Riccione come la Galilea delle genti (Omelia III TO Anno C)

Gesù arriva sul mare di Galilea e vede i pescatori al lavoro. Chi getta le reti in mare, chi riassetta e risistema gli attrezzi del mestiere. Solo dopo Gesù rivolge loro la parola e li chiama, mostrandoci  che la strada maestra dell’evangelizzatore non passa attraverso l’abuso di parole – oggi il mondo è saturo di parole e molte di esse finiscono per perdere di importanza –, ma attraverso l’ascolto e l’osservazione, perché la parola possa penetrare la vita e l’esperienza umana. Anzitutto è necessario saper ascoltare l’altro, dialogare con lui per comprenderne le fatiche e i desideri e per sentirne l’apertura di cuore a Dio, proprio dentro gli impegni quotidiani e i pensieri.

Questo è esattamente lo sguardo di Gesù, che è capace di andare oltre ad una semplice descrizione delle esperienze, per far emergere da esse una prospettiva latente. Lo sguardo di Gesù va oltre perché è in grado di vedere in ciò che i pescatori fanno una metafora di ciò che sono chiamati a diventare.  Questi pescatori di pesci sono chiamati a diventare pescatori di uomini! Così ogni uomo, proprio dentro il suo mestiere, la sua occupazione o l’impegno fondamentale della sua vita manifesta i segni di una chiamata ulteriore, quella di diventare discepolo di Gesù e a sua volta evangelizzatore.  La chiamata di Gesù sul lago di tiberiade, anche detto mare di Galilea, è rivolta ad ogni uomo che vive, che si impegna, che soffre e che spera, perchè ogni uomo è chiamato a diventare discepolo di Gesù ed è orientato a far parte della sua comunità che è la Chiesa

La Chiesa diviene così una rete che avvolge tutti gli uomini, di tutte le etnie e culture,  i popoli, senza eccezione: la  “Galilea delle genti”, dove tanti popoli di provenienze e culture diverse abitavano, almeno fin dall’VIII secolo a.C., è davvero un’anticipazione appropriata della natura universale della Chiesa.

Ma non dobbiamo pensare solo alla Chiesa universale. Anche la Parrocchia di san lorenzo e la città di Riccione sono una galilea dei popoli: albanesi, ucraini, cinesi ecc… Com’è il nostro sguardo verso di loro? Certamente diverso da quello di Gesù. Spesso li guardiamo con sospetto, spiandoli da lontano. Altre volte abbiamo lo sguardo freddo di chi analizza un fenomeno sociologico, per depurarlo da possibili paure… non è questo lo sguardo di Gesù, che contempla e vede ciò che ancora non si vede. Una Chiesa che si lasci ispirare da questo sguardo non è un osservatorio scientifico, né un agenzia di spionaggio, ma è come un porto di mare dove chi arriva, viene avvistato dalla torre di guardia ad aiutato ad approdare. Cio significa saper avvistare coloro che si avvicinano per offrire, proprio dentro ai loro percorsi geografici ed esistenziali, l’approdo del vangelo. Il primo passo è l’accoglienza.

La caritas parrocchiale ha molte coppie di stranieri: 38 famiglie di albanesi e ucraini, 35  con bambini (sono il 30 per cento del totale delle famiglie seguite),  e I loro bambini sono in classe con i nostri e faranno parte di una futura generazione, italiana a tutti gli effetti…anche loro attendono il nostro annuncio di cristiani, che passa attraverso lo sguardo d’amore di Gesù.

 

 

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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