Le beatitudini tracciano un ritratto della santità, partendo dal volto di Gesù. Egli è il povero nello Spirito, cioè colui che nella potenza dello Spirito Santo si abbandona al Padre, senza pretendere di coltivare un “suo” progetto. Egli è il “cercatore” di giustizia, cioè colui che opera responsabilmente perché si compia nel mondo il disegno del Padre, una rivelazione di amore e di giustizia. Egli è il mite, che opera la pace, prendendo su di se il conflitto e la violenza del mondo. Il culmine delle beatitudini è sulla croce, dove Gesù raggiunge la massima povertà nello Spirito e quindi la massima capacità di rivelare il volto del Padre che ama e che perdona.
Per noi assumere questo volto comporta una quotidiana lotta contro il nostro io orgoglioso e risentito, che cerca di ottenere una giustizia sua. Comporta un’intelligenza superiore, che è capace di operare con creatività per aggirare gli ostacoli del muro contro muro. Comporta anche una pazienza a tutta prova per stare dentro alle contraddizioni, senza pretendere di risolverle con le proprie forze, abbandonandosi a Dio e nel contempo cercando i percorsi concreti per fare piccoli passi verso una maggiore comunione e collaborazione, a tutti i livelli, dai rapporti familiari, al lavoro, alla politica, alle relazioni ecclesiali.
I cercatori di pace non sono solo quelli che partono nelle zone di conflitto del mondo, per interporsi tra le popolazioni contendenti. È una nobilissima vocazione. Ma a cosa servirebbe la straordinaria iniziativa di alcuni per la pace, se la pace non fosse costruita anche qui da noi, a partire dalla vita ordinaria? Si può fare la fine di un certo prete che si è fatto missionario ed è andato in Africa col nobile ideale di servire i poveri e di contribuire ad eliminare l’ingiustizia sociale. Quando ha visto la morte dappertutto e ha dovuto accettare di non risolvere un bel niente, ha lasciato la tonaca! L’ideale era caduto…eppure la vita cristiana, con le sue beatitudini, non è un ideale, ma un’esperienza concreta e realissima.
L’esperienza di una potenza d’amore che sostiene i nostri atteggiamenti e le nostre scelte, quando accettiamo l’estrema complessità e contraddittorietà del reale e la nostra impossibilità di risolvere i problemi e scegliamo di entrare in questa morte come un chicco di grano caduto in terra. Il frutto di questo chicco di grano viene dal mistero pasquale, dallo Spirito Santo donato dal Signore risorto, l’Agnello sgozzato di cui parla l’Apocalisse, il cui sangue è in grado di lavare e donare la vita. Questi, che sono vestiti di bianco, chi sono e da dove vengono?». Domanda l’Angelo al veggente dell’Apocalisse. Gli risposi: «Signore mio, tu lo sai». E lui: «Sono quelli che vengono dalla grande tribolazione e che hanno lavato le loro vesti, rendendole candide nel sangue dell’Agnello».
Il regno dei 144.000 vestiti delle vesti bianche è una potenza che opera già ora, bisogna saperla vedere. È lo sguardo di Gesù, che è rivolto verso la folla e proclama i beati! Abbiamo gli occhi per vedere i beati di oggi? Ci sono a tutte le età. Sono gli anziani genitori che quando assistono impotenti i figli litigare e separarsi, cercano aiuto e spesso non lo trovano, soffrono e pregano Dio nella loro solitudine. Sono i giovani che cercando oggi di costruire il loro futuro lavorativo e familiare si trovano in mezzo alla precarietà delle condizioni loro offerte, eppure non si rassegnano e si buttano, affidando a Dio tutte le incognite del futuro. Sono coloro che accettano responsabilità, amministrative e sociali per il bene comune e non per i propri interessi, affrontando anche il rischio di farsi tanti nemici.
Per costoro la beatitudine è a portata di mano e non dipende dai risultati. Però contribuisce ad ottenerli concretamente, non con strategie di corto respiro, ma in una prospettiva di lungo periodo.
