At 6,1-15. Ministri nella Chiesa
- Invoco lo Spirito Santo. Fa o Signore che ogni mia intenzione, azione e attività abbia da te il suo inizio e in te e per te il suo compimento, per la potenza dello Spirito Santo. Aiutami a riconoscere gli autentici bisogni, umani e spirituali, nelle richieste e nei conflitti che emergono nella comunità cristiana; accompagnami nell’individuare i carismi più adatti al tempo di oggi e nel valorizzarli; sorreggi sempre il nostro cammino di Chiesa, suscitando nuove ministerialità, in grado di annunciare il Vangelo nelle periferie del cuore e della società.
I primi versetti (1-7) costituiscono una narrazione autonoma, anche se collegata con ciò che segue, perché hanno la funzione di presentare Stefano e Filippo, nel loro ruolo di diaconi nella Chiesa di Gerusalemme. Essi saranno i protagonisti dei capitoli successivi. La Chiesa di Gerusalemme sta aumentando di numero e questo sembra far sorgere nuove esigenze (v. 1). In questo breve racconto Luca ci vuole mostrare come l’attività missionaria che ha portato la Chiesa a crescere continuamente esiga un permanente atteggiamento di discernimento e riforma da parte degli apostoli. Essi prenderanno alcune decisioni e alla fine il numero dei discepoli continuerà a crescere (v. 7), segno evidente che quelle decisioni erano secondo la volontà di Dio. Infatti l’aumento di numero è segno della benedizione di Dio e del compimento delle sue promesse (cf. 7,17; Es 1,7). Da cosa nasce il discernimento degli apostoli? Da una contesa nata tra due gruppi all’interno della Chiesa. Per la prima volta Luca ci informa che nella Chiesa ci sono due gruppi, Ebrei ed Ellenisti, senza specificarne l’identità (v. 1). Gli Ebrei erano cristiani provenienti dal giudaismo, territorialmente legati a Gerusalemme e di lingua aramaica. Gli Ellenisti erano cristiani provenienti dal giudaismo della diaspora, ossia da quei Giudei che da molte generazioni erano emigrati nelle città elleniche del bacino del mediterraneo. Essi parlavano in greco e da ebrei avevano frequentato le sinagoghe greche della città santa. È possibile che alcuni di loro avessero già contattato il gruppo dei discepoli storici di Gesù, ancor prima della morte del maestro (cf. Gv 12,20-22). Il motivo della contesa tra i due gruppi riguarda alcune carenze nell’assistenza quotidiana delle vedove, categoria socialmente a rischio nel mondo antico e a cui la Chiesa primitiva ha riservato un’attenzione speciale.

Questo conflitto poteva mettere a rischio l’unità della Chiesa e a Luca preme sottolineare come gli Apostoli siano stati in grado di conservare l’unità, proprio preservando la funzione centrale del loro ministero apostolico, ossia il “servizio della Parola di Dio” (v. 2). Essi non possono dedicarsi al “servizio delle mense”, in cui si intende probabilmente non solo la distribuzione dei pasti, ma anche l’organizzazione del culto eucaristico, nel pasto di agape fraterna. Gli apostoli si devono infatti dedicare totalmente alla preghiera e dell’annuncio del Vangelo, essendo per eccellenza i testimoni della resurrezione (cf. 1,22). La preghiera e l’annuncio della Parola infatti sono strettamente collegati (cf. 4,23-31). Perciò essi stabiliscono di istituire nuovi ministri, che si dedicheranno al servizio della comunità, con particolare riferimento alla parte degli ellenisti. Non sembra però che il loro ministero si limiti all’assistenza ai poveri o all’organizzazione liturgica. Subito dopo (v. 9) si dirà infatti che Stefano parla con una sapienza e uno Spirito a cui i suoi avversari non possono contrapporsi. Questo significa che, secondo Luca, anche i sette sono fin dapprincipio annunciatori della Parola, anche se il loro servizio sembra nascere originariamente da una necessità di tipo sociale/liturgico.
Il conflitto nella comunità può essere occasione di trasformazione, verso nuovi equilibri. L’essenziale è cogliere i bisogni soggiacenti, autentici, e cercare di rispondervi con un discernimento evangelico, rilanciando l’azione missionaria. Qui il bisogno era caratterizzato dall’assistenza delle vedove di lingua greca: gli apostoli rispondono creando un nuovo ministero, che ha una funzione di cura verso la comunità di lingua greca e che rilancia il dinamismo missionario e di evangelizzazione. Quali conflitti ho incontrato nella comunità e a quali bisogni corrispondono? Penso ad esempio alla fatica dei catechisti di fronte a famiglie sempre più distanti e ai frequenti disagi e conflitti che si creano. È forse arrivato il momento di una ministerialità di annuncio e catechesi più rivolta agli adulti.
