Cristo Alpha e Omega (IV)

Pergamo: contro la religione civile

(2,12-17): la fortuna della città di Pergamo dipende dalla dinastia degli Attalidi (282-133 a.C.) che sono successori di Alessandro Magno. A partire dal 133 a.C. la città viene dominata dai Romani con i quali conosce un tempo di grande sviluppo culturale (cf. scuola medica di Galeno). Fu sempre tenacemente resistente alla penetrazione cristiana. Come attesta Tacito (Ann 4,37), il primo tempio provinciale per il culto dell’Imperatore fu stabilito proprio a Pergamo nel 29 a.C. e fu preso a modello poi da altre città. Vi erano poi altri due altari, quello del dio soter Asclepio e quello di Zeus Soter. Non vi sono elementi per identificare l’uno o l’altro dei templi come il trono di Satana di cui parla il testo dell’Apocalisse. La morte di Antipa è secondo alcuni esegeti probabilmente frutto di un tumulto popolare dal basso e non di una persecuzione orchestrata dalle autorità romane. In realtà si deve ammettere che il conflitto di cui qui si parla ha come obiettivo proprio impedire agli appartenenti alla comunità giovannea di mescolarsi a questo sincretismo religioso caratterizzato dall’idolatria. Il riferimento a Balaam si può spiegare dal testo di Num 31,16, dove il mago moabita si fa consigliere delle donne, per adescare il popolo di Israele. Il passaggio attraverso le donne serve come arma di seduzione per portare il popolo a prostrarsi alle divinità pagane.  Questo consiglio è ritradotto in Apocalisse come un insegnamento che getta scandalo tra i figli di Israele, ossia nella comunità giovannea, e si configura come una partecipazione ai banchetti in cui si mangiano carni immolate agli idoli. Si fa dunque riferimento ad un culto che porta i fedeli della comunità messianica a mescolarsi, tramite riti civili, all’adorazione di divinità pagane come Zeus o a culto dell’imperatore.  Tutto questo è identificato poi come opera dei Nicolaiti.

La porneia di 2,14 indica quindi anzitutto l’idolatria e in secondo luogo la dissolutezza sessuale, implicata nei riti religiosi dell’età ellenistica ed imperiale (cf. Sap 14,23-28). Il problema era legato al fatto che il mestiere del commercio o dell’artigianato era accompagnato da riti religiosi e da sacrifici alle divinità patronali. I Nicolaiti, per non rinunciare ai vantaggi di queste associazioni, finivano per praticare questi riti, forse con la convinzione che l’idolo non è nulla (argomentazione dei forti di Corinto in 1 Cor 8-10), ma in realtà rimanendo profondamente condizionati dalla struttura idolatrica del commercio, che implicava il culto dell’imperatore e della divinità.

Non si trattava solo di un fatto formale, ma di una critica complessiva alla società imperiale romana che si era adattata alle forme tradizionali dell’oriente ellenistico, in cui il re veniva adorato come una divinità e il progresso economico era strettamente correlato con l’ordine complessivo, politico-religioso, della società. Il marchio del culto imperiale era infatti stampato nelle monete con cui si commerciava e diventava una politica di scambio (la bestia, controllata dalla grande prostituta, Roma). Di fatto l’Apocalisse si oppone ad un culto della persona, che “messianizzi” un uomo vivente, un politico potente. La resurrezione di Cristo è l’antidoto più potente nei confronti di un potere che si voglia esprimere come dispotico e totalizzante e voglia sottomettere a sé la dimensione religiosa propria del cuore umano. Si tratta di una critica valida per tutti i tempi nei confronti di una “santificazione” del potere umano e dell’ordine costituito attraverso una religione strumentalizzata a “scopi civili” e di puro consolidamento dell’ordine statuale e civile. Un esempio lo possiamo ricavare in questi giorni dall’atteggiamento della Chiesa ortodossa russa nei confronti del potere e delle sue scelte di guerra. Ma pensiamo anche all’alleanza tra il potere commerciale, che oggi riguarda il possesso dei dati, per profilare ogni utente e l’utilizzo che i regimi fanno di tali informazioni e tecniche per manipolare e controllare l’opinione pubblica.

