Omelia XXIV TO Anno C – il Padre che ama

 

Può davvero DIo pentirsi, come ci racconta la prima lettura, tratta dal libro dell’Esodo? Non è forse”troppo umano” il pentimento, dal momento che comporta un rinnegamento di azioni e pensieri precedenti? Eppure Dio ha dei sentimenti ed entrando nel gioco della libertà umana, questi sentimenti conoscono variazioni. Dio si arrabbia e la sua ira è una forma d’amore che sollecita la risposta dell’uomo. Dio si pente e il suo pentimento è un’altra forma d’amore che perdona l’uomo, grazie all’intercessione di Mosè. L’ira di Dio invita e richiama l’uomo alla conversione ma non pretende e non condiziona l’amore alla sua risposta .

Dio non pretende nulla, dona soltanto, e questo Mosè lo ha capito, perchè nella sua intercessione fa leva proprio sulla gratuità delle azioni di Dio in favore del suo popolo: << “Perché, Signore, si accenderà la tua ira contro il tuo popolo, che hai fatto uscire dalla terra d’Egitto con grande forza e con mano potente? Ricòrdati di Abramo, di Isacco, di Israele, tuoi servi, ai quali hai giurato per te stesso e hai detto: “Renderò la vostra posterità numerosa come le stelle del cielo, e tutta questa terra, di cui ho parlato, la darò ai tuoi discendenti e la possederanno per sempre”>>.Se Dio ha dato gratuitamente al popolo tutta l’eredità promessa ad Abramo, ossia la discendenza e la terra, allora può anche perdonarlo, cioè gettarsi dietro tutti i suoi peccati e rinnovare la sua alleanza con lui.

Il pentimento di Dio è così in perfetta coerenza con ciò che Dio è: colui che dona e perdona. Non è forse questa l’immagine che Gesù ha di Dio e che si dona in quella straordinaria parabola, che tradizionalmente intitoliamo il “figliol prodigo”, ma che più correttamente dovremmo intitolare il “padre che ama”?

Questo padre non aspetta che il figlio minore faccia la sua dichiarazione di umiltà, non gli permette di porsi nella posizione del servo, ma appena lo vede, si commuove, gli corre incontro, lo abbraccia e lo bacia. Non lo rimprovera, non gli chiede che cosa abbia fatto dei suoi soldi, non recita la parte dell’offeso, e nemmeno lo mette in punizione, facendolo vivere da servo, ma subito gli mette i calzari ai piedi e l’anello al dito, simbolo dell’uomo libero, che gode dell’eredità paterna.

è questo atteggiamento gratuito che il figlio maggiore non può capire, lui che ha sempre servito suo padre e non ha mai ricevuto in cambio un capretto per far festa con gli amici. Il problema del figlio maggiore è di essere tanto bravo da credere di meritare qualcosa da parte del padre. Egli pensa il suo rapporto col padre in termini di prestazioni e non d’amore. Pensa di valere nella misura in cui fa qualcosa come i servi e non semplicemente perchè è figlio. La risposta del padre è illuminante: “se non ti ho dato un capretto è perchè è sempre stato tuo!! Non avevi ancora capito che tutto ciò che è mio è anche tuo?” Far festa con il fratello diviene segno concreto e passaggio obbligato per riconoscere l’amore del padre.

Entrerà il fratello maggiore in quella casa a fare festa? La risposta è sospesa perchè ciascuno di noi è chiamato a darla al suo posto. Gesù vuole che ci identifichiamo col fratello maggiore e che ci chiediamo se noi saremmo in grado di entrare a far festa col fratello senza calcolarne i meriti, senza fare i confronti, senza sindacare sulla giustizia del padre.

Questo è il Padre che Gesù ci rivela, è uno che non calcola i nostri meriti, ma che ama in modo gratuito e sproporzionato… Paolo ci testimonia questa sovrabbondanza d’amore quando racconta la sua conversione: “Mi è stata usata misericordia, perché agivo per ignoranza, lontano dalla fede, e così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.” In una società che coltiva il culto della prestazione, capace di perdonare solo chi vince e pronta a condannare chi perde senza possibilità di appello, il vangelo della sovrabbondante e gratuita manifestazione dell’amore del Padre suona come provocatorio e scandaloso. Preferiremmo un padre che ci fa i complimenti perchè siamo stati bravi, ma quello è solo un feticcio che ci portiamo dietro dall’educazione moralistica della nostra infanzia. Il Padre di Gesù, quello vero, non ci fa i complimenti e nemmeno ci condanna, semplicemente ci ama. E questo basta!

 

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

Lascia un commento