
La croce non è fatta tutta d’un pezzo.
C’è un palo orizzontale, chiamato patibulum, che viene portato dal condannato fino al luogo dove sarà crocifisso. Qui si trova un palo verticale, chiamato stipes, alla cui sommità il patibulum viene infisso. Poi ci può essere un titulus in cui viene scritto il motivo della condanna e infine, in fondo, si può collocare un piccolo sostegno ligneo per appoggiare il piede, in modo che il condannato possa, finchè riesce, farsi forza con le gambe per tenersi su e avere un po’ di sollievo.
La croce di Gesù si trova su un piccolo monticello, chiamato Golgota, prodotto da una cava di natura artificiale. Infatti intorno i romani avevano scavato la roccia, per trarne materiale da costruzione. Li vicino alcune ulteriori escavazioni erano state utilizzate per farne anche delle tombe.
Entriamo un po’ in questa scena con la nostra immaginazione e proviamo a metterci con la nostra persona al posto o nella funzione di qualcuno di questi oggetti che costituiscono il quadro della passione.
Posso essere il patibulum, perché scelgo di mettere anche la mia sofferenza nel peso che il Signore porta, per amore mio. Posso quindi sentire le sue spalle forti, segno della sua intima e indomabile volontà di portare a compimento il disegno del Padre nel donare il Suo Spirito sulla croce: “tutto è compiuto”, dice Gesù. Così lui mi porta fino in fondo, fino alla pienezza e totalità del suo amore e trasforma ogni mio dolore in una gioia più profonda.
Posso anche mettermi in quel piccolo sostegno di legno dove Gesù appoggia i suoi piedi. Scelgo allora di dargli un po’ di conforto e di farlo ogni volta che intorno a me c’è qualcuno che soffre, che fa fatica. Non sarò in grado di risolvere le situazioni negative o di eliminare la sofferenza, ma posso offrire un certo sostegno per aiutare le persone ad andare avanti, a sostenere i pesi che portano.
Posso infine essere anche la nuda roccia, nella quale viene versato il sangue del costato trafitto di Gesù. Una roccia che grida a Dio ogniqualvolta viene versato il sangue innocente e però questa volta, dopo aver gridato, sceglie di bere, perché questo sangue è una vita che risana ogni ferita del mondo e penetra tutte le fessure, arrivando fino al cuore della roccia, al centro della Terra.
Prendiamo un minuto e scegliamo: chi sono in questo momento? Il patibulum sulle spalle di Gesù, il pezzettino di legno su cui appoggia i suoi piedi o la nuda roccia impregnata del suo sangue? Penetriamo così, ognuno dalla sua angolatura, la ricchezza della croce, mistero che ci attraversa e ci trasforma nell’ amore!
