Lettura popolare XXIV TO Anno A
Mt 18,21-35
Perdonare il proprio fratello
Il messaggio nel contesto
Anche questo testo fa parte di un ampio discorso di Gesù che istruisce la comunità dei suoi discepoli. Dopo una esortazione alla misericordia nella ricerca della pecora perduta e nella relazione di accoglienza con i piccoli della comunità (cf. 18,10-14), Gesù passa a trattare i temi della correzione fraterna e del perdono. Una domanda di Pietro fa scaturire la parabola di Gesù: “Signore, fino a quanto dovrò perdonare al mio fratello, fino a sette volte?”. Quella riguardante i limiti del perdono era una questione ben presente agli scribi dell’epoca di Gesù e nell’Antico Testamento, e che si traduceva nel tentativo di costruire un argine alla violenza delle rappresaglie (cf. Gn 4,24) e di lasciarsi ispirare dall’amore misericordioso di Dio ( cf. Es 34,6-7). Sette volte è una cifra che indica totalità, e dunque implica un notevole impegno da parte dell’uomo. Ma Gesù va oltre, e con una risposta iperbolica, indica la cifra di settanta volte sette, ossia sempre. Da notare anche che non sono richieste le scuse da parte del reo, per concedere il perdono, cosa che costituisce un ulteriore indizio della totale gratuità che Gesù chiede ai suoi discepoli.
Per far comprendere questa esigenza propria dell’amore tra i discepoli, Gesù racconta una parabola. Colpisce la enorme sproporzione tra il debito di diecimila talenti, corrispondente al bilancio di uno Stato, che l’uomo non avrebbe mai potuto ripagare, e la modesta somma di cento denari, che poteva corrispondere ad un anno di lavoro di un povero contadino. Per il resto le due scene sono identiche nell’atteggiamento e nelle parole dei due debitori: essi chiedono pazienza, ossia longanimità, perché il debito possa essere restituito nel tempo. Il paradosso sta nel contrasto stridente tra le due risposte: il padrone non solo è longanime, ossia è disponibile ad aspettare, ma addirittura rimette seduta stante tutto il debito, che quell’uomo non avrebbe mai potuto restituire; invece questo debitore malvagio, tratta il suo fratello senza alcuna pietà, pur avendo potuto aspettare solo qualche giorno per la restituzione del debito, e lo fa mettere in prigione. Questo contrasto fa apparire il comportamento del servo, che in altri contesti sarebbe stato ritenuto normale o perfino giusto, insopportabile. La rivelazione della misericordia squarcia l’orizzonte meschino dei risentimenti e delle strategie di vendetta del cuore umano e punta a favorire un processo di conversione e rigenerazione.
La parabola si conclude con la condanna del padrone nei confronti del debitore spietato. Questa conclusione non intende contraddire la misericordia gratuita del padrone, ma solo mostrare che essa, per diventare attiva e reale nella vita dell’uomo debitore, deve incarnarsi nelle sue azioni e nei suoi comportamenti verso i fratelli. Questo amore misericordioso di Dio non è reale nella vita dell’uomo se l’uomo stesso non si lascia trasformare da esso, per lasciarlo agire nei confronti degli altri. Rifiutare agli altri la misericordia significa sottrarsi a quella di Dio. Allora quella che sembra una condanna del padrone o un giudizio divino, non è altro che una ratifica del rifiuto che l’uomo stesso ha compiuto nei confronti della misericordia di Dio. Essa è posta al termine per scuotere il lettore, perché non si lasci sfuggire l’occasione di gustare qui ed ora il perdono di Dio, perdonando i propri fratelli. È anche ciò che chidediamo a Dio con il Padre Nostro, dicendogli: “perdona a noi i nostri debiti, come noi li perdoniamo ai nostri debitori” (Mt 6,11)
Per la lectio divina
Invoco lo Spirito Santo (con un canto o con la Sequenza)
Leggo il brano del Vangelo, almeno due volte con attenzione: Mt 18,21-35.
