Un dettaglio molto umano e molto umile, in questo racconto matteano dell’ultima apparizione di Gesù ai suoi discepoli sul monte in Galilea, è quello del dubbio dei discepoli.
Nonostante il particolare privilegio di cui gli undici hanno goduto, ossia quello di incontrare il risorto in un modo così intimo e personale, essi dubitavano: il dubbio, sembra dirci il Vangelo, è contestuale alla stessa esperienza di incontro che essi hanno fatto con il risorto, nella fede. Se è stato scritto, non lo è affatto per scandalizzarci, ma per aiutarci a comprendere come l’esperienza degli apostoli sia stata in realtà molto umana e molto vicina alla nostra esperienza di vita.
Il dubbio nasce quando un’esperienza si pone in modo così nuovo, così inaspettato, da far risaltare in modo netto il contrasto con le esperienze passate, soprattutto quelle traumatiche, difficili, impegnative. E siccome di prove non siamo risparmiati nella nostra vita, ecco che se accade improvvisamente qualcosa di bello, potremmo essere tentati di non crederci, di averne paura, come dietro l’angolo fosse pronta la fregatura. Ecco il dubbio dei discepoli, che è anche il nostro.
In questa situazione emotiva che segue trauma della morte del maestro per i discepoli e il trauma collettivo di questa pandemia per noi, Gesù si fa vicino e ci parla, e solo in questo modo ci permette di superare i nostri dubbi, perché li scioglie con la sua parola.
Cosa dice ai discepoli? “A me è stato dato ogni potere in cielo e in terra” Si tratta di fare capire ai discepoli che lui è davvero un maestro affidabile, perché gli è stato concesso da Dio il potere dell’amore, che è in grado di trasformare il mondo molto più di tutti gli altri poteri, compreso quello militare. Il potere militare infatti è può unicamente far del male e può impedire un male maggiore solo attraverso la deterrenza. Invece quello di Gesù risorto, che sale al Padre, è un potere di trasformazione del male in bene, un potere di resilienza, dunque un potere molto più alto e performante. La resilienza è più che capacità di resistere, è capacità di trasformare il trauma, la difficoltà, la fatica, in opportunità di crescita e di riscatto. Essa implica l’attitudine a trovare nuove angolature, più profonde e positive, da cui guardare le difficoltà e orientare di conseguenza la nostra vita. . Essa è la traduzione operativa dell’amore, che sa innescare una nuova fiducia lì dove in precedenza si vede solo la sconfitta. In questo tempo traumatico essa ci aiuta a passare dalla paura alla prudenza; dalla rabbia alla determinazione; dalla delusione ad una speranza più profonda, dal giudizio, di sé e degli altri, ad una comprensione più ampia. I suoi frutti sono caratterizzati dallo sciogliersi delle tensioni e dei blocchi interiori per fare un passo in più verso l’alto. È in fondo il potere dello Spirito di trasformare la morte in resurrezione. Se il potere umano, dal basso, si esprime con la deterrenza, quello divino, dall’alto, con la resilienza. Esso proviene dall’attrazione che il risorto, salito al padre, esercita sull’umanità, spostando costantemente il nostro baricentro verso l’alto. Man mano che si sale, si diventa più disponibili ad allargare il nostro raggio d’azione, fino ai confini del mondo, come dice Gesù negli Atti degli apostoli.“Sarete miei testimoni fino ai confini del mondo”. Che tale confine, tenebra dove la luce non è ancora arrivata nel cuore di ogni uomo, diventi sempre più la geografia della nostra testimonianza!

