Mc 10,17-30

In modo plateale, un uomo, probabilmente giovane, si presenta a Gesù in mezzo alla folla e si inginocchia davanti a lui. La sua domanda ha un che di preparato, affettato: “Maestro buono, che cosa devo fare per ottenere la vita eterna?”. La lode del maestro, con l’aggettivo buono, ha a che fare con un intento sottilmente manipolatorio del giovane, che vuole intrappolare il maestro in una rete di complimenti gratificanti, tali da accreditarlo come il discepolo migliore, colui che ogni maestro vorrebbe avere, in un reciproco riconoscimento. In realtà ciò a cui punta quest’uomo non è riconoscere davvero l’identità di Gesù, ma confermarsi nella sua pretesa di essere perfetto, a posto, secondo tutti i canoni della pietà ebraica e dei comandamenti appresi dai genitori. Non a caso Gesù nega recisamente l’attribuzione di bontà ricevuta dal giovane, ristabilendo tra i due le giuste distanze, e citando i comandamenti mette alla fine, in posizione di rilevanza, l’onore dovuto al padre e alla madre.

Gesù ha capito il limite di questo giovane, abituato ad obbedire alle richieste genitoriali per confermarsi in loro. Gesù gli offre a questo punto una possibilità per andare oltre a questa situazione di stallo nella sua vita, attraverso un amore donato gratuitamente, senza alcuna richiesta previa. Gesù infatti, fissatolo lo amò.

Il frutto di questo amore si traduce in una libertà di abbandonare tante ricchezze personali, soprattutto di carattere morale, di stima e apprezzamento altrui, di riconoscimento gratificante in contesti protetti. Può cominciare per quest’uomo un cammino di maggiore autenticità e di guarigione interiore, per vivere finalmente a pieni polmoni, con cuore rinnovato, l’intensità dell’amore, uscendo da sé stesso.

Per ora quest’uomo se ne va triste. Talvolta i propri condizionamenti profondi prevalgono sul richiamo dell’autenticità, per la fatica a rinunciare alla propria confort-zone, per la difficoltà a costruire una stima di sé adeguata in modalità così radicalmente innovative, rispetto alla consueta (ma sempre precaria) stabilità raggiunta dalla persona.

Ma ciò non significa che non possa esserci per quest’uomo una seconda possibilità. Nulla è impossibile a Dio!

(MEMORIA) Rileggo più volte il brano di Vangelo, cercando di sostare su quelle frasi, espressioni, parole che toccano le corde più profonde della mia interiorità. Esse nel loro complesso costituiscono una Parola che Dio oggi mi rivolge personalmente.
(INTELLIGENZA) Cerco di comprendere il significato di questa Parola nella mia vita, utilizzando paragoni con il mio vissuto quotidiano e cercando di gettare qualche luce sul mio presente e prossimo futuro.
(VOLONTÀ) Oriento tutto il mio cuore a ciò verso cui mi porta la Parola e entro in una preghiera di supplica, ringraziamento, lode, a seconda di ciò che sento.

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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