Dal 4 maggio si riapre, potremo uscire dalle nostre chiusure, anche se in modo ancora molto limitato. In realtà, le limitazioni saranno ancora notevoli e le fatiche e le paure per il futuro prevarranno. Ostacoli di natura amministrativa e burocratica spesso impediscono alle istituzioni, come lo Stato italiano o l’Unione Europea, di tradurre in tempo opportuno i progetti e gli stanziamenti in erogazioni concrete. Tanti piccoli commercianti devono continuare la loro chiusura. Le famiglie avranno ancora i figli sempre a casa, almeno fino a settembre e non si sa quando potranno riprendere le aggregazioni, sportive, educative, parrocchiali. Di fronte a tutto questo la rabbia e lo scoraggiamento potrebbero avere la meglio nel nostro cuore. Ascoltiamo il vangelo di oggi, per capire se ha qualcosa da dirci, in questa nostra situazione.
Oggi nel vangelo, che è tratto dal capitolo 10 di Giovanni, si parla di un pastore che entra per la porta dell’ovile, chiama le sue pecore per nome e le fa uscire dal recinto. È chiaramente una metafora per indicare Gesù, che con la sua morte e resurrezione è in grado di donarci la vita per sempre, e dunque ci chiama a godere di questa vita, uscendo dal recinto. Di che recinto si tratta? Anzitutto possiamo cogliere il parallelo con la nostra situazione di lockdown: prima ancora di uscire “dalle nostro case”, il Signore ci chiama ad uscire dai recinti delle nostre chiusure, delle nostre rabbie e risentimenti, del nostro scoraggiamento e delle nostre paure.
Da dove nascono tutti questi sentimenti e come possiamo “uscire” da essi? In fondo nascono dal timore o dalla preoccupazione di essere lasciati soli, dimenticati, abbandonati, esclusi. In una crisi come questa lo Stato fa fatica a rispondere a tutte le esigenze e il timore cresce. Certo dobbiamo chiedere alle nostre istituzioni una maggiore capacità di intervenire rapidamente, di eliminare tanti ostacoli “burocratici”. Dobbiamo però anche ammettere che né lo Stato, né la Scienza, né la Tecnica hanno la “bacchetta magica” e saranno in grado di rendere la nostra vita così “sicura” come la vorremmo. Forse ci siamo illusi che gli scienziati e i tecnici potessero avere tutte le risposte alle nostre difficoltà e crisi, economiche, sociali, sanitarie. Non è così. Anche la scienza e la tecnica sono umane, richiedono tempo e soldi, sono imperfette e, benchè possano fare tanto, non ci “assicurano” in modo perfetto. Siamo creature fragili, è tempo di riconoscerlo e accettarlo, di fare pace con noi stessi e, nello stesso tempo, di sentire che, in questa fragilità, risuona una voce più potente, più autorevole, più profonda.
È la voce del “buon pastore”, che chiama ciascuna delle sue pecorelle per nome. Il nome dice l’identità profonda, unica, insostitubile della persona. C’è qualcuno che ci conosce meglio di chiunque altro, e la sua voce risuona nel profondo del nostro cuore, per rassicurarci, consolarci, donarci quel coraggio di cui abbiamo bisogno in questa situazione. Se ascoltiamo la sua voce, se lo seguiamo, lui ci condurrà fuori dal recinto, ossia fuori dalla paura, dall’ansia, dallo scoraggiamento, dalla rabbia, per donarci quella vita in abbondanza, che ci rassicura interiormente. È vero che in questo periodo non possiamo godere del sacramento dell’eucarestia domenicale, ma possiamo nutrirci della parola del Vangelo ogni giorno: lì risuona sempre la Sua voce di buon pastore, lì la Sua Parola incontra le esigenze più vere e profonde del nostro cuore e illumina ciò che è oscuro, infondendo serenità e speranza. Alimentiamo il desiderio dell’eucarestia con la preghiera quotidiana del Vangelo. Se la messa è stata finora un’occasione per ritagliarci un po’ di tempo personale di incontro con Dio, riserviamoci comunque quel tempo quotidiano o settimanale per il Signore, scegliendo un posto, sia esso la Chiesa o un angolo ben preparato del nostro appartamento o del nostro giardino. In quell’angolo, per quanto piccolo, il Signore Gesù, da buon pastore, ci farà uscire verso prati e pascoli abbondanti e nutrirà il nostro cuore di tutto ciò di cui ha bisogno.
Per tutto il resto, come cristiani, siamo chiamati a offrire al mondo una testimonianza di “buona coscienza”. Oggi in Italia si discute e litiga, perché la legge, preoccupata di dare indicazioni chiare, cerca di entrare nei dettagli della nostra vita quotidiana. Purtroppo ciò rischia di alimentare la confusione, perché è impossibile prevedere tutte le situazioni e quindi sorgono continuamente problemi di interpretazione. In questa situazione complessa, se ascoltiamo la voce del buon pastore e usciamo dal recinto delle nostre ansie, saremo più in grado di guardare allo “spirito” della legge, e potremo fare appello ad una “retta e informata coscienza”, che ci aiuterà a discernere i comportamenti concreti da adottare di volta e in volta.
Lasciamo guidare dalla voce del buon pastore, e la nostra coscienza potrà orientarci in ogni cosa, nella prudenza e nella carità!