Cerco di comprendere maggiormente il significato del testo, con l’aiuto del breve commento precedente.
Prego, rileggendo la mia vita alla luce della Parola appena compresa.
Dialogo con Gesù e con il Padre, lasciandomi trasportare, nel chiedere, nel ringraziare, nel lodare, nel contemplare, a seconda di ciò che sento.
Per la lettura popolare
Collocazione spaziale: è bene curare particolarmente la collocazione spaziale dei partecipanti all’incontro. È opportuno scegliere configurazioni geometriche che favoriscano la percezione dei partecipanti di trovarsi coinvolti allo stesso livello e senza distinzioni gerarchiche con gli accompagnatori (meglio un cerchio di sedie che un tavolo “da relatore” con le file di sedie davanti)
durata: 1h (tutte le indicazioni temporali sono puramente indicative dei rapporti che dovrebbero stabilirsi tra le fasi dell’incontro, ma non sono da prendere alla lettera)
1. Ricordiamo la vita. (15 minuti)
Questa domanda ha l’obiettivo di coinvolgere i partecipanti al gruppo di preghiera a partire dalla loro vita. Deve essere posta in modo molto informale e quasi naturale, come se l’incontro non fosse ancora iniziato realmente. L’accompagnatore sa invece che con questa domanda i partecipanti iniziano a condividere le loro esperienze dentro al contesto interpretativo del racconto evangelico.
2. Leggere con attenzione il brano del Vangelo (almeno due volte) e soffermarsi su una parola che colpisce: Mt 18,21-35 (10 minuti)
La lettura può essere condivisa, un versetto a testa, perché il tesoro della parola sia concretamente partecipato da tutti, allo stesso livello. Poi si danno cinque minuti per scegliere una parola che colpisce l’attenzione e la curiosità di ciascuna persona e per condividerla, uno dopo l’altro.
3. Iniziare un dialogo un pò più approfondito a partire dalla lettura (30 min)
Partendo dalla condivisione della parola si può invitare qualcuno, che sembra un pò più estroverso e a suo agio nel gruppo, ad esplicitare il “perchè” ha scelto quella parola. A questo punto si aiutano anche gli altri, ponendo delle domande, a condividere le loro impressioni e valutazioni.
Alcune domande possono essere poste, senza pretendere di seguire un ordine logico preciso, ma seguendo le intuizioni condivise dai partecipanti.
Può essere utile partire da domande riguardanti luoghi, personaggi, verbi. Si tratta non solo di aiutarli a comprendere il testo, ma anche a condividere la loro vita, identificandosi nei personaggi.
Ecco uno schema possibile di domande:
• Qual è il contesto spazio-temporale del racconto
– Gesù sta parlando ai suoi discepoli dopo l’annuncio della passione (17,22-23) e li istruisce sulla comunità messianica e sull’esigenza di vivere il perdono al suo interno.
Qualche domanda
– fino a settanta volte sette: pongo dei limiti al vivere la misericordia?
– abbi pazienza con me: in quali occasioni mi viene richiesto un atteggiamento di pazienza?
– gli condonò il debito: in quali circostanze ho sperimentato e sentito interiormente il perdono di Dio?
– egli non volle: scelgo di rimanere nel risentimento e nella rabbia o almeno coltivo il desiderio di esserne liberato?
4. Condivisione della vita nella preghiera (5/10 min). L’ultimo passo, dopo la condivisione della vita, è invitare ad una breve preghiera, magari formulata inizialmente dall’accompagnatore. Qualche minuto di silenzio può aiutare a far risuonare la vita e la Parola condivise e raccogliere alcuni elementi che possono essere stimoli per una preghiera. Il partecipante che non intende pregare sentirà comunque che la propria condivisione è stata ascoltata e che la sua vita è stata messa davanti a Dio nella preghiera di altre persone.
