Omelia IV Avvento C

Elisabetta, senza che Maria le comunichi nulla, appena udito il suo saluto, viene mossa dallo Spirito Santo a benedirla. In una classica benedizione ebraica si benedice prima la persona e poi Dio per quello che ha operato in essa. Invece qui Elisabetta  benedice Maria e il frutto del suo grembo, che dunque occupa la posizione stessa di Dio.

Per effetto dello Spirito Santo, che inaugura in tal modo i tempi del messia, facendo sussultare il precursore nel grembo di Elisabetta, ella riconosce operante in Maria il mistero di Dio stesso. Maria è addirittura definita come “la madre del mio Signore”, con un vocabolario che i cristiani adopereranno dopo la resurrezione di Gesù per indicare la sua identità divina.

Elisabetta, visitata da Maria, riconosce in lei la visita di Dio stesso, contemplando nel suo grembo il mistero di un Dio che si fa uomo. Chiediamo anche noi, come Elisabetta, di essere visitati dalla Madre di Dio in questo Natale, di poter contemplare nel silenzio del suo seno la misteriosa crescita di questo embrione, di questi grumi di celluline e di sangue, conformati dalla persona stessa del Figlio di Dio per la potenza dello Spirito Santo.

Possiamo contemplare questo mistero alla luce di alcuni Salmi, che si riferiscono al Messia, come ogni Scrittura sacra. Nella voce di un uomo che contempla con stupore il proprio corpo e la propria vita, e si riconosce formato da Dio stesso risuona la voce del messia, del Figlio di Dio, che ha assunto una natura umana proprio come noi.

4 “Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.
15 Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
16 Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.”

Allo stesso modo il Figlio di Dio si sta facendo corpo, carne e sangue, seguendo il percorso di ogni uomo qui su questa terra, nel caldo e accogliente grembo di una madre. Ancora un altro Salmo, che abbiamo ascoltato oggi nella liturgia, secondo la citazione della lettera agli Ebrei, si riferisce al messia che deve venire nel mondo per fare la volontà di Dio, e per questo ha bisogno di un corpo.

«Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato.
Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato.
Allora ho detto: “Ecco, io vengo
– poiché di me sta scritto nel rotolo del libro –
per fare, o Dio, la tua volontà”».

Il messia Gesù, il Figlio di Dio, è nato per portare a compimento la volontà del Padre, secondo la quale egli doveva assumere un corpo e una natura umana, per offrirla al Padre sulla croce. Mediante questa volontà, ci dice la lettera agli Ebrei, siamo stati santificati. Ma come si può assumere un corpo, se non  attraverso una donna? Questo mistero si è potuto compiere solo grazie all’ascolto di Maria e alla sua obbedienza. Solo attraverso di lei e attraverso la sua libertà, il Figlio di Dio ha potuto diventare uomo, prendere questa carne per portare a compimento la volontà del Padre.  Pensate che sia stato facile per Maria? Certamente no! Ha dovuto fidarsi dell’impossibile, affrontare l’incomprensione degli altri, mettersi in ricerca di quei segni che Dio le aveva suggerito. Il viaggio verso Ain Karem, dove stava la sua parente Elisabetta, circa 150 Km di montagne, era motivato da questa fretta, da questa trepidazione di Maria, che desiderava la conferma delle parole dell’angelo.

In questo modo Maria diviene un modello importante per noi, perché possiamo anche noi lasciare che la sua parola entri nella nostra vita e la trasformi, attraversando i dubbi e le sofferenze. Mettiamoci anche noi in viaggio come Maria per ricercare e trovare la conferma di quei segni che il Signore non ha mancato di mettere nel nostro cammino, per indicarci la sua volontà.

Due donne, riconoscendo reciprocamente l’opera di salvezza, condividono il mistero di una vita sorprendente e sovrabbondante che Dio dona, la potenza di una fecondità straordinaria con cui Dio ha agito in loro. Possiamo prendere esempio da loro, perché anche nella nostra comunità possa avvenire una comunicazione profonda della fede e una comunione e condivisione di doni che vince ogni tendenza all’egoismo e all’individualismo. Troppo spesso i pregiudizi e il parlar male alle spalle scoraggiano le persone a ricercare in parrocchia quella comunione e condivisione di cui tutti noi abbiamo bisogno. Troppo spesso il disinteresse noi confronti degli altri o il distacco dalle loro sofferenze e dalle loro situazioni personale, ci fa perdere di vista anche il dono prezioso che esse custodiscono per ciascuno di noi. Chiediamo al Signore di essere una comunità in cui, come nella casa di Elisabetta, possiamo accogliere Maria incinta, e in lei ciascuna persona con il suo passato di sofferenza e di salvezza, per poter condividere anche il dono di Gesù che essa ci porta.

 

 

 

Pubblicato da bibbiainrete

prete cattolico particolarmente impegnato nello studio e divulgazione della bibbia e nell'animazione biblica della pastorale

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