I contemporanei di Gesù avevano ammirazione per il tempio di Gerusalemme, ricostruito verso il 536 a. C. dopo la prima distruzione ad opera dei Babilonesi quarant’anni prima. Esisteva già da almeno trecento anni e continuò ad esistere per altri 600. L’ultimo restauro fu effettuato da Erode il grande a partire dal 19 a.C. fino al 40d.C.. Al tempo di Gesù si trovava nel pieno del suo splendore architettonico e con la sua presenza da più di 9 secoli poteva essere considerato il simbolo dell’elezione eterna di Dio nei confronti del popolo di Israele. Ogni ebreo come Gesù, ammirandone le pietre preziose e gli ornamenti votivi, ne restava abbagliato, come se la garanzia e la testimonianza dell’elezione di Dio fossero tutte contenute in una costruzione umana. Immaginiamo quanto scandalo deve aver suscitato la profezia di Gesù, secondo cui di questo tempio non ne sarebbe rimasta pietra su pietra! Profezia destinata a realizzarsi da li a quarant’anni, con l’avvento di Tito al comando dell’esercito romano.
Da vero profeta Gesù sa guardare il cuore umano dal punto di vista di Dio e scuote le coscienze addormentate sui simboli esteriori. Dio distrugge il tempio per liberare il cuore dell’uomo e guarire la vista dall’abbaglio che l’ha accecata.
Ciascuno di noi è tentato di costruirsi il suo tempio di Gerusalemme, qualcosa su cui confida totalmente, come se fosse il suo Dio. Anche la nostra società contemporanea ha il suo tempio sacro: la crescita economica, con il suo mito di consumi sempre crescenti. La crisi che stiamo attraversando sta progressivamente distruggendo questo tempio in cui confidavamo e la conseguenza è un escalation della paura, a tutti i livelli. Viviamo nella cultura del sospetto, della paura dei terroristi, del rifiuto egoistico degli altri, degli stranieri che “ci portano via il benessere”.
Di fronte alla paura il messaggio di Gesù è duplice.
1. Non lasciarsi condizionare da una comunicazione catastrofica, che da rilevanza solo a ciò che è negativo: “quando sentirete parlare di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate”. Nella paura c’è una specie di inganno, una deformazione della realtà, in cui certi problemi, certe fatiche vengono assolutizzate e non si vede più via d’uscita. Per questo Gesù ci esorta: “Non lasciatevi ingannare”: la realtà è molto più ampia, complessa e ricca di cose belle e potenzialità futuro di quanto non venga comunicato nei media.
2. “con la vostra perseveranza salverete le vostre anime”. La perseveranza significa aderire profondamente alla realtà, con i suoi elementi di fatica, ma anche con i suoi aspetti positivi, che lentamente progrediscono. La vera crescita nasce da una conversione dello sguardo, che ricerchi l’obiettività e non si lasci condizionare dall’onda emotiva massmediatica. La vera crescita è quella culturale e morale, che scaturisce da cuori aperti alla verità e disponibili a costruire il bene concretamente realizzabile, anche in situazioni difficili. Per tutto questo è necessaria la perseveranza.
Il messaggio di Gesù contiene un importante incoraggiamento nei confronti dei suoi discepoli. Non c’è bisogno di preparare prima la propria difesa, perché la testimonianza del cristiano scaturisce dall’onestà e dalla rettitudine del suo cuore, della sua vita. Perseverare nell’onestà, nel rispetto del bene comune, nella ricerca della giustizia, nei valori che orientano e motivano il lavoro, l’impegno familiare e sociale: sono atteggiamenti propri del cristiano. In un tempo in cui il pessimista fa la figura dell’intelligente, la fede del cristiano nella provvidenza di Dio motiva il suo agire nel mondo con un’incrollabile certezza: non c’è nemmeno un capello, nemmeno un frammento del nostre impegno qui in questa vita, che vada perduto, che sia inutile per la costruzione del Regno di Dio.
