1. 2 I VANGELI ESIGONO UN LETTORE “AUTENTICO”. LA PROPOSTA DI BERNARD LONERGAN.

 

L’esegesi, essendo un’attività di interpretazione della coscienza umana, nasce dalle domande che ciascuno si pone davanti al testo. Si tratta di domande che riguardano il testo, ma anche di domande che riguardano il soggetto stesso davanti al testo. Egli infatti è sempre implicato nel testo che legge, con la sua vita. Tuttavia non tutte le domande sono allo stesso livello, alcune riguardano il testo stesso, il suo funzionamento interno, grammaticale o narrativo, altre riguardano la veridicità storica rappresentata dal testo. Alcune domande possono essere più promettenti per l’interpretazione altre meno, a seconda dei testi che il lettore si trova davanti. È necessario sviluppare una specie di fiuto, nel nostro caso di fiuto biblico, per porre al testo le domande che il testo stesso contribuisce a sviluppare, mettendosi nella sua mentalità e prospettiva. Per questo occorre spesso liberarsi da una serie di sovrastrutture culturali e ideologiche da cui siamo condizionati, consciamente o meno, e questo costa tanta fatica e una serie di “conversioni”.

Secondo il filosofo e teologo gesuita Bernard Lonergan[1] ci sono nell’uomo tre conversioni necessarie per una interpretazione corretta del reale e di conseguenza anche delle produzioni letterarie come il Vangeli.  Anzitutto una conversione intellettuale, per mezzo della quale la persona si pone delle domande sui dati del reale, sul loro significato, sulla veridicità o meno di questo significato e sulle azioni da intraprendere conseguentemente. Queste domande sui dati, sull’intelligenza di tali dati, sul giudizio di veridicità e su come agire di conseguenza sono tutto ciò che costituisce l’autenticità intellettuale, mossa da una fondamentale curiosità di conoscere, un’apertura trascendentale del soggetto alla verità e alla realtà. Quando la coscienza non chiude tale processo conoscitivo, ma rimane aperta alla costante verifica della realtà tramite le domande, c’è conversione intellettuale. Quando invece la coscienza, preoccupata da fattori esterni, di natura pregiudiziale, si chiude all’interrogazione abbiamo un atteggiamento inautentico.

Dalla domande sull’agire conseguente ci si sposta al livello esistenziale dei significati, nel quale la coscienza opera in termini morali. Infatti si può essere “intellettualmente convertiti”, e riconoscere la verità aperta dalla serie di domande, ma non essere disposti ad agire di conseguenza. Questo finisce per retroagire sulla conversione intellettuale stessa, bloccando tutte quelle intellezioni che conducono la coscienza molto vicino ad operare determinate scelte e minando di fatto la stessa autenticità intellettuale. Si richiede allora una conversione morale che sblocchi domande che potrebbero risultare “pericolose” per certe conclusioni pregiudiziali e di comodo e apra la coscienza alla totalità del bene che si congiunge alla totalità del vero. È difficile non vedere in una certa esegesi liberale del XIX sec. col razionalismo che l’accompagnava, una reazione violenta alla tradizione ecclesiastica e nella reazione della Chiesa contro l’esegesi modernista una difficoltà ad aprirsi alle domande sulla genesi storico – letteraria dei Vangeli. Ci vorrà almeno un secolo per superare questa contrapposizione, basata da un lato sul pregiudizio morale nei confronti della Chiesa e della rivelazione, e dall’altro sulla paura nei confronti di certe domande “pericolose”. Solo col tempo ci si è aperti alle domande senza paura, e in piena fiducia di poter trovare risposte all’altezza della cultura moderna per far così sviluppare in modo potente la ricerca esegetica e teologica.

Infine si può notare come i condizionamenti morali del soggetto siano posti ad un livello talmente profondo che risulta impossibile liberarsene con le sue sole forze. In particolare quando la coscienza umana si trova davanti al testo sacro si scatenano forze interne che possono provocare ribellione, rifiuto, distacco e insieme una fatica notevole a guadagnare una certa oggettività. In fin dei conti solo una conversione religiosa, ossia una percezione immediata e gratuita del dono d’amore di Dio, rivelato in Gesù Cristo, rende possibile lo vittoria contro queste forze interne e la comprensione del dinamismo profondo della parola di Dio nelle parole umane dei Vangeli. La conversione religiosa si pone dunque al termine della catena di conversioni intellettuale e morale ma né è al contempo anche il presupposto, perché proprio da essa la serie di routine virtuose di domande e risposte fluisce con piena apertura verso il vero e il bene.

È chiaro allora che per porre le domande giuste ai vangeli e per aprirsi a possibili risposte con piena autenticità sono necessarie tutte e tre le conversioni. Questo ci pone una serie di ulteriori problemi. Se è necessaria una conversione religiosa, allora un’esegesi autentica è possibile solo per un credente? Questo non si può affermare in senso assoluto, dal momento che la stessa definizione di “credente” non può che essere dinamica. Ma certamente si può dire che l’esegesi autentica del testo biblico, e di quello evangelico in particolare, richiede uomini in ricerca, in cui il non credente dialoghi onestamente col credente che è in loro, capaci di aprirsi senza preclusioni a quella tradizione spirituale ed ecclesiale che costituisce il contesto ermeneutico specifico dei vangeli.


[1] Cfr. B. LONERGAN, Metodo in teologia (Roma 2001). Method in Theology (Toronto 1990). Questo breve paragrafo si basa interamente sulla prospettiva teologica e metodologica proposta in questa opera del celebre filosofo e teologo.

 

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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