte. Abramo ha messo alla prova Dio con la sua fede nella vita.
Allo stesso modo la sacra famiglia ha vissuto una povertà, anche più piena di quella di Abramo, perché tiene insieme sia l’aspetto materiale che quello spirituale. Come ramo ormai decaduto di un’antica tribù regale, la famiglia di Giuseppe non poteva godere di alcun privilegio. Anzi, la sua offerta al tempio mostra che, nonostante il lavoro artigianale di Giuseppe, il reddito di questa famiglia era certamente tra i più bassi: si tratta dell’offerta di base, quella di chi non possiede quasi nulla, una coppia di giovani colombi.
Ma questa povertà non sarebbe nulla, anzi sarebbe una condizione negativa, se non fosse riempita da una più grande e più profonda povertà, quella di colui e colei che riceve il dono del figlio, senza sapere nulla, solo affidandosi ad un disegno che viene da Dio e che si manifesta giorno dopo giorno.
Giuseppe e Maria non avevano alcuna possibilità di comprendere il futuro e di entrare nella pienezza della comprensione di Colui che avevano accolto nella loro famiglia. Eppure percepivano la sua crescita, in sapienza e grazia. Non avevano la pretesa di controllare la crescita di questo figlio, ma si adoperavano giorno dopo giorno, secondo le sane tradizioni ricevute e secondo i loro doni di intelligenza e amore, per offrire a questo bambino i fondamenti umani su cui costruire il progetto di Dio.
Quante volte si saranno sentiti inadeguati! Quante volte avranno percepito la loro “inefficienza” rispetto ad un disegno molto più grande! Quante volte avranno avuto un po’ paura per il futuro di quel loro figlio e si saranno chiesti che cosa gli sarebbe accaduto!
Anche a noi non è dato possedere la vita, il futuro. Disattivare un po’ il nostro controllo, rimanere in un gioco di inefficienza può essere il modo che Dio ha scelto per noi, per farci aprire nuovi spiragli, per aiutarci a guardare le cose in modo nuovo, per farci scoprire i veri doni che lui può e vuole darci!
Quanto ci sentiamo inefficienti e inadeguati, quando sentiamo di non avere la vita sotto il nostro controllo, allora siamo nella strada giusta, per aprirci al dono più grande che Dio vuol farci a noi personalmente!
