Una Chiesa che invia e festeggia

 

Cosa significa che Gesù è stato glorificato proprio mentre viene tradito da Giuda? Significa che si sta compiendo quel disegno per il quale Gesù verrà innalzato da terra, ossia crocifisso, e attraverso questo innalzamento potrà attirare tutti quanti a sé. È la gloria della missione che viene compiuta, ossia di una attrazione universale che Gesù risorto realizza, con l’onnipotenza del suo amore. Un’ universalità estensiva, perché rivolta a tutti gli uomini, ma anche intensiva, perché agisce dentro l’esperienza del tradimento di Giuda. Gesù gli dà un boccone e accompagna questo gesto di intimità con le parole: “quello che vuoi fare, fallo subito”. In questo modo Gesù sta dicendo che non è più Giuda a tradirlo ma lui a consegnarsi a Giuda nel suo tradimento. Non evita il tradimento, il rinnegamento, l’abbandono, la fragilità dell’uomo, ma li include nella sua consegna d’amore, in modo da trasformarli dal di dentro, farli diventare luoghi di possibile incontro con il suo amore.  L’universalità dell’amore di Gesù, estensiva ed intensiva, genera una certa immagine di Chiesa, in cui si vive la potenza di questo amore e ci si sente sospinti da esso: fino ai confini del mondo, perché il suo amore è universale nell’estensione e senza limiti e restrizioni interiori, perché il suo perdono e la sua grazia sono sempre costantemente attivi in noi.

Mi piace guardare attraverso questa lente dell’amore estensivo e intensivo di Gesù il racconto degli atti degli Apostoli che abbiamo appena letto nella prima lettura. Vi si dice che Paolo e Barnaba tornarono ad Antiochia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per tutto quello che avevano compiuto e che raccontarono come il Signore avesse aperto ai pagani la porta della fede. I due discepoli si sentono inviati da una comunità e tornano ad essa raccontando ciò che il Signore ha fatto. Cioè sentono l’amore di Dio nella comunità che li ha inviati e nei frutti che hanno raccolto e che necessitano di essere raccontati.  Ci capita spesso di considerare le cose che facciamo, anche per gli altri anche nella comunità cristiana, in una dimensione esclusivamente individuale: finché mi piace, finché mi gratifica, finché ho tempo, lo faccio. Oppure, viceversa, ci sentiamo prestatori d’opera, eseguiamo quella funzione perché c’è bisogno, perché siamo utili, e poi tutto finisce li. Facciamo fatica ad inserire il nostro contributo, piccolo o grande, nel quadro di un disegno d’amore di Dio per noi e per la comunità stessa. Subentrano stanchezze, frustrazioni, incomprensioni e tutta la motivazione e la gioia di impegnarsi possono vacillare. Ma se l’amore di Gesù è universalmente intensivo, ciò significa che noi abbiamo la possibilità di vincere tutto ciò che ci porta a scoraggiarci e, con la sua forza, perseverare nel servizio. Anche Paolo e Barnaba hanno avuto enormi difficoltà in quel viaggio, ma la grazia di Dio è sempre stata in grado di prevalere, in modi spesso imprevedibili e improvvisi, perché il senso di quella missione andava oltre le loro persone.

Inoltre questa comunità di Antiochia non ha avuto paura di dare i suoi uomini migliori per una missione che doveva oltrepassare i confini territoriali e giungere con Paolo fino ai confini del mondo. I missionari partono, fondano nuove comunità e mettono responsabili in ogni comunità dove sono passati.  La comunità di Antiochia ha potuto affidare Paolo e Barnaba alla grazia di Dio, perché ha una fiducia profonda nell’amore universale che Gesù ha messo nella storia e che opera con la potenza dello Spirito Santo. Quanto siamo lontani da questa mentalità: noi le persone, specialmente se sono bravine, ce le teniamo strette, perché abbiamo una cronica carenza di risorse e non pensiamo quasi mai a ciò che c’è al di là dei confini un po’ ristretti delle nostre attività pastorali. Dovremmo invece inviare i nostri nel mondo, che chiede uomini e donne qualificate, che sappiano fare bene e con onestà il loro lavoro e, se richiesti, siano in grado di testimoniare con semplicità e rispetto la propria fede. Dovremmo inviare le persone chiamate al servizio dei più poveri e dei giovani, perché non abbiano paura di aiutare, educare, accompagnare nella fede.  Dovremmo inviare le persone nella politica che aspetta testimoni coerenti, competenti, prudenti, liberi, guidati non dall’ambizione personale, ma dalla passione per l’umano, specialmente il più debole e sfortunato.

Infine Paolo e Barnaba riferirono alla Chiesa tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e la comunità è in grado di fare festa con il racconto e la testimonianza dei missionari. Questo è il vero senso della nostra festa, celebrare i nostri percorsi, difficili e impegnativi ma sempre accompagnati dalla grazia, e raccontarceli reciprocamente, perché possiamo lodare e ringraziare Dio di tutte le cose belle che fa nella nostra vita e nella nostra comunità.

 

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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