Pregare con il vangelo della domenica

Gv 9 (IV Quaresima Anno A)

Il cieco dalla nascita

Il messaggio nel contesto

Il racconto si può suddividere come segue: prima scena (9,1-7): Gesù, l’uomo cieco e i discepoli; seconda scena (9,8-12): il cieco coi vicini e quanti lo avevano visto in precedenza; terza scena (9,13-17): il cieco e i farisei; quarta scena (9,18-23): i giudei e i genitori del cieco; quinta scena (9,24-34): il cieco e i giudei; sesta scena (9,35-38): il cieco e Gesù; settima scena (9,39-41): Gesù e i farisei. Dopo la descrizione del miracolo, la narrazione evolve secondo lo schema di un processo contro Gesù riguardante la Legge. I farisei sono i giudici, il cieco e i genitori sono testimoni e Gesù è l’accusato assente. Fin dall’inizio del racconto è presente la questione della Legge e del peccato, perché i discepoli si chiedono chi ha peccato se il cieco si trova così dalla nascita. Forse i suoi genitori? (v. 2). Con il termine “peccato” qui si intende non dei peccati particolari, ma l’intera condotta di un uomo che si pone contro la Legge di Dio. La stessa questione del peccato sarà posta nei riguardi di Gesù (v. 24) e poi dei farisei (v. 41).  Gesù nega che ci sia un legame tra la malattia e il peccato (v. 3-4) e afferma piuttosto che questa malattia costituisce un’opportunità perché siano compiute le opere del padre che lo ha inviato, ossia i segni di salvezza (cf. v. 16). Egli è infatti la luce del mondo, che sconfigge le tenebre (cf. 8,12; 1,4 -5).  Detto questo compie il miracolo sul cieco, con gesti che ricordano l’atto creatore di Dio nel libro della Genesi (cf. Gn 2,7) e il cieco obbedisce alla sua parola di andarsi a lavare alla piscina di Siloe, senza porre domande, con una fiducia totale (v. 7).

Da questo momento in poi inizia la serie di domande poste da vicini e conoscenti e l’interrogatorio dei farisei, che aiuta noi lettori a comprendere la portata simbolica di quanto avvenuto. Noi siamo infatti invitati ad identificarci nel cieco ormai guarito, che attraverso successive scene di interrogatorio, approfondisce la sua conoscenza di Gesù, passando da un’iniziale incomprensione dell’identità del guaritore (v.12) ad una affermazione sulla qualità profetica del ministero di Gesù (v. 17) fino ad arrivare ad una professione di fede in Gesù fondata sugli eventi accaduti (v. 38). Egli è invitato a riflettere dal dialogo con i farisei, che sono disorientati da segno compiuto da Gesù in giorno di sabato. Se infatti il segno è chiaramente positivo, aver fatto del lavoro di sabato (fare del fango e spalmare gli occhi indicano un lavoro) costituisce un’infrazione della Legge. Come è possibile che un miracolo sia accaduto attraverso l’infrazione della Legge? Essi, scelgono di mettere in dubbio l’esistenza del miracolo, prima interrogando i genitori del cieco per verificare se vi fosse uno scambio di persona (vv. 18-23), poi interrogando nuovamente il cieco guarito (vv. 24-34).  Non si interessano di Gesù, della sua identità, ma solo del “come” ha realizzato il miracolo, per poter notificare l’infrazione della Legge (v. 26). Essi hanno scelto le tenebre, che impediscono loro di conoscere chi è Gesù, la sua provenienza ultima da Dio (v. 29).    Sono loro i veri ciechi, proprio perché credono di vedere e di sapere che Gesù è un peccatore (v. 24) a partire dalla loro conoscenza della Legge di Mosè (v. 29; cf. 5,46) e invece sono immersi nella tenebra del peccato (v. 41). Il cieco invece constata l’incontrovertibilità del segno straordinario operato su di lui e argomenta a partire da una considerazione di fondo: è impossibile che Dio esaudisca un uomo, se l’esaudimento di tale preghiera comporta di per sé un peccato. Dunque quest’uomo non ha peccato e non può che provenire da Dio! (v. 33). Il cieco dalla nascita, colui che i farisei affermano essere nel peccato, è invece colui che vede. La guarigione fisica che egli ha ricevuto diviene il segno di una guarigione spirituale, di una conversione alla fede in Gesù. Egli ha visto e dunque crede in lui, diventando suo discepolo (vv. 37-38 cf. 20,8).

  • Qual è il contesto spazio-temporale del racconto

Gesù si trova attorno al tempio di Gerusalemme, da cui era dovuto uscire a causa del contrasto con i Giudei. Il contesto è relativo all’incomprensione di Gesù da parte dei suoi. Anche nel prologo il narratore diceva: “venne tra i suoi e i suoi non l’hanno accolto” (1,11). Come mi pongo davanti al mistero dell’incomprensione di Gesù?

  • Cosa fanno i personaggi

Gesù sputa per terra, fa del fango con la saliva e lo spalma negli occhi del cieco. Sono gesti che indicano una nuova creazione dell’uomo. Mi chiedo cosa significa per me vivere il dono di essere un uomo rinnovato? L’uomo guarito si prostra per terra davanti a Gesù, figlio dell’uomo disceso dal cielo per dare la vita. L’adorazione fa parte dei miei atteggiamenti nei confronti di Gesù?

  • Cosa dicono i personaggi?

Gesù afferma:“perché in lui siano manifestate le opere di Dio”. Il male è solo un passaggio: esso viene trasformato in un bene più grande. Medito la croce come questa radicale trasformazione.I giudei dicono:“costui noi non sappiamo di dove sia”. Di fronte al mistero dell’origine di Gesù i giudei chiudono il cuore, perché credono di vedere. Mi chiedo quali presunzioni e chiusure mi chiudano gli occhi all’agire di Dio nella mia vita. Gesù dice: “Se foste ciechi non avreste alcun peccato; ma siccome dite di vederci, il vostro peccato rimane”. I ciechi vedono e coloro che credono di vedere in realtà non vedono. Mi dispongo a “vedere” questo ribaltamento nel cuore e nella vita delle persone, questo contrasto tra apparenza e profondità.

  • Quale rivelazione?

Gesù è la luce del mondo: chi apre il cuore ai suoi segni, riceve il dono della fede. Chiedo il dono della gioia che scaturisce da questa luce e da questa guarigione interiore.

PREGHIERA PERSONALE

  • Leggo il brano del Vangelo, almeno due volte, con attenzione.
  • Entro nel contesto del racconto, nel suo spazio e tempo particolari: siamo in un luogo affollato, dove Gesù predica e fa miracoli.
  • Chiedo una graziaciò che desidero da questo momento di preghiera, ad esempio di fare un’esperienza profonda e intima di Gesù, del Padre e del loro amore per me.
  • Cerco di avvicinarmi ai personaggi in gioco: Gesù, il cieco nato, la folla, i genitori, i farisei, i giudei
  • Contemplo cosa dicono e fanno i personaggi e ne ricavo un frutto.
  • Cerco di raccogliere tutto ciò che ho contemplato, a partire da ciò che provo in me: come mi ha toccato quello che comprendo? Quale sentimento mi suscita?
  • Dialogo con Gesù e con il Padre, lasciandomi trasportare, nel chiedere, nel ringraziare, nel lodare, nel contemplare, a seconda di ciò che sento.
  • Concludo la preghiera con un Padre Nostro e saluto il Signore con un gesto di riverenza.

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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