Lettura popolare XXV TO Anno B (Mc 9,30-37)

 

 

Lettura popolare XXV TO Anno B Mc 9, 30-37

 

Mc 9,30-37

Discepoli del servo

 

Il messaggio nel contesto

 

IMPORTANTE: questa breve contestualizzazione e spiegazione del brano evangelico serve da preparazione remota per l’accompagnatore, prima dell’incontro. Si tratta di mettersi in preghiera personalmente, leggere il brano evangelico e poi approfondirlo con attenzione. Le considerazioni svolte sotto non sono da “ripetere” ai partecipanti, ma da tenere presente durante l’incontro.

 

 

Gesù parte con i suoi discepoli dal luogo dove aveva compiuto l’esorcismo sul ragazzino epilettico (cf. 9, 29) e attraversa la Galilea. Il suo tenersi nascosto dalla folla (v. 30) è un segnale preciso rivolto a chi legge: ciò che Gesù sta per comunicare è una rivelazione rivolta solo al gruppo dei discepoli. Egli infatti annuncia la sua passione, morte e resurrezione (v. 31). Si tratta di un “insegnamento”, che intende istruire i discepoli e farli entrare progressivamente nel mistero: la morte di Gesù in croce non è un caso fortuito della storia, ma un preciso disegno di Dio. Dio allora ha voluto la sofferenza di Gesù?  Questo annuncio della passione è molto chiaro in proposito: Gesù è consegnato nelle mani degli uomini ed essi lo uccidono. In questo contesto, il verbo “consegnare” indica un’azione violenta degli uomini, che implica tradimento e oppressione. Vengono sintetizzati così il tradimento di Giuda (cf. 14,10), la consegna delle autorità giudaiche a Pilato (cf. 15,1) e la consegna di Pilato ai soldati per la crocifissione di Gesù (cf. 15,15).  Dopo tre giorni l’uccisione di Gesù l’annuncio prevede la sua resurrezione (v. 31) come risposta definitiva del Dio della vita nei confronti del potere della morte. Alla luce della resurrezione si può rileggere la “consegna” da parte degli uomini, come una radicale “consegna” di Dio per amore, che trasforma l’odio e la violenza umana nella rivelazione di una vita più forte della morte. Solo alla luce della resurrezione si può capire la croce di Gesù ed è per questo motivo che l’insegnamento di Gesù è destinato a non essere compreso dai discepoli, che hanno paura: solo dopo la resurrezione potranno comprenderlo (cf. v. 32).

La seconda parte del testo ritagliato dalla liturgia presenta una diversa ambientazione (vv. 33-37). Ci troviamo a Cafarnao, a casa, probabilmente di Pietro (v. 33, cf. Mc 1,29).  La casa è il luogo della catechesi comunitaria (cf. 7,17; 9, 28.33; 10,10), che nasce da una discussione che aveva contrapposto i discepoli “lungo la strada”, cioè esattamente nello stesso contesto in cui Gesù aveva rivolto loro il suo insegnamento. Di fronte alla domanda di Gesù, i discepoli tacciono, segno della contraddizione che ha caratterizzato il loro dibattito, a confronto con l’insegnamento di Gesù (v. 34). Sedendosi, Gesù assume la postura del rabbi (v. 35), e si rivolge ai dodici, che rappresentano l’autorità di Gesù nella comunità dei suoi discepoli, per esprimere il significato della responsabilità ecclesiale: essa è servizio, che nasce dalla disponibilità del dono della vita e implica accettare di essere l’ultimo. Il modello è Gesù stesso che non è venuto per farsi servire ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (cf. 10,45).  A questo insegnamento segue il gesto simbolico di abbracciare un bambino. Il contrasto con la discussione dei discepoli è fortissimo: essi hanno discusso sul più grande, egli mette al centro della comunità un bambino, che rappresenta il discepolo. Non si tratta tanto del fatto che i capi debbano tenere conto dei più deboli nella comunità, ma del fatto che ogni capo si deve anzitutto considerare un discepolo che, nella misura in cui si fa piccolo, porta Gesù nel cuore di coloro che lo accolgono.

 

 

 

 

 

 

Come realizzare concretamente l’incontro?

 

Collocazione spaziale: è bene curare particolarmente la collocazione spaziale dei partecipanti all’incontro. È opportuno scegliere configurazioni geometriche che favoriscano la percezione dei partecipanti di trovarsi coinvolti allo stesso livello e senza distinzioni gerarchiche con gli accompagnatori (meglio un cerchio di sedie che un tavolo “da relatore” con le file di sedie davanti)

 

durata: 1h (tutte le indicazioni temporali sono puramente indicative dei rapporti che dovrebbero stabilirsi tra le fasi dell’incontro, ma non sono da prendere alla lettera)

 

  1. Ricordiamo la vita. (15 minuti)

I rapporti umani e il desiderio di essere al centro…

Questo invito  ha l’obiettivo di coinvolgere i partecipanti al Cenacolo a partire dalla loro vita. Deve essere posta in modo molto informale e quasi naturale, come se l’incontro non fosse ancora iniziato realmente. L’accompagnatore sa invece che con questa domanda i partecipanti iniziano a condividere le loro esperienze dentro al contesto interpretativo del racconto evangelico. Un Gesù che “risolve” le situazioni fa parte di una fede ancora ingenua, come quella di Pietro, che rifiuta la logica della croce.

