Nell’infanzia e nell’adolescenza si va in cerca del migliore amico, che è prima di tutto un confidente, colui a cui si raccontano i propri segreti e dal quale si riceve tutto ciò che egli pensa, sente e vive. Del migliore amico ci si fida ciecamente… nell’adolescenza il ruolo che prima era rapprentato per lo più dalla mamma o da qualche fratello o sorella maggiore viene svolto dal “migliore amico”.
Da adulti, dopo tante delusioni, siamo ormai disincantati sull’esistenza del “migliore amico”, e ci accontentiamo di buoni amici. E tuttavia quest’esigenza di assolutezza continua ad abitare il nostro cuore: vorremmo qualcuno a cui possiamo dire tutto e dal quale possiamo ricevere tutto! Questa è l’amicizia con Dio nell’AT con alcuni uomini, che hanno avuto il coraggio di rispondere alla Parola di Dio, fino ad instaurare con lui un rapporto così.
Abramo, l’amico di Dio, che si è fidato della parola di amicizia di Dio, contro ogni realistica speranza, al punto da donare a lui il figlio della promessa. Mosè, che parlava con Dio faccia a faccia e si è fidato della sua parola al punto da realizzare l’impossibile: far uscire un intero popolo dall’Egitto, contro l’esercito del faraone.
Da Abramo a Mosè arriviamo a noi: Gesù ha esteso l’amicizia con Dio, che non è più appannaggio di figure solitarie ma di ciascun suo discepolo: “Vi ho chiamati amici, perchè tutto quello che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi”. Ci ha dato tutto quello che ha, il Padre e l’amore che lo lega al Padre: lo Spirito Santo. Ci ha fatto conoscere il mistero d’amore che si rivela nella sua croce, come offerta d’amicizia radicale e totale ad ogni uomo peccatore.
Dice san Giovanni: “In questo sta l’amore non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati”. Ci ha donato l’amore, ci ha donato lo Spirito Santo, che realizza quella conoscenza profonda, faccia a faccia, di Dio, e ci mette dentro al NOI del Padre e del Figlio. Il Padre e il Figlio sono un NOI: entrare in loro ci aiuta a vivere il NOI prima dell’IO, in ogni ambito umano.
-Nella famiglia, tra coniugi, tra fratelli, tra genitori e figli. Quella è la prima scuola del noi, di fronte all’egoismo, al pensare a se stessi, c’è un NOI da coltivare.
-nella parrocchia c’è un NOI da coltivare. Lo si coltiva pregando insieme il Vangelo, a aiutandoci reciprocamente a viverlo nella nostra vita. Leggere il Vangelo per imparare a conoscere Gesù, diventargli amici e vivere questa amicizia nella comunità cristiana.
– questo NOI, come amore reciproco si realizza nella misura in cui siamo capaci di vincere l’atteggiamento del giudizio e della mormorazione, di fronte alle mancanze degli altri e coltivare uno spirito di amicizia e di correzione fraterna.
-infine questo NOI dell’amore si vive nella società, nella misura in cui sappiamo vedere nella croce un dono d’amore immenso per ogni poveretto che abita su questa terra. Così nelle scelte concrete di tutti i giorni sappiamo scegliere per il bene comune, anche quando questo significa sacrificare qualche piccolo interesse personale.
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