Non a caso la promessa al vincitore riguarda un potere nascosto, che non emerge chiaramente a livello politico-pubblicitario ma riguarda il cuore di ogni persona: il nome nuovo che viene consegnato è colui che partecipa della resurrezione di Cristo (pietruzza bianca) e dunque vive come nuova creatura, fino alla piena manifestazione della sua identità. Infine la manna indica il nutrimento che rende possibile al cristiano di camminare anche in opposizione a queste forme idolatriche, da straniero e pellegrino in questo mondo, per giungere alla vera terra promessa, che è costituita dal Regno di Dio.

La promessa al vincitore: la prima (2,7b) riguarda l’albero della vita (cf. Gen 2,9) che tornerà alla fine del libro nella Gerusalemme celeste (cf. Ap 22,2.14). La seconda promessa riguarda la liberazione dalla morte seconda (cf. 2,11b). Entrambe sono di taglio profondamente escatologico e rinviano alle due possibilità che stanno davanti all’uomo: la morte e la vita (cf. Mt 7,13-14). La terza invece è una promessa riguardante qualcosa che è nascosto nella storia, ossia la manna e il nome nuovo. Qui si indica un’identità nuova, filiale, che viene costantemente nutrita da Dio stesso, nel cammino storico-ecclesiale. Queste tre promesse non vanno separate le une dalle altre, ma indicano la costante interpenetrazione tra la dimensione escatologica e quella storica nella vita del cristiano e della Chiesa. Se il cristo risorto è davvero il punto omega della storia e dell’evoluzione cosmica, come afferma Teillard de Chardin, ciò non può non manifestarsi all’interno della storia e del cosmo, come una misteriosa attrazione, a cui l’uomo può liberamente decidere di accondiscendere o che può anche rifiutare. La possibilità di un rifiuto però contraddice il progetto stesso di vita, che contraddistingue la stessa creazione e la storia, e quindi pone un conflitto interno al disegno di Dio che, pur essendo possibile, impedisce una piena manifestazione della vita. Esso è pertanto definito dall’Apocalisse come morte seconda. L’apocalisse ci vuole aiutare a riflettere sui temi escatologici in modo non banale e non assolutorio rispetto alla vita presente. Anzi. È proprio l’impegno fattivo e testimoniale del cristiano qui ed ora che costituisce una risposta al Regno di Dio, capace di manifestarsi alla fine della storia come vera ed appropriata.

Un’ulteriore considerazione è di natura più ecclesiologica. Il cristiano e la Chiesa sono una forma in divenire attratta dall’alto: questo significa che non vi è alcuna forma di Chiesa che possa rivendicare un valore assoluto, indipendentemente dal compimento escatologico in Cristo. Ogni Chiesa assume una sua forma storica, che dipende dalla sua relazione con il Cristo risorto, con il compimento escatologico alla fine dei tempi e non può prescinderne. In questo senso vi è come un “relativismo cristiano”, che è a livello di dottrine e di struttura ecclesiale, e che può comprendersi come una relatività della forma storica alla sua pienezza escatologica, che si identifica nel Cristo risorto, il solo che può identificare la totalità della verità. La Chiesa, con le sue strutture ministeriali, le sue formulazioni dogmatiche e catechistiche, esprime la verità che è Cristo, ma la formulazione come tale è sempre storicizzata e condizionata e quindi aperta a sempre ulteriori approfondimenti e comprensioni più piene.

Per la preghiera personale: chiedo la grazia di una conoscenza interiore di tutto l’Amore ricevuto da Cristo risorto, nella mia storia e nella storia degli uomini, perché, riconoscendolo, io possa in tutto amarLo e servire il Suo Regno.

 Alcuni punti personali:

  • Dove posso collocare il mio “primo amore” nella conoscenza di Lui (Efeso)
  • Come  integro oggi le fragilità/fatiche/conflitti, personali e comunitari, in un disegno d’amore più grande, che riguarda la “via messianica” di Gesù di Nazareth? (Smirne)
  • Come la forza del Risorto mi orienta, a smascherare idoli di potere e prestigio e a perseguire in una via di semplicità feconda (Regno)? (Pergamo)

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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