 Questo collegamento non deve essere esplicitato dall’accompagnatore, perchè saranno gli stessi partecipanti a scoprirlo nell’approfondire la lettura.

 

 

  1. Leggere con attenzione il brano del Vangelo (almeno due volte) e soffermarsi su una parola che colpisce:  Mc 9,30-37. (10 minuti)

 

La lettura può essere condivisa, un versetto a testa, perchè il tesoro della parola sia concretamente partecipato da tutti, allo stesso livello. Poi si danno cinque minuti per scegliere una parola che colpisce l’attenzione e la curiosità di ciascuna persona e per condividerla, uno dopo l’altro.

 

 

 

  1. Iniziare un dialogo un pò più approfondito a partire dalla lettura (30 min)

Partendo dalla condivisione della parola si può invitare qualcuno, che sembra un pò più estroverso e a suo agio nel gruppo, ad esplicitare il “perchè” ha scelto quella parola. A questo punto si aiutano anche gli altri, ponendo delle domande, a condividere le loro impressioni e valutazioni.

Alcune domande che possono essere poste, senza pretendere di seguire un ordine logico preciso, ma seguendo le intuzioni condivise dai partecipanti.

Può essere utile partire da domande riguardanti luoghi, tempi, personaggi, verbi di azione. Si tratta non solo di aiutarli a comprendere il testo, ma anche a condividere la loro vita, idenificandosi nei personaggi e nelle loro reazioni davanti a Gesù.

Ecco uno schema possibile di domande:

 

  • Quando e dove si svolge l’azione?

– Gesù è in cammino per la strada in un viaggio che lo porterà a Gerusalemme, luogo della sua morte e resurrezione. Il cammino è la metafora della vita, che si compie secondo la volontà di Dio. Anch’io sto camminando o mi trovo piuttosto fermo?

-Gesù attraversa la Galilea, e non vuole che alcuno lo sappia. C’è infatti una rivelazione che Gesù deve fare ai suoi discepoli, che camminano con lui. La persona di Gesù è per me un mistero oppure penso di avere tutto ben chiaro? Si tratta di un rapporto personale che ho con lui?

  • Chi sono i personaggi e cosa fanno?
  • Il protagonista è Gesù, che insegna non una teoria, ma il mistero di quanto sta per accadere, la sua passione, morte e resurrezione. Vivo il mistero pasquale come un insegnamento esistenziale di Gesù che coinvolge anche la mia vita?
  • Gesù sembra non intervenire con i discepoli, mentre essi discutono, ma poi in casa, mette in atto il suo ruolo di rabbi, di maestro, sedendosi. La casa è infatti il luogo dell’intimità, in cui un padre insegna la legge ai propri figli. Ho un’intimità con Gesù insieme ad altri discepoli? Quali luoghi e ambiti di incontro con il Signore nella preghiera?
  • Gesù prende un bambino e lo mette al centro, abbracciandolo. Chi c’è al centro della comunità, i più deboli, o coloro che vogliono primeggiare? Mi faccio anch’io piccolo come un bambino?
  • Che cosa dicono i personaggi?
  • Gesù parla del suo essere consegnato nelle mani degli uomini. Cos’è per me la croce, luogo di ingiustizia e sofferenza o manifestazione di un mistero d’amore?
  • Gesù annuncia che dopo tre giorni risorgerà. Sono convinto che la vita che viene da Dio è più forte della morte?
  • Il primo è il servo e l’ultimo. Con quali atteggiamenti e sentimenti accolgo questa parola di Gesù nella mia vita? Quali luoghi e circostanze in cui essa si avvera? Quali resistenze interiori?
  • Quale rivelazione è in gioco qui?

 C’è la rivelazione di un Dio che si fa ultimo e servo e che si può conoscere solo accogliendo gli ultimi e i piccoli. È il Dio che ha inviato Gesù, e che si rivela come Padre e come Figlio. Quali rapporti nella comunità cristiana mi hanno fatto conoscere Dio come Padre e Figlio?

 

 

  1. Condivisione della vita nella preghiera (5/10 min). L’ultimo passo, dopo la condivisione della vita, è invitare ad una breve preghiera, magari formulata inizialmente dall’accompagnatore. Qualche minuto di silenzio può autare a far risuonare la vita e la Parola condivise e raccogliere alcuni elementi che possono essere stimoli per una preghiera. Il partecipante che non intende pregare sentirà comunque che la propria condivisione è stata ascoltata e che la sua vita è stata messa davanti a Dio nella preghiera di altre persone.

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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