Quanto Gesù appare risorto ai suoi discepoli dopo la sua morte, loro gli chiedono se è quello il momento in cui si ricostituirà il Regno di Dio. Pensavano ad una struttura, ad un programma, ad un piano preciso, di cui sarebbero stati i ministri…una sorta di fase 2 e 3 della storia della salvezza, in cui si sarebbero programmate tutte le cose da fare. Quella richiesta veniva dal loro bisogno di sicurezza, di punti di riferimento, in una situazione molto difficile e confusa. Rimanendo uniti, tutti insieme nello stesso luogo, avevano potuto fare esperienza della resurrezione di Gesù, ma ancora questa esperienza era rimasta come sospesa, non riuscivano a capire come muoversi, quali priorità dare, come ricostruire il loro futuro di comunità. Avevano appunto bisogno di punti di riferimento, di obiettivi, di strategie, di programmi.
Il Signore non gli promette niente di tutto questo: dice semplicemente che non spetta a loro stabilire i tempi e i momenti. Gli promette invece il dono dello Spirito Santo, che li renderà suoi testimoni.
Gesù durante la sua vita era ripieno dello Spirito Santo e ciò si manifestava nell’incontro con tante persone, affette dal male. In loro lo Spirito suscitava una fede profonda nella vita, attraverso Gesù, e per questo venivano guarite. Era una rigenerazione dell’uomo, del suo sé profondo, e insieme un’apertura alla comunicazione, alla relazione, simbolizzata dall’apertura degli occhi, delle orecchie, della capacità di parlare. Era un riprendere a camminare in avanti, dopo essere entrati in un corpo a corpo con la Vita, che li ha rigenerati. Così anche i discepoli, come il loro maestro, saranno pieni di Spirito Santo, cioè la loro parola e la loro persona sarà abitata da una presenza ospitale e potente, capace di comunicarsi, come un dono di vita, a tante persone diverse, a ciascuna in un modo personale e intimo. Le lingue di fiamma che si posano su ciascun discepolo indicano l’unico vangelo della vita, comunicato in modo adatto a ciascuna persona, per riattivare la sua parte più vera e profonda, unica e insostituibile. Il dono dello Spirito infatti fa questo, riattiva la vita e suscita la meraviglia per i doni del Signore: “li sentiamo proclamare le grandi opere di Dio”, dicevano i giudei di ogni nazione, radunati intorno al cenacolo di Pentecoste. Queste grandi opere sono nient’altro che il dono della vita, dell’amore, il senso profondo del nostro essere unici e insostituibili e insieme fatti per una comunione più forte e radicale del male e della morte. La comunità cristiana forgiata a Pentecoste non è una struttura ripiegata sui propri riti e sui propri pensieri astratti, è invece una istituzione umana che si presenta come segno e strumento di incontro “fisico”, concreto, con ciascun uomo, attraverso la potenza di vita che scaturisce dal risorto.
Di fronte al bisogno di programmi, di indicazioni, di norme, che ci permettano di “salvarci” dalla pandemia e di fare il nostro dovere verso gli altri, ci viene dato a Pentecoste il dono dello Spirito, che non ci rassicura con degli ordini da eseguire, ma ci attrae verso Gesù, con il piacere della Vita che Lui ci dona. È un piacere che riattiva la fede nella Vita, più forte del male e della morte e che rimette le persone in contatto con il proprio centro interiore. Non si tratta di verificare quante persone entreranno nella nostra comunità o quanti daranno il loro contributo per le opere di carità o quanti ritorneranno a messa. Si tratta invece di testimoniare gratuitamente, attraverso tutte le occasioni di incontro con le persone, questa offerta di relazione, amicizia, amore. Lo Spirito ci getta nell’incontro corpo a corpo, con la Vita, senza sapere ogni giorno ciò che ci aspetta, in mezzo al vortice spesso confuso e disordinato della storia. Qui lo Spirito ci rende, in modi imprevisti e imprevedibili, nodi riattivatori del focolaio della vita, in una catena infinita di reti e connessioni, molto più accesa e ramificata di qualsiasi epidemia virale.


Molto bello e incoraggiante!!!