Cristo Alpha e Omega (II)

Chiesa di Efeso: ritrovare l’amore di un tempo

Si tratta di una fondazione da parte di coloni ateniesi, centro commerciale attivo, grazie al suo celebre porto, centro religioso attivissimo, collegato al culto della dea Artemide. Capitale della cultura e della filosofia (cf. Ipponatte, Eraclito, Artemidoro). In contesto cristiano essa è collegata, secondo la testimonianza di Policrate, all’apostolo Giovanni, figlio di Zebedeo.

Qui il risorto si presenta come colui che ha nella mano destra (simbolo di potere) le sette stelle che corrispondono ai sette angeli e che cammina in mezzo ai sette candelabri che corrispondono alle sette Chiese (cf. 1,20). Con il verbo “oida” il risorto indica quattro meriti della Chiesa: tutto scaturisce dal suo sguardo onnisciente, capace di penetrare l’intimità del cuore delle sue Chiese (cf. 2,23). Cosa vede? Le opere della Chiesa e lo stile con cui vengono portate avanti, caratterizzato da tre ulteriori elementi: fatica, costanza e capacità di discernere il vero dal falso. Quest’ultimo aspetto è descritto da due verbi, provare e trovare.  Al versetto 3 si riprendono le medesime caratteristiche, lette nel presente e nel passato: la perseveranza e costanza (ypomone) presenti si basa sull’aver sopportato (ebastasas) e non aver ceduto per l’affaticamento (kekopiakes). Questa fatica ha poi una causa e insieme una finalità e uno strumento/sostegno: il nome del risorto. In questo nome, secondo la mentalità ebraica, è contenuta tutta la potenza di Dio (cf. Fil 2,10).

Con la formula dell’accusa (“ho contro di te che”): si indica una caduta, un peccato, che riguarda l’amore di un tempo, l’amore originario, da cui la Chiesa è come precipitata. Potrebbe riferirsi al fatto che la lotta contro i falsi apostoli ha lasciato delle ferite nella comunità: rabbia, risentimento, tristezza, disillusione, scoraggiamento ecc., sono tutte tendenze desolanti che, se lasciate penetrare a lungo nel cuore, finiscono per allontanarlo da Dio, raffreddando l’amore.

Per quanto riguarda l’odio dei Nicolaiti, bisogna sottolineare anzitutto che si tratta di un odio rivolto verso le opere e non verso le persone, ossia verso il peccato e non verso il peccatore. Sulla questione dei Nicolaiti ci soffermiamo nella trattazione riguardante la Chiesa di Pergamo.

Colui che vince è un combattente che ha già la vittoria in mano ma deve completarla conservandola (cf. 2,26): questa prima promessa costituisce l’atrio per tutte le altre e si realizzerà con la presenza della città escatologica della Gerusalemme del cielo, con l’albero della vita al centro. Questo albero avrà foglie terapeutiche, che nutrono e guariscono (cf. 22,2 e Ez 47,12)

Lo Spirito parla attraverso il Cristo: come nel QV (cf. Gv 16,13-14): egli conduce la Chiesa alla retta forma della carità, la “discreta caritas”, che permette di comprendere come vivere l’amore nel contesto concreto, sia smascherando i falsi apostoli, sia guardandosi da atteggiamenti compromissori e mondani, sia avendo cura di costruire la comunione al suo interno e di coltivare atteggiamenti di speranza e consolazione.

In particolare mi sembra decisivo per questa Chiesa il richiamo all’amore: esso si rivolge non all’intelletto, perché questa Chiesa non sembra mancare di discernimento, ma alla volontà, ossia alla capacità di tradurre in atto ciò che essa comprende come valido e vero per la propria vita. I conflitti e le fatiche “gestionali” delle risorse umane di questa Chiesa sembrano aver rallentato e messo sabbia nel “motore” relazionale dell’annuncio e della vita cristiana. Il richiamo è decisivo anche per noi, in un momento in cui il “motore” del cammino sinodale sembra essersi un po’ arenato non solo per mancanza di percezione della sua importanza nel nostro cammino di Chiesa in Italia, ma per le difficoltà organizzative, la fatica di articolare una sinodalità effettiva e non soltanto “affettiva” e rendere pienamente partecipi le strutture di corresponsabilità ecclesiale. Il timore del conflitto e la carenza di risorse umane porta all’attendismo e ad un certo atteggiamento di fatalismo e rassegnazione. Si tratta, ancora oggi, di ritrovare l’amore di un tempo, ossia la prospettiva di speranza radicale alla quale siamo chiamati, per rinnovare l’energia volitiva della nostra Chiesa. Questo significa ritrovare l’amore delle origini, quell’apertura senza preclusioni al futuro mosso e preparato dallo Spirito Santo.

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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