Omelia festa del ringraziamento

Santa Famiglia 2017

Per fede Abramo partì senza sapere dove andava.  Per ciascuno di noi, che viviamo un servizio nella comunità, c’è stata una chiamata che ci ha gratificato. Ma quando si tratta di perseverare in quella chiamata in una situazione difficile, quando intorno a noi mancano i segni e ci sembra di non sapere dove andare, ci scoraggiamo e ci lamentiamo con Dio.

È la situazione di Abramo, che ad un certo punto si lamenta con Dio, perché nonostante abbia ricevuto una promessa, ora, ormai vecchio, non ha eredi che possano compierla. Ma Dio gli rinnova quella promessa di un figlio e di una discendenza numerosa ed egli presta fede. La fede di Abramo vince lo scoraggiamento dei fallimenti, che sono anche i nostri. Non è facile insistere nel seminare, nell’annunciare, nel provocare, anche di fronte alla difficoltà di vedere una risposta in coloro che si affacciano alla nostra comunità. Non siamo preparati, cerchiamo la nostra gratificazione e veniamo frustrati. Ma poi all’improvviso il dono di Dio ci sorprende, ci fa capire che il seme del Vangelo è all’opera: può essere la domanda profonda di un bambino, un genitore che si coinvolge di più, un ragazzo nel cui cuore il Signore sta diventando importante.  È un’altalena, una giostra di fallimenti e di successi, di segni negativi e positivi, attraverso cui il Signore ci educa a partire dalla realtà e non da noi stessi, ci purifica dal nostro orgoglio e ci fa crescere nella fede di Abramo.

Solo che noi rischiamo spesso di non leggere i segni positivi, a causa di tre malattie, che sono una la conseguenza dell’altra:

-La malattia dello scoraggiamento che porta a vedere solo il negativo e all’abbandono. Oggi più che mai le persone hanno bisogno di essere accompagnate e incoraggiate nel loro cammino e nel loro servizio.

-la malattia del funzionalismo. Siccome abbiamo paura di vedere la realtà e di scoraggiarci, allora ci rifugiamo nella forma: il programma del catechismo l’ho finito, il cibo per i poveri l’ho distribuito, la veglia per il defunto l’ho celebrata, ho garantito l’efficienza dei servizi e delle strutture. Questo è un rifugio che ci impedisce di vedere i veri frutti che il Signore opera nei cuori. Inoltre ci irrigidisce nelle forme e ci ostacola nel fare i cambiamenti necessari per annunciare meglio e di più il Vangelo.

-la malattia della separazione. Se guardiamo solo alla nostra funzione e assolutizziamo il nostro sguardo particolare, non sappiamo più pensarci come comunità che evangelizza, a vederci come corpo organico. Perdiamo il gusto di vedere la comunità come famiglia e finiamo per vivere dei contrasti tra di noi, perché ci sembra che il nostro punto di vista non sia capito, compreso. In realtà facciamo fatica anche noi a comprendere il punto di vista dell’altro. Ciò ci impedisce anche di vedere che i passi in avanti nella fede ordinariamente non sono il frutto di uno solo, fosse anche una persona particolarmente brava e carismatica, ma della Chiesa nel suo insieme.

Per vincere subito queste malattie abbiamo bisogno del vaccino della fede di Abramo, e anche di Simeone e di Anna. Come Simeone siamo chiamati a guardare con occhi dello Spirito ogni famiglia apparentemente uguale alle altre, per scorgervi l’azione della grazia. Come Anna siamo chiamati a manifestare e facilitare questa azione con la nostra testimonianza e con una paziente perseveranza, senza scoraggiarci.  E, sempre come Anna che stava nel tempio di Israele, siamo chiamati a valorizzare ogni gesto comunitario – liturgico, catechistico, caritativo e spirituale – per l’annuncio del Vangelo e la crescita della fede di ogni persona e specialmente dei giovani.

Così la fede di Abramo, di Simeone e di Anna sarà il nostro vaccino: se qualche volta ci ammaliamo un po’, avremo gli anticorpi pronti!

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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