- La diaconia nella Chiesa
I sette sono corresponsabili della comunità cristiana e ricevono l’imposizione delle mani da parte degli apostoli per essere in grado di coltivare e promuovere la fede. La loro istituzione avviene in un contesto di preghiera, perché il loro ministero è voluto da Dio, attraverso il discernimento ecclesiale e ha una funzione anzitutto spirituale, quello di far crescere la Parola di Dio (cf. v. 7). Essi sono scelti tenendo conto non di particolari abilità gestionali, organizzative o intellettuali, ma del dono della sapienza che viene dallo Spirito Santo (v. 3). Spesso si è tentati di vedere in questo episodio narrato da Luca l’istituzione del ministero del diaconato, così come oggi lo intendiamo nella Chiesa. È importante sottolineare il fatto che Luca non utilizza mai il termine diakonoi. Non si tratta dunque dell’istituzione di un solo, particolare ministero, ma di ogni ministero, del “ministero” in quanto tale nella Chiesa. Esso ha almeno tre caratteristiche che possiamo così elencare:
- Nasce da un bisogno di carattere storico e può conoscere evoluzioni, mutamenti e anche cessare di esistere.
- Si caratterizza come una forma di corresponsabilità ecclesiale al ministero apostolico.
- Non si limita a rispondere a esigenze organizzative, ma è intimamente connesso al ministero apostolico, tramite l’imposizione delle mani, per l’annuncio del Vangelo e la crescita della fede.
- Richiede un discernimento di tipo “spirituale” e non meramente “gestionale”.
Dedicarsi all’annuncio della Parola è al cuore della ministerialità apostolica. Essa non esclude, anzi richiede una partecipazione da parte di tutta la ministerialità nella Chiesa. Anche Stefano, infatti, è un grande annunciatore, nel suo contesto di lingua greca. Anche l’attuale conformazione del diacono gli consente di trovarsi in una zona di “periferia” e di “confine”, in cui portare il seme dell’annuncio. Qui può essere interessante riflettere un po’ sui nostri desideri ed effettive opportunità di annuncio e quali aspetti della nostra vita, in famiglia, al lavoro e negli ambiti pastorali, siamo in grado di valorizzare maggiormente in questa linea.
- L’annuncio del Vangelo e il conflitto
A questo punto, a partire dal v. 8 troviamo il ministero in atto. Stefano, uomo già presentato come pieno di fede e di Spirito Santo, mostra la grazia e la potenza dello Spirito nel suo servizio alla Chiesa, attraverso segni e prodigi. Egli è conformato a Gesù (cf. 2,22) e, come Gesù, è destinato a suscitare opposizione e rifiuto da parte di altri ebrei ellenisti presenti a Gerusalemme. Ma essi non riescono a resistere alla sapienza che proviene dallo Spirito e che era stata promessa da Gesù ai suoi discepoli, in contesto di persecuzione (cf. Lc 12,11-12). In modo simile a quanto avvenuto a Gesù gli avversari di Stefano, non potendo opporsi a parole, lo attaccano fabbricando accuse false.
C’è anche un conflitto che nasce da un’opposizione al vangelo e che, nel caso di Stefano, si concretizza nell’arresto e nell’esecuzione capitale. Tale opposizione nasce da una visione ideologica e fondamentalistica, in particolare centrata sul Tempio di Gerusalemme e sulla sua presunta intangibilità. Anche noi viviamo fondamentalismi e idolatrie, dentro e fuori della Chiesa. L’idolatria del “si è sempre fatto così” e di interessi, economici o personali blocca spesso tentativi di cambiamento e riforma nelle comunità cristiane e civili. La paura del cambiamento e della novità, la paura del futuro porta le comunità a chiudersi in sé stesse, in ambiti autoconsolatori, che giudicano il mondo intorno e avversano ogni dialogo e apertura autenticamente evangelica. Posso riflettere su quali opposizioni e conflitti al vangelo io vivo.
- Come vivere il conflitto
Egli avrebbe parlato contro il luogo santo (il tempio) e contro la legge (v.13), mostrandosi blasfemo nei confronti di Mosè e di Dio (v. 11), in modo molto simile a come Gesù stesso era stato accusato (cf. Mc 14,58). In realtà, come vedremo, Stefano non parla contro il tempio ma ne combatte l’assolutizzazione ideologica, secondo il modello dei profeti e dei sapienti di Israele. Il volto di Stefano, trasfigurato, irradia gloria, proprio nell’imminenza della sofferenza, così come anche in Gesù trasfigurazione e passione sono intimamente legate (v. 15).
La trasfigurazione del volto di Stefano indica la possibilità di stare nel conflitto, di viverlo da dentro, senza lasciarsi intrappolare dalle sue logiche, profondamente inseriti in Cristo e nel suo Regno. Il conflitto può infatti spaventarci e portarci a fuggire. Può creare in noi rabbia e portarci ad agire in modo un po’ “partigiano”. Può infine scoraggiarci e bloccarci. Come posso vivere il conflitto con autenticità e in modo “creativo”, come occasione di maggiore unione con Gesù?
