Gesù muore ingiustamente. Per tre volte infatti nel Vangelo di Luca Pilato proclama l’innocenza di Gesù e alla fine è costretto ad agire contro la sua volontà, per far piacere alla folla, consegnandolo ai giudei.
Gesù muore da vittima innocente degli uomini e dei loro equilibri di potere, che si basano sul consenso delle masse. Esse guidate da istinti irrazionali, pericolosi ma anche manovrabili, si saziano alla vista del capro espiatorio, ossia di una persona alla quale sono attribuite le colpe, senza una necessaria verifica. A dispetto perfino dell’antico e prestigioso diritto romano, chi comprende questo meccanismo e ha le risorse necessarie può tentare di farlo funzionare a proprio vantaggio.
Non è forse anche la logica del nostro “villaggio globale”, così definito da McLuhan per indicare la grande interdipendenza tra popoli e nazioni che è resa possibile dalle moderne comunicazioni? Non basta infatti l’aggettivo “globale” per santificare l’umanità di oggi, se il “villaggio” rimane guidato dalle logiche arcaiche della violenza, le logiche di un’umanità emotivamente incostante e manovrabile, quell’umanità che il giorno prima accoglie festosamente il messia a Gerusalemme e il giorno dopo ne pretende la morte in croce. Nulla ha potuto il diritto romano, nulla possono nemmeno oggi le regole della democrazia contro il potere di chi manovra le emozioni e imprime una direzione sbagliata alla rabbia della gente, con un utilizzo scientifico della leva mediatica. In questo modo si può far fuori un’intera classe politica, a prescindere dalle responsabilità reali. E quando avremo fatto fuori tutti, che cosa avremo risolto? Ci saranno sempre delle volpi a sostituire i lupi…
Quale via di uscita ci mostra il Vangelo? La salvezza passa nel dialogo tra i due ladroni, dipinto a tinte vive da Luca, per far comprendere il suo lettore che l’unica via di salvezza è riconoscere l’innocenza di Gesù e il suo potere perdonante. Egli muore innocente non per condannare il mondo peccatore, ma anzi per salvarlo col suo perdono. Quella di Gesù non è un’innocenza che grida vendetta, ma che offre il perdono, perché Egli sa che l’origine della violenza e del male è l’ignoranza dell’uomo, la sua ignoranza esistenziale del bene che viene da Dio: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”.
Dal perdono di Gesù sulla croce scaturisce l’alternativa all’ignoranza, che è la cultura. Si, la cultura, intesa però non solo come approfondimento delle conoscenze e delle nozioni, ma soprattutto come sviluppo delle capacità umane di giudicare il vero e di agire per il bene. La cultura viene fecondata dal perdono di Gesù sulla croce, che apre gli occhi del buon ladrone a riconoscere il vero e a dirigersi verso il bene, rappresentato dal Regno di Dio. Da qui nasce una cultura sensibile al bene dell’uomo, soprattutto dei più poveri e sofferenti. Una cultura solidale con chi oggi soffre per la mancanza del lavoro, con i giovani che vedono assottigliarsi le prospettive per il futuro! La mancanza di lavoro è oggi un problema di tutti e non solo di alcuni. Solidarietà, competenza, inventiva, passione per l’uomo e la sua inesauribile dignità: quando un popolo, alla luce del perdono di Gesù, vive di questi valori, difficilmente potrà essere illuso e manovrato dall’alto, saprà anzi rimboccarsi le maniche per costruire con tenacia e speranza il futuro dei propri figli.
