Siamo così abituati ad ascoltare questi racconti evangelici che non ci coglie più lo stupore di fronte ad un così strano ordine del maestro: dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”.
Perché Gesù definisce questo edificio – che appartiene ad una persona apparentemente sconosciuta, in un luogo dove i discepoli arrivano seguendo un uomo con una brocca d’acqua – come la “mia stanza”? Tutto sembra convergere verso un pieno dominio dei dettagli da parte di Gesù, in modo che anche questo luogo, così estraneo fino a quel momento alla storia, diviene invece così intimo e familiare, tanto da essere scelto per l’Ultima Pasqua con i suoi discepoli e l’istituzione dell’Eucarestia.
Questa stanza, così lontana da Gesù eppure scelta da lui per un momento di grande intimità con i suoi, può rappresentare tante cose. Anzitutto è una realtà che il maestro conosce, prima ancora di entrarvi per dir così, ufficialmente; poi è un luogo che egli sceglie deliberatamente per celebrare la Pasqua ebraica e in essa fondare la memoria della sua consegna d’amore agli uomini e al Padre. Infine è un luogo da preparare con cura, perché possa accogliere questo dono e portarlo a frutto pienamente.
La prima cosa che questa stanza rappresenta è il mio cuore. Quella realtà che Lui cohnosce, prima ancora che io lo lasci entrare celebrando l’Eucarestia. Quella realtà a cui lui si consegna totalmente dando il suo corpo e il suo sangue, per guarirmi e donarmi la pace. Infine questo cuore è un luogo da preparare ogni giorno, per lasciar germogliare sempre più in esso i frutti di questa guarigione.
La seconda cosa che questa stanza può rappresentare è la mia vita, intesa come l’insieme delle mie relazioni. Se Gesù ha istituito l’Eucarestia proprio nella medesima stanza in cui Giuda macchinava di tradirlo, ciò significa che Gesù non si vergogna di abitare dentro ad un cuore pieno di sentimenti contrastanti per le altre persone e dentro a relazioni anche difficili, faticose, da elaborare continuamente. L’Eucarestia può essere una fonte straordinaria di capacità relazionale, una risorsa enorme e incalcolabile di energia per riannodare fili apparentemente spezzati, per rimarginare le ferite, per trasformare il dolore in un’opportunità di rinnovamento esistenziale.
La terza cosa che questa stanza può rappresentare è il mondo stesso, ad esempio nei suoi tanti luoghi di lavoro Penso oggi ai lavoratori che stanno perdendo la vita nei luoghi di lavoro, per chi non è garantito e deve sottostare a turni massacranti, magari somministrati da un’app impersonale. Nell’Eucarestia il Signore ha celebrato nel pane e nel vino il frutto del lavoro umano e si è donato perché tale lavoro possa riacquistare dignità e rispetto della persona. Questa stanza del mondo può essere rappresentata anche dalla natura, dall’ambiente. L’Eucarestia è fatta di elementi tratti dal cosmo, il pane e il vino per esserci richiedono un ciclo della vita, una biosfera, un ciclo dell’acqua e l’organismo vivo della Terra. Sempre più ci rendiamo conto di essere parte di questo tutto, le cui condizioni rendono possibile anche la nostra vita. Siamo in un rapporto di interdipendenza e di “intimità” creaturale, con ogni altra realtà vivente. Nell’Eucarestia Gesù si dona anche a questo cosmo ristabilendo la nostra relazione con esso in modo ordinato, secondo Dio. Ci purifica dalla malattia di un consumo senza fine delle risorse e ci dona la possibilità di stabilire un equilibrio virtuoso, da buoni amministratori di questo condominio così complesso che è la natura.
Nutrendoci dell’Eucarestia siamo ricondotti così in equilibrio con noi stessi nella stanza del nostro cuore, con gli altri nella stanza delle relazioni, e con il mondo nella stanza della natura.
Ecco il corpus domini, la festa di un corpo, quello del Signore Gesù, che trova la sua gloria ed è presente in ogni cosa, in ogni relazione della nostra vita e in ogni pensiero e sentimento del nostro cuore! Offriamo tutto a Lui e ne sapremo gustare la presenza in ogni cosa!
