Il deserto dal tempo di Israele è il luogo della crisi. Anche i discepoli vivono questa crisi, che in fondo è una prova di fede. Tanta gente c’è intorno a Gesù, che ha guarito molti che erano ammalati. Il problema è che hanno fame e i discepoli non sanno come fare a dargli da mangiare e questo problema li assilla, fino al punto che pensano di mandarli via, perchè ognuno lo affronti per conto suo. Essi sono totalmente concentrati sull’aspetto economico e non vedono via d’uscita, per la scarsità delle loro risorse.
Essi sono chiamati a dare ascolto ad una parola: “Date loro voi stessi da mangiare.” Per uscire dalla crisi il primo passo è mettersi in ascolto di una parola, che invita i discepoli a mobilitare tutte le energie migliori e che viene loro offerta gratuitamente. “Comprate e mangiate, senza denaro,vino e latte”: recita il profeta Isaia, riferendosi alla Parola di Dio, cibo donato gratuitamente, che accende la fame di Dio e permette di vedere una via di uscita a tutti i nostri problemi, spostando le nostre domande e i nostri bisogni.
Anche noi come i discepoli siamo chiamati a questo ascolto che ci fa uscire dalla crisi. Ascoltare con attenzione e rileggere durante la settimana il Vangelo domenicale è un atto che, nella sua semplicità, può cambiare la nostra vita, perchè basta a riaccendere in noi la fame della parola e a farci uscire dal corto circuito dei problemi irrisolvibili. Chi ha fatto questa esperienza, sa poi anche suscitare negli altri questa stessa fame.
I discepoli comprendono infatti che Gesù vuol suscitare nella gente una fame più grande, la fame della parola di Dio, anche rispondendo gratuitamente ai loro bisogni materiali e così si offrono di portare a Gesù i loro cinque pani e due pesci. Il problemi concreti si risolvono partendo dal dono più grande, quello della fede, attraverso l’umile offerta dei propri talenti a Gesù, perchè lui li moltiplichi.
Si tratta di dare da mangiare il cibo della fede a chi è intorno a noi, attraverso i gesti del proprio servizio quotidiano.
Dare da mangiare ai propri figli, ai nipoti e in particolare a chi è solo, malato e disperato. Offrire collaborazione e speranza ai giovani che non trovano lavoro e seguire con amore i ragazzi in difficoltà: forse non abbiamo saputo dargli ciò che sazia, se vanno in giro a saziarsi di nulla. Mi riferisco in particolare a quel gruppo di ragazzini che va in giro a suonare i campanelli per le case, bestemmiare dietro alla gente e tirare le pigne alle macchine. Sono dei segnali che ci stanno mandando che come adulti siamo chiamati non solo a reprimere ma anche ad interpretare. Cosa ci chiedono? Cosa dovremmo dare loro che fino ad ora non hanno ricevuto? Sono domande che esigono un confronto serio, tra genitori, educatori e adulti del quartiere. Ma una certezza l’abbiamo già: quello che loro senza saperlo chiedono, noi l’abbiamo già, solo che a volte non sappiamo come cucinarlo.
Dobbiamo imparare dalle “zdore” romagnole, che da pochi ingredienti sanno cucinare bene e abbondante per tutti, figli e nipoti.
