Siamo sempre stupiti da certe espressioni attribuite a Dio nell’Antico Testamento: Dio si pente!
Se Dio è Dio, come può pentirsi, per l’intercessione di Mosè, di un semplice uomo? Come può cambiare idea? Il pentimento e perdono di Dio è una metafora che questo racconto utilizza, per indicare un cambiamento che Dio opera in noi e che noi invece avvertiamo come un cambiamento suo. Infatti cambia la nostra immagine di lui e di noi stessi ed è come se si modificasse il suo atteggiamento verso di noi.

Vorrei offrirvi un esempio concreto. Nei campeggi degli adolescenti si osserva una cosa che è sempre accaduta e che forse oggi si esprime in modo un po’ più eclatante, per le condizioni familiari e sociali di oggi. I ragazzi oltrepassano il limite molto facilmente ed esprimono, in modo a volte difficile da prevedere e comprendere, una rabbia improvvisa verso le cose. Essi sfidano l’adulto, anche distruggendo il luogo che li ospita, per sperimentare la loro libertà e mettere a nudo l’impotenza dell’adulto. In un certo senso, questo è quello che accade anche nel rapporto con Dio: di fronte alla libertà che l’uomo vuole esprimere è come se Dio si rendesse impotente, perché l’uomo sperimenti fino in fondo le conseguenze del male e del bene. È come se Dio abbandonasse l’uomo a sé stesso, in balia della sua mancanza di senso del limite, perché sperimentandone le conseguenze, possa poi rientrare in sé. Questo è il momento della cosiddetta “ira” e “punizione” di Dio.
Certo in un campeggio – per tornare al nostro esempio – è necessario sgridare, far avvertire il pericolo, le conseguenze del male e favorire il senso del limite e del male contenuto in certe azioni, ma ciò solo un momento propedeutico, che precede qualcosa che accade nel cuore di un giovane e che non è causato “direttamente” dalla sgridata dell’adulto. C’è una improvvisa presa di coscienza che solo Dio è in grado di produrre e che accade quando si tocca il fondo. C’è allora un senso interiore di pentimento, una sofferenza buona, che può orientare un giovane al meglio, per costruire in lui il senso dei valori in gioco, per aiutarlo a pesare limiti e la realtà delle cose. Questo è il cambiamento che avvertiamo come “pentimento” o “cambiamento” di Dio, e che in realtà è una trasformazione del nostro cuore, che finalmente comprende chi è veramente Dio. Questa “presa di coscienza” accade in momenti diversi per ciascuna persona e necessita di un accompagnamento personale, perché corrisponde ad una scoperta profonda di sé, del proprio io, della propria personalità, è come se Dio improvvisamente ci rendesse come nuovi. È quel che affermiamo quando recitiamo il salmo 51: “crea in me o Dio un cuore puro”. Si tratta di un cuore nuovo, di una nuova personalità, che egli costruisce in noi, cambiandoci, ma che corrisponde alla nostra natura più vera ed originaria: quella di essere figli.
Mi si perdoni la banalità dell’esempio, ma è come accade quando abbiamo una macchina ammaccata per aver urtato o strisciato più volte la carrozzeria: quando la andiamo a riprendere dal carrozziere, ci sembra di averla meglio di com’era prima dell’incidente, sembra nuova, come quando l’abbiamo comperata la prima volta. Ecco il perdono: è una nuova creazione che accade in noi, un rinascere come figli, che ci fa percepire il vero cuore di Dio, la sua “tenerezza” e “gratuità” di Padre.
Avere sperimentato questa tenerezza da ragazzi, da giovani, da parte di adulti ed educatori, può essere un seme evangelico che germoglia da più grandi.
Dio infatti, come dicono le parabole della misericordia, che Gesù ci racconta, è colui che sta sempre in attesa e non si stanca mai di cercare, come un pastore la sua pecora smarrita, e con la cura meticolosa di una donna che spazza il pavimento, finchè non ritrova la sua moneta.
Egli occupa tutto il proprio tempo disponibile, che è tanto, e non si scoraggia mai nella sua ricerca, non termina il suo lavoro, fino al momento in cui ci ritrova. È un momento diverso per ciascuno, può accadere da ragazzi in un campeggio, può accadere da adulti in alcune circostanze della vita, può accadere da anziani quando improvvisamente si riscopre con gioia il volto di Dio, che le vicissitudini e fatiche della vita sembrano aver annebbiato. È il volto di colui che arriva fino alla fine e dona tutto sé stesso senza tenere nulla per sé. È il cuore del Figlio che ci ama fino a dare la vita per noi. È un amore è che raggiunge il dove siamo, e sa attendere il momento giusto per ciascuno di noi.
