Pregare con il vangelo della Domenica

Mt 5,17-37 (VI TO) Gesù maestro

Il messaggio nel contesto

Il Cristo maestro è in grado di dare pieno compimento a tutta la Legge, fin nei minimi precetti (17. 19), che rimarranno validi finché durano il cielo e la terra. La modalità con cui egli lo realizza non è però quella degli scribi e dei farisei, minuziosa fin nei dettaglia della vita quotidiana, ma comporta una sovrabbondanza di significato nell’interpretazione della Legge (v. 20), verso una piena interiorizzazione del precetto.

Come si concretizza tale sovrabbondanza? Lo possiamo osservare nella serie delle quattro antitesi seguenti, introdotte dalla frase: “Avete inteso che fu detto…ma io vi dico”. Vengono citati  precetti della Legge come: “non uccidere” (v.13 cf. Es 20,13); “non commettere adulterio” (v.27 cf. Es 20,14); “chi ripudia la propria moglie, le dia l’atto di ripudio” (v. 31; cf. Dt 24,1ss); “non giurare il falso” (v. 33; cf. Lv 19,12). Ognuno di essi viene radicalizzato in modo tale da conservarne la motivazione originaria e impedirne applicazioni moralistiche e formali. Non c’è infatti solo l’uccisione fisica, ma anche quella realizzata con le parole (v. 22); l’adulterio proviene dall’intimo dell’uomo e può essere evitato solo se si custodisce il cuore (vv. 28-30); il giuramento implica una mancanza di fede nei confronti di Dio, cui tutto appartiene (vv. 33-37). Si tratta di comprendere come l’essenza della Legge non è raggiungere una perfezione morale, ma preservare e coltivare un’interiorità capace di amare Dio e i fratelli. In fondo per il Maestro Gesù la Legge è una risposta d’amore riverente nei confronti di Dio e insieme anche una radicale scelta di uscire da sé stessi, vincendo le pulsioni egoistiche e vendicative e aprendosi con tenerezza al prossimo.   

Tale interpretazione radicale e sovrabbondante della Legge nasce dall’immagine che Cristo Maestro ci offre di Dio, un Padre misericordioso nei confronti dei buoni e dei cattivi (cfr. vv. 45-46), la cui giustizia appare ispirata ad estrema gratuità nei confronti degli uomini (cf. v. 47).  Ad un Dio così non è possibile offrire un dono, senza prima essersi riconciliati con il proprio fratello (vv. 23-24), perché ogni dono fatto a Dio è simbolo di un cuore aperto, vivo e riconoscente. Solo un cuore riconciliato può aprirsi alla gratitudine e alla tenerezza nella preghiera e nel culto.  Inoltre non serve a nulla realizzare una propria vendetta (v. 38), perché tutto appartiene a Dio e noi non abbiamo il potere di cambiare nulla – neanche il colore di un capello (v. 36) – per costringere Dio a fare ciò che noi abbiamo giurato (v. 33). Giurare infatti equivale a sostituire a Dio le nostre parole, equivale a ripudiare Dio e tale atto non è molto distante dal consegnare il libretto di ripudio alla propria sposa (v. 31), esponendo sé stessi e il prossimo all’adulterio.

In generale amare Dio e amare il prossimo sono talmente legati tra loro da costituire un unico comandamento, capace di riassumere tutta la legge. Non a caso il compimento della legge (v. 17) viene sintetizzato da Gesù con la regola aurea: “Tutto quanto volete che vi facciano gli uomini, anche voi fatelo loro: questa è la legge e i profeti” (cf. 7,12). Gesù non ha solo insegnato questo comandamento, ma lo ha mostrato in atto sulla croce, pieno compimento dell’amore di Dio e dell’uomo.

  • Qual è il contesto spazio-temporale del racconto

– Gesù parla dal monte ai discepoli e si rivolge con il “voi”, ai discepoli stessi, per indicare le esigenze della sua Legge.

Qualche domanda ulteriore per la meditazione

Se la vostra giustizia non sarà sovrabbondante: in quali contesti mi è chiesto di superare una visione troppo umana di giustizia e abbandonare certe mie pretese, magari giuste, ma che mi fanno soffrire?

Riconciliati con il tuo fratello: mi dispongo interiormente a ricucire le ferite che ho vissuto nelle relazioni con altri? Mi chiedo cosa comporta vivere una maggiore gratuità nelle relazioni.

Chi guarda una donna per desiderarla: mi chiedo come custodisco il mio cuore e i suoi desideri da tutto ciò che mi fa deviare, che mi impedisce di essere fedele a me stesso, alle scelte, valori e desideri profondi.

Il di più viene dal maligno: un linguaggio semplice scaturisce da un cuore puro, che rinuncia alla manipolazione o al controllo. Mi rendo conto delle situazioni in cui tendo a manipolare, condizionare, trasformare la realtà perché essa vada a mio vantaggio, o mostro solo un determinato volto di me stesso.

  • Per la preghiera personale
  • Invoco lo Spirito Santo (con un canto o con la Sequenza o con un’invocazione più libera) Ad esempio: Vieni Santo Spirito, entra in me, con la tua luce, con il soffio della tua vita, aiutami a sentire il Tuo Amore, la Tua Pace e ad aprire il mio cuore a quella Parola che oggi custodisci per me, in modo che ogni mio pensiero e ogni mia azione abbiano da te il loro inizio e in te e per te il loro compimento.
  • Leggo il brano del Vangelo, almeno due volte, con attenzione.
  • Entro nel contesto del racconto, nel suo spazio e tempo particolari:.
  • Chiedo una graziaciò che desidero da questo momento di preghiera, ad esempio di fare un’esperienza profonda e intima di Gesù e del suo amore per me.
  • Cerco di comprendere maggiormente il significato del testo in sé stesso, con l’aiuto del breve commento precedente.
  • Cerco di comprendere cosa dice il testo a me, alla mia vita oggi.
  • Cerco di raccogliere tutto ciò che ho meditato sin qui, a partire da ciò che provo in me: come mi ha toccato quello che comprendo? Quale sentimento mi suscita?
  • Dialogo con Gesù e con il Padre, lasciandomi trasportare, nel chiedere, nel ringraziare, nel lodare, nel contemplare, a seconda di ciò che sento.
  • Concludo la preghiera con un Padre Nostro e saluto il Signore con un gesto di riverenza.

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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