Nella sua sobrietà il Vangelo non ci descrive il dialogo che deve essere intercorso tra i dieci lebbrosi dopo aver ricevuto l’invito da parte di Gesù di presentarsi ai sacerdoti. Forse potranno essersi stupiti del fatto che Gesù non abbia compiuto alcun miracolo su di loro, nessun gesto, nessuna parola esplicita di guarigione e li ha inviati ai sacerdoti perché questi ultimi, in accordo con la legge mosaica, dichiarassero la guarigione dei lebbrosi. Forse si saranno chiesti se e come il miracolo sarebbe realmente avvenuto… .
Sappiamo soltanto che essi hanno obbedito alla parola del maestro, indipendentemente da un eventuale segno di guarigione. E obbedendo hanno implicitamente creduto alla potenza di vita che sarebbe scaturita da quella parola. La guarigione fisica avverrà dopo, mentre essi erano in viaggio, in un momento e in un tempo imprecisato, generico e senza che essi possano immediatamente rendersene conto. È stata la loro fede, la loro obbedienza alla Parola di Gesù a rendere possibile la successiva guarigione.
Questo è “il funzionamento” della fede: è un dare credito alla Parola di Dio, obbedendo ad essa, anche senza segni espliciti che ne attestino la verità. I segni vengono dopo e ci confermano che la nostra obbedienza era giusta. Si la fede è un abbandono alla Parola di Dio, una parola che Dio ha pronunciato nella nostra vita e che la attraversa interamente con una forza che vince il male e la morte. Ma se i lebbrosi avevano davanti Gesù e potevano ben identificare la parola cui obbedire, qual è la parola di Dio e come ascoltarla? La Parola di Dio è la nostra vita, letta alla luce della fede. La Parola è il Vangelo, la Scrittura, non inteso come libro o insieme di libri, ma molto più come una storia, un racconto. Precisamente quella storia e quel racconto che Dio sta facendo in me guarendo il mio male e dandomi la vita.
Dovremmo immaginare che la domenica a messa, quando ascoltiamo le letture, la liturgia della Parola, tutta la nostra vita è li contenuta. Veniamo immersi in un mistero che è quello delle meraviglie della salvezza che Dio compie in noi ed esse si realizzano realmente, nella misura in cui entriamo dentro questo mistero, e abbiamo occhi per leggerle alla luce della Parola. Come i lebbrosi, anche noi vediamo la nostra guarigione solo dopo… solo dopo esserci fidati e abbandonati a questa parola che ogni domenica entra nella nostra vita.
Infine, di questi dieci lebbrosi, solo uno ritorna, per giunta un samaritano, uno straniero, a lodare Dio e a ringraziare Gesù. Egli si prostra dinanzi a Gesù con un gesto di adorazione riservato solo a Dio, e lodando Dio ringrazia gesù. Lodare Dio e ringraziare Gesù sono un solo atto di preghiera del samaritano, che in questo modo riconosce che in Gesù opera la stessa potenza di Dio. Entrare nella lode, ringraziare Gesù per le grandi cose che compie nella nostra vita: questo rende definitivamente possibile la salvezza.
Infatti se i dieci lebbrosi erano stati guariti fisicamente, solo il lebbroso samaritano verrà anche salvato spiritualmente. Non basta credere e essere aperti alla salvezza che Dio vuole compiere nella nostra vita. Bisogna anche lodare Gesù, ringraziarlo, per questa amore che ci ha aperto il cuore e ci ha trasformato la vita. Significa coltivare un cuore grande, magnanimo, capace di apprezzare Dio e di lodarlo per ciò che compie. La preghiera di supplica non è sufficiente. Solo supplica e lode ci fanno sperimentare realmente la salvezza di Dio.
Non a caso, solo dopo che il smaritano ha ringraziato, Gesù può dire: “va in pace, la tua fede ti ha salvato!”.

sono d’accordo lodare , ringraziare e poi chiedere però sempre fidarci ed affidarci a Lui.