Il telescopio per vedere le stelle (Omelia II Quaresima)

Non è facile stare con Gesù. Si è sempre in cammino e nulla sembra così stabile da potercisi appoggiare e rimanere: né le amicizie, né i progetti di missione, né i lavori intrapresi, né la propria famiglia. Si è sempre costantemente in movimento, verso un oltre, che da significato a tutte queste relazioni e progetti, ma al contempo è anche in grado di superarli.

Dove si colloca questo oltre?

Ci offre una prima intuizione il racconto della trasfigurazione, che è pieno di percezioni visive, belle e intense. Gesù si trasfigura e il suo volto diventa “altro”, le sue vesti bianche e sfolgoranti. Si rivela in questa visione un “oltre”, che è una percezione vera e profonda dell’identità di Gesù e di conseguenza anche della nostra identità: una gloria che risplende come Figlio di Dio, come dice la voce dal cielo, e che ci indica anche la nostra chiamata ad essere e vivere sempre più come figli di Dio.

Un secondo indizio ce lo offre la prima lettura, in cui Abramo è invitato a vedere le stelle e a considerare che la sua discendenza sarà numerosa come le stelle, cioè praticamente innumerabile. Si tratta di un desiderio grande, rivolto verso il futuro.

Ma nella nostra vita tutta questa bellezza, questa volta stellare della nostra destinazione, dove la vediamo? Ci sono due possibilità, che dobbiamo sfruttare per dotarci del “telescopio” adatto a vedere le stelle.

C’è anzitutto una bellezza che di tanto in tanto noi possiamo sperimentare nello stare con Gesù, nell’incontrarlo nella preghiera personale, nell’intimità con lui. Ma c’è una bellezza che possiamo sperimentare anche al di fuori della preghiera, in qualche momento di intimità nelle nostre relazioni, con la nostra famiglia, con alcuni amici. Si tratta di percezioni immediate del mistero di Dio, che risplende nell’altro, l’esperienza di un “di più” che ci attraversa in questo momento e che non possiamo possedere, ma da cui ci lasciamo come attraversare. Un di più che dona luce e che apre un orizzonte infinito di futuro. Un di più che ci abita e ci fa percepire improvvisamente il senso del nostro esserci e della nostra vita, il nostro essere “figli” e una certa misura di gloria presente in noi. Queste sono esperienze di trasfigurazione, di cui è bene ringraziare, per mantenerle vicino al cuore e nella propria memoria, e lasciarci aiutare e sostenere da esse anche nel momento della prova, dei dubbi e delle angosce.

In secondo luogo ci sono i nostri desideri che ci aiutano a guardare lontano, come Abramo. Avere grandi desideri non è qualcosa di immaturo, come i bambini. Sono i grandi desideri che motivano le azioni concrete di ogni giorno e ci rendono capaci di gioire anche dei piccoli passi che compiamo o constatiamo.

Quando nasce un figlio, il grande desiderio che i genitori hanno della sua crescita, della sua futura autonomia e realizzazione, li porta a esultare per ogni piccola conquista di ogni giorno: la prima parola pronunciata, il primo passo in piedi, le prime frasi complete, i primi riscontri positivi delle maestre dell’asilo e della scuola ecc.

E se qualcuno non potesse avere figli, ci sono nella propria vita desideri di fecondità, di servizio, di relazione, al lavoro, in famiglia, nel volontariato, che si possono realizzare nelle relazioni di aiuto, soprattutto verso i più piccoli, verso chi ha bisogno e nel contemplare il mistero della loro vita.

Ognuno di noi, dal grande desiderio che coltiva nel suo cuore, può trarre il senso di ogni cosa semplice e buona che vive nella giornata e vedere in essa la presenza, l’incarnazione di questo desiderio, in fondo di Dio stesso. Anche andando a fare la spesa, posso de-siderare, far scendere questo desiderio dalle stelle, e sentirlo presente mentre guardo le persone e le presento a Colui che è la fonte di ogni vita e di ogni significato.

Quindi dotiamoci di questo “telescopio”: si chiama fede ed è gratuita! È un tesoro disponibile anche per chi crede di non averlo e di non vedere. Con qualche aiuto lo si può scorgere dentro alle proprie nostalgie, desideri profondi, sentimenti di mancanza: è come una freccia che tira ciascuno di noi verso una pienezza sconosciuta. Una freccia che nessun dolore e nessuna sconfitta potrà mai distogliere dal suo obiettivo.

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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